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Zalayeta Juventus Barcelona 2003Getty Images

Marcelo Zalayeta e la Juve: uniti dalla provvidenza

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Quanto servirebbe alla Juventus un profilo come Marcelo Zalayeta? Tanto. Per non dire tantissimo. Il classico uomo per completare il reparto d'attacco, poco mediatico e magari anche poco spettacolare, ma dannatamente incisivo, soprattutto a gara in corso.

A distanza di anni, dunque, i bianconeri conservano un ottimo ricordo de "El Panteron", autore di goal decisivi specialmente in Champions League.

E mentre l'ex centravanti di Montevideo festeggia 44 primavere, alla Continassa è ancora forte il ricordo di chi - in maniera taciturna - ha saputo scrivere pagine prestigiose della storia juventina.

Approdato all'ombra della Mole nel 1997, con tanto di trattativa laboriosa con il Peňarol, Zalayeta alla Juve ha vissuto a pane e gavetta. Meritando, sul campo, la grande occasione.

Al "Torneo di Viareggio", Marcelo inizia a muovere i primi passi con la Primavera. E le difficoltà, ovviamente, non mancano: nuova lingua, nuovo calcio, nuovi compagni. Insomma, tutto nuovo.

Il talento, seppur da sgrezzare, c'è. Ragion per cui, facendo quadrato attorno a un prospetto interessante, l'ex dg Luciano Moggi decide di coinvolgere Daniel Fonseca e Paolo Montero. Con entrambi a sfoggiare un ruolo importante nella crescita del loro connazionale; in primo luogo in termini di ambientamento. 

Madama, nella stagione 1997/98, è allenata da Marcello Lippi. Un'annata apparentemente semplice per i bianconeri, che però se la devono vedere con l'Inter di Gigi Simoni: con il celebre contatto Iuliano-Ronaldo, a distanza di tempo, ancora a tenere banco.

Il 14 marzo 1998, in Juve-Napoli 2-2, il tecnico viareggino decide di gettare nella mischia proprio lui: Zalayeta. Che, all'insegna della pura personalità, risponde subito "presente" all'esordio in Serie A. Come? Segnando.

La Juve, quindi, capisce di avere in mano un giocatore interessante. Ma siccome la concorrenza è folta, nonché spietata, Moggi decide di piazzare "El Panteron" prima all'Empoli e successivamente al Siviglia, sempre con la formula del prestito.

Tra alti e bassi, l'uruguaiano torna a Torino a stagione iniziata nel 2001-2002. E ci rimane fino al mercato invernale del 2004, quando passa temporaneamente al Perugia, salvo poi rientrare nuovamente alla base. Il tutto, toccando il picco di rendimento con l'arrivo di Fabio Capello, che in poco tempo fa di Zalayeta un titolare a tutti gli effetti.

Il rapporto, tra i due, è schietto e sincero. E, anche nelle partite di cartello, spesso e volentieri è l'uomo di Montevideo a partire titolare. Con tanti saluti ad Alessandro Del Piero, mai concretamente nelle grazie dell'allenatore friulano.

Marcelo ha fisicità, sponde e progressione nel lungo. Ma la vera dote è un'altra. Ovvero: con lui, muniti di altre caratteristiche, ben figurano gli altri componenti del reparto offensivo. Da Trezeguet a Ibrahimovic, passando per Mutu e Del Piero.

Restano, sostanzialmente, due fotografie. La prima, al Camp Nou, contro il Barcellona. Storia: ritorno dei quarti di Champions 2002-2003, sull'1-1, Zalayeta piazza il tocco vincente e spedisce la Juve in semifinale. La seconda, al Delle Alpi, con il Real Madrid. Storia (bis): ritorno degli ottavi di Champions 2004-2005, sullo 0-0, "El Panteron" sblocca l'incontro che, assieme alla rovesciata di "Re David", porta la Signora al turno successivo.

Morale della favola? 160 presenze e 34 goal con la Juve. Un apporto non banale, meritocratico e risolutivo.

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