"Ero uno che giocava in Serie A, in Europa o a Wembley come se fossi nel campetto sterrato della scuola dove andavo da ragazzino. Per me il calcio era sì un mestiere, che mi permetteva di mantenere la mia famiglia, ma soprattutto un divertimento" - Marco Nappi in esclusiva a Goal.
Nella sua lunga carriera, durata ben 24 anni, ha vestito qualcosa come 17 maglie diverse, 18 se si conta quella della Lazio a livello giovanile. Con una particolarità:
"Sono apprezzato in tutte le piazze dove sono stato. È gratificante, i tifosi mi seguono ancora e ricevo messaggi molto belli su Instagram. Significa che ovunque sei stato hai lasciato qualcosa".
Marco Nappi era un attaccante dinamico e generoso, che si sacrificava per i compagni con un pressing costante sui difensori avversari. Dotato di un notevole spunto in velocità, aveva nel suo repertorio goal e gesti tecnici spettacolari.
Il più noto è 'il gesto della foca', che gli farà guadagnare il soprannome di 'Foca monaca' e con cui si esibirà in Coppa UEFA quando con la Fiorentina stupì l'Europa intera. Spesso ha giocato accanto a grandi campioni: su tutti Roberto Baggio, che amava fargli gli scherzi, ma anche Gianluca Signorini e Stefano Borgonovo.
Appesi gli scarpini al chiodo all'età di 40 anni, ha studiato e intrapreso la carriera da allenatore, ottenendo risultati importanti a livello giovanile, visto che nel 2016/17 ha vinto lo Scudetto Cadetti con il Livorno.
Dopo l'esperienza in Cina ad insegnare calcio nelle Giovanili del Beijing BSU, è tornato in Italia per guidare l'Arzachena nel campionato di Serie D, club dove è approdato grazie all'amico Antonio Cassano.
DA ROMA ALLA GAVETTA NELLE SERIE MINORI
Marco Nappi nasce a Roma il 13 maggio del 1966, e cresce nella capitale, in via Sisto IV, nel quartiere Boccea, vicino all'ospedale Gemelli.
"Ho iniziato a giocare a calcio per strada con gli amici, come tutti i ragazzi dell'epoca. - racconta in esclusiva Nappi a Goal - C'era un giardino a scuola con gli alberi e un terreno sterrato, e ogni pomeriggio andavamo lì a giocare fino a tarda sera. Poi sono entrato nella squadretta del mio quartiere, la Pineta Sacchetti. Successivamente mi presero nelle Giovanili della Lazio".
Marco NappiNappi milita per 4 anni nel Settore giovanile biancoceleste, ma al momento di passare in Prima squadra non gli viene data fiducia.
"Mi trovavo bene, - assicura Marco - ma alla fine non hanno creduto nelle mie qualità e mi hanno lasciato a casa".
Nappi, come tante volte gli accadrà in carriera, non si scoraggia, si rimbocca le maniche e riparte dal basso.
"Andai in una squadra romana che si chiama Urbetevere, - racconta - del quartiere della Pisana, che militava fra i Dilettanti. Era una società affiliata alla Lazio che ancora oggi fornisce giocatori al vivaio biancoceleste. Segnai 7 goal in 14 presenze e ci rimasi solo una stagione perché mi vide un osservatore, che a 17 anni mi portò a fare un provino al Cesena, in quel momento il vivaio più forte d'Italia, avendo vinto lo Scudetto Primavera con Arrigo Sacchi in panchina. Nella squadra romagnola c'erano all'epoca giocatori come Sebastiano Rossi, Massimo Agostini e Alessandro Bianchi".
Dalla Romagna prende il via la carriera vera e propria di Marco.
"Il Cesena mi diede in prestito al Ravenna, - ricorda l'ex attaccante - che giocava il campionato che ai tempi si chiamava di Interregionale. Noi lo vincemmo e andammo in Serie C2, ed io feci 13 goal. Era il 1984/85...".
"L'anno successivo tornai al Cesena, che confermò il prestito al Ravenna. Per me era il primo campionato fra i professionisti, nell'anno in cui feci anche il militare a Bologna".
Nappi mette insieme 4 reti in 28 presenze e torna nuovamente in forza al club bianconero. Ma quest'ultimo, come già aveva fatto la Lazio a livello giovanile, non dà fiducia al biondo attaccante.
