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La strage dell'Heysel: Juventus-Liverpool e la tragedia in cui morirono 39 tifosi

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"Trentadue italiani, quattro belgi, due francesi, un nordirlandese. E seicento feriti. Intorno tutto è finito. Voci, suoni, colori deflagrano e raggiungono il silenzio. Sono le 21.40. L'assurdo è così banale che le squadre entrano in campo" - Anthony Cartwright, Gian Luca Favetto, 'Il giorno perduto'

La stagione 1984-85 volge al termine e c'è un attesa sempre più spasmodica per quella che sarà la finale di Coppa dei Campioni, in programma mercoledì 29 maggio 1985. Soprattutto da parte dei tifosi bianconeri, che chiuso al 6° posto il campionato, vinto dal sorprendente Verona di Osvaldo Bagnoli, concentrano sull'Europa le loro energie. La Juventus di Giovanni Trapattoni aveva eliminato in semifinale il Bordeaux, e ora si ritrovava a giocarsi le possibilità di vincere la prima Coppa dei Campioni della sua carriera.

Di fronte il Liverpool di Joe Fagan, campione d'Europa in carica, che vuole bissare il successo dell'anno precedente e in semifinale aveva avuto gioco facile dei greci del Panathinaikos, mentre in campionato si era dovuto arrendere all'Everton, autore di un'inarrestabile cavalcata fino al titolo, conquistato con ben 6 giornate di anticipo.

GLI ANTEFATTI

Lo Stadio che l'UEFA sceglie per la finale è lo Stadio Heysel di Bruxelles, così chiamato dal nome del quartiere della città in cui sorge. Un impianto che con gli standard di oggi verrebbe considerato completamente inadeguato ad ospitare una finale, ma che già era stato sede di quelle del 1958, del 1966 e del 1974 e dei Campionati europei del 1972. Il fischio d'inizio è previsto per le ore 20.15.

Ciò che porterà alla strage è un mix di scelte logistiche discutibili e col senno di poi scriteriate, superficialità, cattiva gestione della situazione e assoluta inadeguatezza del servizio d'ordine e dei sistemi di sicurezza dell'impianto. Quest'ultimo, nonostante una prima ristrutturazione avvenuta negli anni Settanta, era fatiscente e privo di vie di fuga adeguate. Il campo e le tribune, in particolare, erano mal tenuti.

I muri che dividevano i vari settori, poi, erano vecchi e fragili, tanto che capitava di frequente che cadessero dei calcinacci. Lo scarico dei servizi igienici colava dalle stesse pareti, rendendo queste ultime ancora meno resistenti.

Nelle settimane che precedono la partita si scatena la caccia al biglietto. L'Heysel può ospitare sulla carta un massimo di 60 mila spettatori, ma le richieste di un tagliando sono molte di più, circa 400 mila. Tanti sono anche i tifosi bianconeri che sognano di vedere la loro squadra del cuore sollevare per la prima volta la Coppa dei Campioni.

Anche la vendita dei biglietti e la disposizione dei tifosi all'interno dello Stadio è gestita male. Ai sostenitori italiani, in netta predominanza, sono garantiti i settori M, N e O, a Sud-Est dell'impianto, mentre agli inglesi le zone X e Y, nella curva opposta. C'è poi un ulteriore settore, il settore Z, adiacente a quello degli ultrà del Liverpool, da cui è separato esclusivamente da due basse reti metalliche, denominate 'chicken wires', ovvero 'reti per polli', assolutamente inadeguate ad evitare il contatto fra le due aree, e anzi, assai pericolose in presenza di scontri.

L'UEFA sceglie di destinare il settore Z ai tifosi neutrali, ovvero a quelli in possesso di biglietto di entrambe le tifoserie che non appartengono a gruppi organizzati. Di fatto ad accapparrarsi la maggior parte dei biglietti saranno i tifosi bianconeri. Nei giorni che precedono la sfida fra Juventus e Liverpool, questa scelta è contestata da entrambe le società, che temono il contatto ravvicinato fra supporters di fede calcistica opposta. Ma gli organizzatori, convinti di poter gestire la situazione attraverso il rispetto delle disposizioni burocratiche, non vogliono sentire ragioni.

