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Maickel Ferrier e il vergognoso episodio di razzismo del 1996: niente Verona per un manichino impiccato

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È la primavera del 1996 e dopo la sentenza Bosman, che liberalizza i trasferimenti e cambia per sempre il rapporto fra i calciatori e le società, anche i club di Serie B cercano rinforzi all'estero per la stagione successiva. Fra questi c'è anche il Verona di Attilio Perotti, che in odore di Serie A inizia a piazzare alcuni colpi per la stagione successiva.

Il primo acquisto è Elvis Brajkovic del Rijeka, ma i dirigenti scaligeri vanno alla ricerca di un secondo innesto dall'estero e individuano l'uomo giusto in Maickel Ferrier, possente difensore olandese del Volendam. Giovane, essendo nato nel 1976, non ha ancora compiuto 20 anni quando sbarca in Italia, e, grazie al suo agente, Mino Raiola, trova un accordo con il Verona.

Per i dirigenti gialloblù, Ferrier è un prospetto da far crescere accanto a compagni di reparto esperti quali Antonio Paganin, Sebastiano Siviglia, Paolo VanoliStefano Fattori. Sottovalutano un particolare: è originario del Suriname e di carnagione mulatta, e per questo motivo non gradito dagli ultras, che abbracciano un'ideologia politica di estrema destra.

La situazione sfugge totalmente di mano in occasione del derby contro il Chievo di Alberto Malesani, che si gioca allo Stadio Bentegodi il 28 aprile 1996. Quanto accade sugli spalti, è una macchia indelebile nella storia del calcio italiano. 

La curva veronese, infatti, dà il peggio di sé. Gli ultras inscenano l'impiccagione di un manichino con la maglia del Verona, il volto dipinto di nero e due corde legate attorno al collo. A sorreggere il fantoccio penzolante due uomini incappucciati come membri del Ku Klux Klan.

Quel manichino rappresenta proprio il difensore olandese che il presidente del Verona avrebbe voluto portare in Italia. E come se non bastasse l'ignobile azione, il tutto è accompagnato da due striscioni altrettanto beceri. 

"El negro i ve là regalà. Dasighe el stadio da netar!”, è l'orribile contenuto in dialetto veneto del primo. 

Si tratta di un messaggio rivolto al presidente gialloblù Alberto Mazzi, che di mestiere è un imprenditore nel settore dell'edilizia: "Il nero ve lo hanno regalato, dategli lo stadio da pulire".

Un secondo striscione, in inglese, recita: "Negro go away", "Negro, vai via".

Non mancano nemmeno i cori a sfondo razzista: "ll negher portalo in cantier", "Il negro portalo in cantiere".

Il fantoccio appeso, gli striscioni e i cori durarono almeno 38 minuti, mentre in campo, come se nulla fosse, la partita continua regolarmente ed è vinta 1-0 dal Verona con rete di Totò De Vitis. Tutti assistono alla vergognosa azione razzista: gli spettatori, i giocatori, gli allenatori Perotti e Malesani, l’arbitro Tombolini, i dirigenti delle due squadre, ma domina un inspiegabile silenzio.

Il giorno dopo le foto di quanto accaduto erano su tutti i giornali e da parte della società civile è espresso all'unisono un sentimento di indignazione. Lo stesso presidente Mazzi reagisce con forza, e il giorno dopo il derby vorrebbe annunciare l'acquisto di Ferrier e infliggere un duro smacco agli ultras. Ma il giocatore olandese, dopo l'accaduto, straccia il contratto e il suo trasferimento salta. Ferrier resta comunque in Italia e si accasa alla Salernitana.

"Avevo appena firmato un contratto triennale e si era appena realizzato un sogno, quello di giocare in Serie A - ha detto nel 2019 a 'Tuttomercatoweb.com' - Quel manichino appeso al cappio face stracciare il contratto in pochi giorni. Immediatamente dopo, Raiola mi trovò squadra alla Salernitana".

A Salerno, in Serie B, il difensore gioca col contagocce e viene spedito al Catania, in Serie C2. Colui che quando poteva passare al Verona piaceva molto anche all'Ajax, non rispetterà le attese, non lasciando nessun segno calcistico del suo passaggio in Italia. La sua modesta carriera proseguirà in patria con il Cambuur, poi vestirà anche le maglie di Helmond Sports, Telstar e TOP Oss, fino alle serie infeririori con SJC Noordwijk e VVSB Noordwijkerhout, prima del ritiro.

Di lui, nonostante siano passati tanti anni, si ricorderà sempre quel brutto episodio di razzismo, di cui fu vittima nel 1996. Non l'unico, nella storia della Serie A, ma fra i più significativi e infimi nella lunga storia del calcio italiano.

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