"Il Cesena non credette nelle mie qualità e mi dette a titolo definitivo alla Vis Pesaro, dove vincemmo il campionato di C2 e feci 14 reti. Quei risultati mi permisero di saltare la C1 e venir preso direttamente in Serie B dall'Arezzo nel 1987/88".
L'ASCESA CON AREZZO E GENOA
Lentamente, dimostrando sul campo il proprio valore, Nappi era riuscito a far vedere a chi lo aveva bocciato che si sbagliava e che aveva i mezzi per giocare ad alti livelli nel calcio professionistico. Ad Arezzo inizia l'ascesa vera e propria, visto che la punta romana gioca un bel torneo di B, con 8 goal in 30 gare, e finalmente riesce a mettersi in luce, nonostante i toscani retrocedano in C1.
Per Nappi si spalancano le porte del Genoa, una delle squadre più importanti nella sua carriera da calciatore giramondo.
"Il Genoa è stata la squadra dove in più momenti ho giocato di più. A Genova ho la mia famiglia e il tifoso genoano si affeziona ai giocatori che danno il massimo in campo. Quando fai il tuo massimo ed esci con la maglia sudata, anche se sbagli 20 goal, i tifosi genoani non ti diranno mai niente".
"A volermi fortemente fu il 'Professore'. - rivela Nappi - Scoglio mi vide l'anno prima quando con l'Arezzo perdevamo 3-0 a Messina, la squadra che lui allenava, e nonostante il risultato sfavorevole io feci pressing fino al 90' su tutti quanti. Lui apprezzò molto questa mia dote e così mi portò al Genoa".
Il Grifone milita in Serie B ormai da alcuni anni, ma con giocatori come l'attaccante romano, Vincenzo Torrente, Nicola Caricola, Gianluca Signorini, Gennaro Ruotolo, Stefano Eranio, Davide Fontolan e Massimo Briaschi domina il campionato assieme al Bari e ottiene una storica promozione in Serie A.
"Scoglio negli anni 80-90 era già avanti 20 anni. - sostiene Nappi - Adesso le squadre fanno il pressing alto e lui già lo faceva nel 1988/89. Io nella squadra rossoblù ero l'attaccante che con il suo movimento dava il là al pressing della squadra. Il mister era un idolo, quell'anno poi facemmo il grande salto in Serie A e una piazza come Genova si ricorderà sempre di quell'impresa".
Nitido il ricordo di Gianluca Signorini, il capitano dei rossoblù, portato in Liguria sempre da Scoglio.
"Gianluca era il classico leader e il capitano carismatico. - dice Nappi- Fra compagni di squadra ci frequentavamo molto anche fuori dal campo, bene o male avevamo tutti i figli della stessa età e mi ricordo che il mercoledì andavamo tutti, insieme alle nostre famiglie, a fare una cena normalissima, perché poi il giorno dopo c'era allenamento".
"Ma la gestione del gruppo allora era più facile di oggi, prima ci sposavamo giovani e con la famiglia si faceva una vita più regolare ed equilibrata. Che nel calcio è determinante. Lo dico sempre ai miei ragazzi: se si decide di fare questo sport qualcosa bisogna sacrificarlo. Poi ci sono i periodi in cui ci si può anche divertire e bersi una birretta con gli amici o la fidanzata. Ma nel corso del campionato il fisico ha bisogno di riposare e recuperare".
Nel 1988/89 Nappi segna 7 reti in 35 presenze in Serie B ed è il bomber della squadra nel torneo, dando un apporto decisivo per il ritorno in Serie A. Nonostante questo non è confermato nel 1989/90, e passa in prestito al Brescia nell'estate del 1989. Con le Rondinelle colleziona appena 8 presenze e un goal in Serie B, per poi finire alla Fiorentina nel mercato autunnale, sempre a titolo temporaneo.
'IL GESTO DELLA FOCA' CON LA FIORENTINA
Quella dove approda Nappi è una squadra partita con qualche difficoltà, che oltre al cammino in campionato, disputa quell'anno anche la Coppa UEFA.
"Vorrei ricordare in questa intervista Bruno Giorgi, il grande mister che è stato in seguito anche al Cagliari. - dichiara l'ex attaccante - È stato lui a farmi esordire in Serie A il 22 ottobre 1989 al Comunale contro la Sampdoria, una partita che, venendo dal Genoa, per me era un vero derby. Vincemmo 3-1 e feci una grande partita, tanto che ricordo ancora i titoli dei giornali del giorno seguente, che dicevano: 'Il nuovo arrivato salva Giorgi' ".