Heysel Disaster 29051985Getty

LA STRAGE DELL'HEYSEL

Nelle ore che precedono il match, i tifosi del Liverpool, accorsi nella capitale belga in numero abbondamente superiore a quello dei posti disponibili e dei biglietti venduti, fanno largo abuso di alcolici ma, a parte qualche scaramuccia e una rapina in una gioielleria, non si verificano particolari episodi da segnalare.

Quando nel pomeriggio vengono aperti i cancelli, ad occupare il Settore Z sono per di più tifosi normali, famiglie, genitori con i propri figli, italiani ma anche tifosi di altri paesi, che in maggioranza simpatizzano per la Juventus. Mentre si capisce ad occhio che un numero molto maggiore di tifosi inglesi affolla i settori X e Y destinati ai Reds.

I controlli all'ingresso sono infatti carenti e superficiali, e sono circa 6 mila i tifosi inglesi senza biglietto che prendono posto nella Curva , fra cui si sono infiltrati anche alcuni ultrà del Chelsea del gruppo di estrema destra Headhunters, membri dell’organizzazione neonazista Combat 18 e del partito National Front, noti per la loro violenza. Alcuni riescono a entrare persino facendo dei buchi sulle pareti esterne in calcestruzzo dell'Heysel e arrampicandosi.

"Quel 29 maggio del 1985 avevo 30 anni e le immagini che ho visto quel giorno sono impresse indelebilmente nella mia memoria. - racconta Claudio Pozzi, uno dei sopravvissuti, presente quel giorno nel Settore Z dell'Heysel, a 'Varesenews.it' - Eravamo partiti con un pullman da Busto Arsizio con il Club Amici della Juve; in realtà avevamo perso le speranze qualche giorno prima quando ci dissero che i biglietti erano finiti, ma poi si liberarono alcuni posti nel maledetto settore Z e riuscimmo a partire".

"Dopo 15 ore di viaggio arrivammo nei pressi dello stadio attorno alle 16 e la prima cosa che notai erano gruppi di inglesi sdraiati nei prati attorno allo stadio già ubriachi. L’emozione per la partita, però, non ci fece soffermare troppo su quelle immagini: volevamo vedere la nostra Juve alzare la coppa e nulla più. L’umore era alle stelle, la giornata bella e noi juventini eravamo in tantissimi".

"Quando ci avvicinammo allo stadio ricordo che la struttura dell’Heysel mi impressionò per quanto appariva vecchia e poco adatta ad una finale di Coppa dei Campioni. Si entrava da grandi portoni che immettevano alle scale, una volta percorse le quali si sbucava nella parte più alta dell’anello; da lì si doveva ridiscendere i gradoni per arrivare al proprio posto. Ero accompagnato da quattro amici e insieme ci siamo messi uno accanto all’altro: erano circa le 18. Quella è l’ultima immagine normale che ho nella memoria, tutto il resto non aveva più niente a che fare con una partita di calcio".

La tragedia inizia a prendere forma verso le 19.20, quando manca poco meno di un'ora al fischio d'inizio della gara.

"Attorno alle 19 lo stadio cominciò a riempirsi - ricorda Claudio - e dal nostro settore vedevamo i settori dedicati ai tifosi del Liverpool pieni di hooligans scatenati che avevano cominciato a lanciare cori e slogan contro gli italiani. Notai subito che la rete che divideva i settori X e Y, dedicati agli inglesi, era del tutto inadeguata a contenere una delle tifoserie più agitate del mondo. Poi c’era un cordone di agenti più simili a vigili urbani che ai nostri poliziotti in tenuta anti-sommossa e infine noi del settore Z, la parte estrema della curva. Alla nostra destra c’era un muro, che ci divideva dallo spazio vuoto prima della tribuna".

