
Beh, disputare 288 partite condite da 32 goal con la maglia della Juventus non è uno scherzo. Affatto. Aggiungiamoci, poi, la qualità dell'interpretazione delle stesse.
Il protagonista dell'articolo è Mauro German Camoranesi. Più di un'ala vecchio stampo, a tutti gli effetti una fonte di gioco moderna. Che, gradualmente, ha saputo far innamorare Madama: diventando, per otto stagioni, semplicemente una pedina imprescindibile dello scacchiere bianconero.
Dal paradiso dell'ascesa all'inferno della Serie B, per poi tornare - collettivamente - a livelli accettabili. Pre Calciopoli degno di nota, eccome, con tanto di Mondiale - extra lusso - nel 2006 vinto sfoggiando fieramente la casacca italiana.
Perché Camoranesi è fatto così: non ama la banalità, dentro e fuori il rettangolo di gioco. Da qui, per l'appunto, un ruolo tendente all'anarchico in campo ma sempre e costantemente produttivo. Reti, assist, gruppo.
Profondamente rispettato dai compagni di squadra, Camoranesi ha conquistato la fiducia di tutti. Soprattutto quella di Marcello Lippi e Fabio Capello, non due qualunque, tra club e Nazionale.
Da punta esterna ai tempi del Verona, club che ha avuto il merito di credere nelle potenzialità di un autentico predestinato, alla fascia destra. Con il tecnico viareggino, all'epoca tecnico juventino, a far diventare rapidamente il suo numero 16 un vero e proprio punto di forza.
Un affare ideato in comproprietà, con la Triade a riscattare il cartellino di Camoranesi dal club scaligero per una cifra vicina ai 5 milioni nell'estate del 2003.
Investimento oculato, mirato e felice. Perché, preso inizialmente per sostituire l'infortunato Zambrotta, l'ex calciatore argentino naturalizzato italiano è diventato un beniamino per i tifosi. Che, giustappunto, se lo sono goduti nel bene e nel male. Tradotto: dalle grandi gare nostrane ed europee, passando per l'esordio nella cadetteria di Madama contro il Rimini.
Esperienza mai accettata a cuor leggero da Camoranesi che, da campione del mondo in carica, avrebbe preferito continuare a misurarsi nell'élite internazionale. Basti pensare alla trattativa, non andata in porto, con il Lione: pronto a prendere sia lui sia David Trezeguet. Basti pensare alle dichiarazioni del momento:
"Volevo andarmene, me l'hanno impedito. Con il Lione era tutto pronto, ma mi hanno obbligato a rimanere. Ho 30 anni e gioco in Serie B, non è proprio quello che sognavo per la mia carriera. Almeno ho le domeniche libere...".
Il tempo, si sa, cambia tutto e tutti. E, infatti, Camoranesi viene - giustamente - ricordato dal popolo juventino esclusivamente per dinamiche positive. In quanto, pur con un carattere tutto suo, Mauro s'è fatto amare come pochi altri dal popolo zebrato, che ha avuto l'intelligenza di capirlo e coccolarlo. Mai bastone, solo carota.
"La Juventus è stata l’esperienza più bella della mia carriera. E’ stata la più lunga, non solo dal punto di vista degli anni, ma anche da quello dei risultati e delle emozioni. Come dico sempre, è stata la parte centrale e più importante della mia avventura da calciatore".
D'altra parte, a suon di prestazioni, il freschissimo 45enne di Tandil è stato inserito tra le 50 leggende juventine. Insomma, superfluo aggiungere altro.
Dopo il ritiro, Camoranesi si è dato alla panchina: a Marsiglia era stato scelto da Igor Tudor quale suo 'braccio destro' nello staff dell'ex compagno in bianconero, ma dopo una sola settimana ha lasciato il proprio incarico. Da giugno 2023 è il nuovo allenatore del Floriana, squadra militante nel massimo campionato maltese.