"Il mister mi ha voluto - prosegue Nappi - e a marzo mi ha fatto fare anche l'esordio in campo europeo contro l'Auxerre. Firenze è una piazza che, anche se ci ho giocato solo due anni, metto alla pari di Genova. Ancora adesso ho tantissimi amici che mi chiamano e mi chiedono come va".
In viola Nappi gioca accanto ad un fuoriclasse assoluto, Roberto Baggio, e ha fra i compagni tanti buoni giocatori, fra cui Stefano Borgonovo e Stefano Pioli.
"Roberto oltre ad essere un grandissimo calciatore è una persona fantastica. - sottolinea Nappi - Ogni tanto mi piace ricordare nelle squadre in cui alleno i momenti che abbiamo passato insieme. Momenti fantastici, felici, perché il calcio per noi era un divertimento. Allenarci, giocare assieme, viaggiare, fare le trasferte, farci gli scherzi... Il primo giorno che arrivai a Firenze era venerdì e mangiammo in albergo perché la squadra era in ritiro. Lui mi fece uno scherzo, mi mise mezzo dito di aceto nel bicchiere di vino. Era il suo modo di darmi il benvenuto. Non sapevo se sputarglielo in faccia o vomitare, alla fine l'ho mandato giù e scoppiò una risata da parte di tutti. Quello è stato il benvenuto che mi ha dato Roberto".
"Stefano Borgonovo era un attaccante molto forte e un amico, io sono stato spesso anche il suo sostituto. Purtroppo questa malattia, la SLA, mi ha portato via due persone care come luie Gianluca".
Marco NappiIn campionato Nappi colleziona 2 goal (contro Cremonese e Lecce) in 20 presenze, ma è soprattutto in campo europeo che riesce a mettersi in grande evidenza. Oltre a segnare 2 reti pesanti in trasferta nei quarti contro l'Auxerre e nell'andata delle semifinali UEFA contro il Werder Brema,proprio nella sfida di ritorno contro i tedeschi al Comunale, si rende protagonista di un gesto tecnico che non si era mai visto prima e mai più nessuno avrebbe ripetuto dopo di lui: il 'gesto della foca', che gli fa guadagnare il soprannome di 'Foca Monaca', oltre a quello di 'Nippo', nomignolo datogli dalla 'Gialappa's Band'.
I tedeschi sono in attacco, e Nappi, con la palla incollata sulla fronte, parte in velocità, la porta fuori dall'area e la tiene per una quarantina di metri prima di lanciare Baggio. Tutti sono increduli davanti ai loro occhi, avversari e compagni.
"Il brevetto ce l'ho io e me lo tengo bello stretto. - dice Nappi - Nessuno dei tanti fenomeni del calcio, da allora ad oggi, è mai riuscito a fare un numero simile. In molti lo definirono un 'numero da circo', ma così non fu, perché mi permise, in una situazione difficile, con il Werder Brema che attaccava, di portar via palla dalla nostra area di rigore e arrivare quasi a metà campo. Certo, non ti posso dire che è un qualcosa che si può allenare. Io ho fatto tutto con la testa, dribblando anche un avversario, arrivando quasi a metà campo e lanciando alla fine Roberto (Baggio, ndr) dall'altra parte".
"Lì per lì non mi resi conto subito di quello che avevo fatto. - aggiunge l'ex punta viola - Stefano Pioli in quella gara fu vittima di un'entrata assassina, perché gli spaccarono il ginocchio. Quando a fine partita lo vidi nel parcheggio dello Stadio, prima che lo portassero in ospedale, mi disse: 'Marco, ma che cosa hai combinato?'. 'E che ne so...', gli risposi. Successivamente rividi l'azione in tv e capii che avevo fatto una cosa strana. Oltre a quella giocata segnai nei quarti di finale ad Auxerre, dove vincemmo 1-0, e firmai l'1-1 a Brema, goal che ci permise, dopo lo 0-0 di Firenze, di raggiungere la finale ".
Ancora brucia, invece, il ricordo della doppia finale, persa con la Juventus in circostanze singolari.
"Il ritorno, visto che il loro campo era squalificato, dovevamo giocarlo in campo neutro. Ma l'UEFA scelse come sede il Partenio di Avellino, da sempre un feudo bianconero...".
La squadra di Zoff, dopo il 3-1 del Comunale, il 16 maggio del 1990, fra le polemiche anche per la direzione arbitrale, pareggia 0-0 e si aggiudica il trofeo.