Heysel tragedyGetty Images

Una parte degli ultras del Liverpool, piena d'odio dopo gli incidenti che si erano verificati l'anno prima a Roma per la finale dell'Olimpico, vedendo i tifosi bianconeri nel Settore Z, e pensando che si trattasse di ultrà italiani, inizia ad ondeggiare paurosamente, con l'obiettivo di intimidire i tifosi avversari e conquistare lo spazio lo spazio da loro occupato. È il cosiddetto 'take an end', 'prendi la curva'.

Alla seconda e terza carica degli hooligans, le reti di recinzione che separano la Curva dei Reds dal settore Z cedono e i pochi poliziotti (cinque) posti come cordone di separazione non possono far nulla per impedire l'invasione da parte degli ultrà inglesi. 

"I primi lanci di bottiglie cominciarono a metterci sul 'chi va là'. - racconta Pozzi - Eravamo a circa 50 metri in linea d’aria e la maggior parte degli oggetti si fermava prima di noi ma realizzai che il peggio stava per arrivare quando una di queste bottiglie si frantumò sulla faccia di un tifoso alle nostre spalle. Sentimmo il suo urlo di dolore, ci voltammo e il sangue gli aveva già ricoperto il viso".

Terrorizzati, i tifosi che occupano il settore Z cercano vie di fuga, che non ci sono: i cancelli di uscita in alto sono chiusi a chiave, mentre chi prova a riversarsi sul terreno di gioco è preso a manganellate dagli agenti a cavallo. La situazione diventa disperata, e presi dal panico, i tifosi italiani si ammassano nell'angolo più lontano e basso del Settore Z, schiacciati l’uno sull'altro contro il muro divisiorio, dalla parte opposta alla curva del Liverpool.

Heysel Disaster 29051985Getty

Più in là il vuoto, che separa il Settore Z dalla tribuna. Qualcuno riesce a saltare giù e a salvarsi. Altri restano schiacciati nella calca che si crea, visto l'arrivo in massa degli ultrà inglesi, che inseguono i sostenitori bianconeri. A un certo punto il muretto non regge il peso dei tifosi e crolla. È una strage. Molti tifosi volano di sotto o restano schiacciati, altri, feriti, periscono calpestati da altri tifosi in preda al terrore.

"La folla cominciò a spingere. I tifosi inglesi saltarono la rete, superarono senza tanti problemi il cordone di polizia, invasero il settore Z e solo pochi tifosi juventini affrontarono questa orda barbara. La maggior parte, migliaia di persone, cominciò ad indietreggiare verso di noi e la pressione si faceva sempre più forte. In un batter d’occhio persi tre membri del mio gruppetto e rimasi solo con un altro ragazzo. Ci ritrovammo a ridosso di quel maledetto muro e con grande fatica riuscii a salirci sopra e a saltare giù, sotto di me c’erano 4-5 metri di vuoto. Non so nemmeno se la decisione di saltare la presi io o se fu la spinta di quella moltitudine di persone a farmi volare in basso. Anche il mio amico saltò ma si fece male ad un piede; nulla di grave per fortuna rispetto a quello che capitò a centinaia di altri tifosi".

Mobilitato, un battaglione mobile della polizia belga giunge allo stadio dopo oltre mezzora, a disastro ormai avvenuto, quando l'impianto si è trasformato in un campo di battaglia. Dopo aver caricato i tifosi del Liverpool, le forze dell'ordine presidiano la Curva bianconera, in quanto alcuni ultrà, avvisati dai sopravvisuti, che hanno trovato riparo nella curva opposta, vogliono vendicarsi e tentano di raggiungere la Curva dei Reds.  

L'assenza nello Stadio Heysel di un'unità di rianimazione impedisce che ai feriti vengano prestati gli opportuni soccorsi. Nella tragedia muiono 39 tifosi, di cui 32 italiani, mentre i feriti, di varia entità, sono circa seicento.

