Essere gruppo. In una partita apparentemente senza grosse pressioni, con il passaggio agli ottavi già in tasca e annessa Spagna dietro l'angolo, contro l'Irlanda serviva esclusivamente valutare la bontà complessiva della rosa. Tanti, ragionando in ottica diffide, i cambi proposti da Antonio Conte. Italia, sostanzialmente, in formato poca roba.
E, valutando l'imminente super sfida contro gli iberici, il tutto sembrerebbe sfociare nel “nulla da dichiarare”. Prima sconfitta a Euro 2016. Conte, nell'ultimo turno del Gruppo E, s'è spinto verso un turnover pressoché totale. Dentro dal 1' Sirigu, De Sciglio, Ogbonna, Thiago Motta, Sturaro, Bernardeschi, Immobile e Zaza; Darmian, Insigne ed El Shaarawy a gara in corso.
Test significativo per tutti, possibilità di mettere in crisi le gerarchie del selezionatore salentino, minuti da mettere nelle gambe – all'occorrenza – per farsi trovare pronti. Tutti importanti, nessuno indispensabile. Da sempre linea guida presente nella mente dell'ex mister della Juventus, propenso a premiare i meritevoli, pur mantenendo un'idea calcistica all'insegna della continuità.
Cambiano gli interpreti, non sicuramente i dettami di gioco. Calcio organizzato, fase difensiva caratterizzata dal duro lavoro di squadra, voglia di fare possesso ragionato pur vantando un tasso tecnico globale non propriamente eccelso. Conte, optando per scelte quasi forzate, affrontando l'Irlanda decide di sperimentare qualcosa dal punto di vista tattico, salvo fare ininterrotto affidamento su Bonucci (diffidato, ndr) e Barzagli.
Senza questi due, parafrasando il pensiero del c.t. azzurro, si rischia di rimediare qualche brutta figuraccia. E se in fase offensiva, specialmente nel primo tempo, l'Italia s'è fatta vedere rare volte, Sirigu si dimostra affidabile; interventi degni di nota con qualche rinvio sbilenco. Sturaro, pur mettendo come sempre tanto cuore in mezzo al campo, difetta di qualità e – giocoforza – ne risente l'intera manovra.
Movimenti senza palla corretti, ma i piedi educati sono altri. Così come appare sacrificato Bernardeschi sulla corsia destra, più preposto alla fase difensiva anziché a quella offensiva, concetto poco compatibile con quanto sinora proposto a Firenze sotto la guida di Paulo Sousa. Non totalmente a suo agio nemmeno Ogbonna, teoricamente affiatato con i veterani del pacchetto arretrato della Juventus, incubi ricorrenti siglati Long.
Insomma, l'Italia contro l'Irlanda non brilla; né sul piano del gioco né della personalità. Da segnalare solo l'ottimo ingresso di Insigne. Preventivabile questo motivo, imponenti e decisive le rotazioni. Adesso c'è la Spagna, impegno sulla carta proibitivo. L'Italia, per l'appuntamento degli appuntamenti, tornerà all'usato garantito.
Spazio a chi – attraverso Belgio e Svezia – ha costruito un cammino intrigante. E Conte, dopo la sconfitta di misura contro l'Irlanda, improbabilmente maturerà l'intenzione di rivedere le sue certezze.
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