"Per me quella Coppa, per il bellissimo cammino che abbiamo, fatto è come se l'abbiamo vinta. - dice Nappi - Il resto non mi interessa".
La squadra fa fatica in campionato, ottenendo comunque la salvezza. Nappi resta a Firenze anche l'anno seguente (24 presenze e 4 goal, tutti in Serie A), che vede la squadra chiudere con il 12° posto finale.
ATTACCANTE GIRAMONDO
Dopo due stagioni in viola con 56 presenze totali e 8 reti, Nappi riparte dalla Serie B e inizia a girare l'Italia, cambiando maglie e piazze di continuo. Nel 1991/92 è all'Udinese (37 presenze e 10 reti totali), con cui ottiene un 4° posto finale che vale la seconda promozione in Serie A della sua carriera calcistica.
Nel 1992/93 riparte ancora dai friulani, con cui disputa 4 partite e segna 2 goal, per poi passare alla SPAL. A Ferrara fa una bella stagione, totalizzando 10 reti in 26 presenze, che non bastano tuttavia a salvare i biancazzurri dalla retrocessione in Serie C1.
"Ero un giocatore che preferiva trovare stimoli diversi, e oltre a questo erano le società che preferivano, a differenza di oggi, fare contratti corti di un anno o due. A Udine mi portò Scoglio, che fu esonerato. Subentrò Adriano Fedele e andammo in Serie A. Quell'Udinese era uno squadrone per la categoria: c'erano Balbo, Sensini, Mandorlini, Calori, Marronaro, Giuliani... È stata una parentesi importante, e anche oggi ho buoni rapporti con i tifosi. Pure alla SPAL, nonostante la retrocessione, ho ricordi bellissimi. Era il periodo di Mani pulite e ad un certo punto fu coinvolto il presidente, così la squadra ne risentì. Ma Ferrara è una piazza splendida per giocare a calcio".
I RITORNI E I DUE ANNI CON L'ATALANTA
Nel 1993 Nappi torna al Genoa e, fatta eccezione per una parentesi sfortunata in prestito al Brescia (11 presenze nel 1994/95, che vide i lombardi retrocedere senza attenuanti), resta in rossoblù per ulteriori 5 anni (1993/94 e dal 1995 al 1999).
Sono stagioni che danno grandi soddisfazioni all'attaccante romano e lo legano in eterno ai colori rossoblù, regalandogli anche la vittoria del Torneo Anglo-Italiano a Wembley nel 1996, nell'ultimo anno di vita della competizione.
Il Genoa, in una partita che sarà ricordata per la tripletta di Ruotolo e il goal in rovesciata di Vincenzo Montella, che farà nascere il mito dell'Aeroplanino, travolge per 5-2 il Port Vale. Nappi, schierato titolare in attacco da Salvemini in coppia proprio con l'attaccante napoletano, semina il panico nella difesa inglese con il suo dinamismo e la sua velocità.
"Fu un'esperienza unica, perché il vecchio Wembley rappresentava la storia del calcio e non era da tutti giocarci. Io ho avuto la fortuna di poterci entrare, giocare e vincere pure. È stata una parentesi molto bella e importante della mia carriera. Dopo la promozione del 1989 è stata la soddisfazione più bella in rossoblù".
L'avventura in rossoblù di Nappi si conclude nel 1999 con un bilancio personale di 49 goal in 209 partite. Il passo successivo vede la punta romana approdare all'Atalanta, altra piazza importante nella sua storia calcistica.
"Bergamo la affianco per importanza come esperienza a Genova e Firenze. - afferma Nappi - Nel 1999/00 arrivammo secondi in campionato e conquistammo la promozione in Serie A. Inoltre la squadra andò avanti in Coppa Italia ed io segnai 4 goal, di cui 2 al Milan. Il goal del 3-2 al 90', che ci diede la vittoria in casa nell'andata degli ottavi di finale, fu una cosa impressionante. Inizialmente perdevamo 2-0 e scese giù lo stadio. Era il Milan di Shevchenko e Leonardo, sicuramente non una squadra semplice da battere, e noi ci riuscimmo, anche se al ritorno venimmo eliminati".
"Fu mister Vavassori a volermi in nerazzurro a 34 anni, - sottolinea l'ex punta - e lo ricordo con grande affetto, perché mi ha permesso di ottenere un'altra promozione e di fare l'anno successivo in Serie A con un 7° posto in classifica e un campionato strepitoso. Bergamo resterà sempre nel mio cuore".
