Matteo Gerbaudo, oggi, ha 25 anni. E vive, eccome, di calcio. Da centrocampista di belle speranze di proprietà della Juventus, al Mantova. Settore giovanile, gavetta, consacrazione tra i grandi in Serie C. Va così e non va male, considerando come tanti talenti ciclicamente si perdano nella volubilità della materia.
Dotato di piedi educati e un'ottima visione di gioco, il mediano torinese è cresciuto a pane e Vecchia Signora. Diventando, a tutti gli effetti, un calciatore stimato dall'ambiente: per prestazioni e professionalità.
A distanza di anni, però, resta un gesto ormai appartenente al passato. Storia: Nel corso della finale di Coppa Italia Primavera contro il Napoli, Gerbaudo sale alla ribalta delle cronache sportive per un'esultanza polemica nei confronti dei tifosi del Napoli. Attenuante: stagione 2012-2013, 18 anni, errori inevitabili da associare alla componente anagrafica.
Un episodio che si materializza durante i tempi supplementari, dopo che quelli regolamentari avevano proposto lo stesso risultato della partita d'andata a Torino: 1-1.
Al 107', dunque, la decide Mattiello. Che, con un'incursione solitaria dal lato mancino, la infila sul secondo palo e regala il trofeo a Madama.

E Gerbaudo, poco distante dalla bandierina del corner e sotto un settore interamente azzurro, rivolge al pubblico locale - con tanto di mani - una serie di insulti inqualificabili. Morale della favola? Cartellino rosso e tre turni di squalifica così motivati dal Giudice Sportivo:
"Per aver assunto, al 4′ del secondo tempo supplementare, un plateale atteggiamento insultante e provocatorio nei confronti dei sostenitori della squadra avversaria".
Polemiche a non finire. Con conseguenti - e ovvie - scuse da parte della Juventus. Compito affidato a Gianluca Pessotto, all'epoca vice responsabile del settore giovanile:
"Da una parte bisogna essere comprensivi, ma dall’altra evitare di giustificare certi comportamenti, perché i ragazzi devono crescere ed imparare a gestire le tensioni. Abbiamo stigmatizzato il comportamento dei nostri giocatori e abbiamo subito chiesto scusa al pubblico napoletano. Certi gesti non devono avere né maglia né colori, devono essere banditi indipendentemente da chi li compie".
Resta, complessivamente, una grande esperienza. Ricordata così da Gerbaudo, a distanza di tempo, ai microfoni di 'TuttoJuve':
"La Juve non è solo una società di calcio ma anche una scuola di vita che ti insegna a stare al mondo, ti insegna a come comportarti in hotel e con gli avversari, ti responsabilizza. Il mio percorso in bianconero è stato lunghissimo, sono sempre stato messo alla prova e ho dovuto dare il massimo delle mie possibilità in ogni circostanza. Pian piano con l'aiuto di qualche mister sono cambiato a livello mentale, tecnico e tattico, ma in Primavera nonostante non sia riuscito a confermarmi mi sono fatto conoscere".
Il meglio, probabilmente, deve ancora venire. Perché, essendo un classe '95, Gerbaudo ha ancora tutto il diritto di sognare in grande e da grande. Il modello di riferimento resta il medesimo: Claudio Marchisio.
L'attualità, d'altro canto, non mente. E l'impatto con il Mantova è stato dei migliori, tanto da ottenere immediatamente la fiducia del tecnico Emanuele Troise. Un passo doveroso, sudato, meritato. All'insegna della meritocrazia e di una notevole crescita esponenziale. Facendo tesoro, ed è questo l'aspetto prioritario, degli errori di gioventù. Insomma, acqua passata.