In nerazzurro Nappi, nonostante abbia ormai superato abbondantemente i 30 anni, sembra non accusare il peso dell'età e vive una seconda giovinezza, firmando in tutto 10 reti in 61 gare.
LE ULTIME STAGIONI: IN CAMPO FINO A 40 ANNI
Nappi continua a calcare i campi della penisola fino a 40 anni. L'attaccante romano indossa ancora le maglie di Ternana, Como (altra promozione in Serie A, la quarta in carriera vincendo il torneo 2001/02) e Savona, sempre in Serie B, per poi scendere di categoria e giocare ancora con Carrarese, Cuneo e Sestri Levante.
Chiude una carriera mitica da vero nomade del pallone nel 2006, riuscendo a guadagnarsi l'affetto di tutti i tifosi.
"Feci due anni in Serie C, a Carrara, e poi 2 in Serie D con Cuneo e Sestri Levante. A 40 anni decisi di smettere e sono andato a fare il patentino UEFA A a Coverciano. La regola prevede che tu debba smettere di giocare, sennò avrei fatto magari anche qualche anno in più. Per giocare così a lungo è stata determinante la gestione e la cura del mio fisico".
Marco NappiNAPPI ALLENATORE: UN TITOLO CADETTI NEL 2016/17
Anche la seconda vita da allenatore riserva a Nappi belle soddisfazioni e vittorie.
"Non avendo inizialmente richieste, - racconta - mi sono fatto la mia Scuola calcio. Avevo 208 ragazzi. Con il Figenpa leva '96 ho vinto due campionati regionali liguri. Poi sono passato grazie a Simone Braglia, con cui non ho mai giocato, agli Allievi Nazionali del Savona. Arrivammo ai quarti di finale dei playoff Scudetto. È stata una bella pagina".
"Successivamente sono andato in Serie D in Calabria a Montalto Uffugo per guidare il Comprensorio Montalto. - ricorda - Ma per me è stata un'esperienza quasi traumatica, perché non era il mio calcio quello che si faceva lì. Così dopo mi sono fermato un anno".
"Nel 2016 il mio ex presidente Spinelli mi diede la possibilità di allenare la Berretti del Livorno. Con la squadra dei ragazzi amaranto ho vinto il campionato italiano e mi sono fatto il primo tatuaggio della mia vita, uno Scudetto sul braccio, all'età di 52 anni. Un'esperienza unica che per quello che ho provato metto davanti a tutti gli altri successi della mia carriera. Fu una vittoria sofferta, che sento particolarmente mia".
"Come succede nel calcio, però, poi sono stato mandato via da campione d'Italia. - prosegue Nappi nel suo racconto - Lì ho vissuto un momento di sconforto, mi sono chiesto cosa bisognava fare per emergere in questo calcio. Spinto dal Livorno sono andato al Pomigliano, in Serie D, dove fui esonerato a 4-5 punti dai playoff. A quel punto ebbi un rifiuto, non volevo più allenare in Italia, presi tutto e andai in Cina per fare un'esperienza in un college con le Giovanili del Beijing BSU. È stata un'avventura bellissima, nella quale ho fatto l'insegnante di calcio per i giovani e conosciuto un popolo meraviglioso, che mi ha accolto con affetto".
Marco NappiNel 2021 Nappi, conclusa con la pandemia l'esperienza cinese, è tornato in Italia per allenare in Sardegna l'Arzachena, formazione che milita nel Girone G della Serie D e che rappresenta l'ennesima scommessa di un innamorato del pallone.
"Mi hanno contattato tramite Antonio Cassano,- rivela l'ex attaccante - carissimo amico con cui ci frequentavamo a Genova subito dopo il lockdown e giocavamo a Padel insieme, che ho conosciuto grazie ad un fratello come Mario Bortolazzi. Cassano è molto amico del presidente smeraldino Felugo e mi ha proposto alla società, che era alla ricerca di un allenatore. Dopo una call con la dirigenza mi hanno chiamato ed è iniziata questa avventura in Sardegna".
"Qui ad Arzachena mi sto trovando bene perché posso fare il mio lavoro. - assicura - Ringrazierò sempre il Direttore Zucchi, che mi sta dando una mano, e la società. Ho a disposizione una struttura fantastica dove fare gli allenamenti. Siamo partiti benino, ma abbiamo ampi margini di miglioramento".
'La Foca Monaca' del calcio, anche in panchina, ha ancora tanta voglia di stupire.