La tragedia de HeyselTwitter

LA PARTITA SI GIOCA: LA COPPA INSANGUINATA

Di fronte alla strage, non c'è grande consapevolezza di quanto avvenuto da parte di chi si trova all'interno dello Stadio. Si capisce che è successo qualcosa di grave ma non si sa esattamente cosa. Le autorità civili e calcistiche, per motivi di ordine pubblico, decidono comunque di far giocare la partita. Il fischio d'ìnizio viene rinviato di un'ora e 25 minuti.

Si teme sostanzialmente che possa esserci una reazione da parte dei tifosi della Juventus, e che la tragedia assuma proporzioni ancora peggiori. Bisogna però convincere le due squadre a scendere in campo. 

"La Juventus non voleva giocare. Il Liverpool neppure. - racconterà a 'La Stampa' il presidente bianconero Boniperti - Ci obbligarono l’UEFA e le autorità belghe. Temevano che l’effetto rinuncia avrebbe spinto alla rivolta gli altri settori. Nel 1985, non c’erano ancora i telefonini. Chi era dall’altra parte dello stadio, non poteva percepire l’entità del dramma. Lo avrebbe capito da un improvviso ritiro delle squadre, dalla cancellazione della finale. E allora, dissero per convincerci, sarebbe stato non più un inferno, ma l’apocalisse".

"Si può immaginare la confusione, il caos. Barelle, sirene, urla strazianti. Cercammo in tutti i modi di non far entrare la notizia nello spogliatoio. Per questo, impedii fisicamente a Edoardo, il figlio dell’Avvocato, di parlare con i ragazzi. Edoardo lo ricordo vagare per il campo: non riuscivano a portarlo via. Lo trascinai in uno stanzone e gli intimai di non muoversi da lì. Suo padre (l'avvocato Gianni Agnelli, ndr), non appena arrivò e venne informato dai tifosi, disse all’autista di tornare indietro".

"Io ero là, travolto dalle emozioni. Cercavo mia moglie, in tribuna con mio figlio Giampaolo, che a sua volta cercava Alessandro, l’altro figlio che si era spinto verso la curva maledetta. A Platini dicemmo di non fare il giro d’onore, di portare la Coppa solo dalla parte dei nostri".

La partita dunque si gioca, nonostante i cadaveri e i tanti feriti, e il risultato sarà valido a tutti gli effetti per l'assegnazione del trofeo.

"Il presidente Boniperti ha detto chiaro: ‘Va bene, se voi volete così, noi giochiamo. Ma la partita è valida, insomma il punteggio e tutto il resto?’ - ricorda Francesco Morini, il D.s. bianconero - E allora quelli del Liverpool hanno risposto: ‘Se noi giochiamo, vogliamo giocare per il risultato vero’. Da qui la decisione dell’UEFA: 'Sì, il risultato che viene fuori è valido' ".

Juventus Liverpool 1985Getty Images

Cabrini, Tardelli e Brio vanno comunque a parlare con i tifosi. Capitan Scirea, in contemporanea al capitano del Liverpool, Phil Neal, legge un comunicato:

"La partita verrà giocata per consentire alla forze dell'ordine di organizzare al termine l'evacuazione dello stadio. State calmi, non rispondete alla provocazioni. Giochiamo per voi".

Le tv di tutto il Mondo prendono decisioni diverse: la tv tedesca 'ZDF' si rifiuta di trasmettere la gara, mentre la tv austriaca, la ORF, interrompe la telecronaca e manda in onda un'eloquente scritta:

"Questa che andiamo a trasmettere non è una manifestazione sportiva, ma una manifestazione volta a evitare massacri".

In Italia Bruno Pizzul è in palese difficoltà quando su Rai Due prende la linea prima dell'inizio prestabilito del match. Le immagini sono infatti volutamente oscurate e non si capisce il perché. Lui ne attribuisce il motivo a cause tecniche, ma poco dopo al TG1 scorrono le immagini della tragedia e anche lui ne viene informato.

"Io vi posso solo dire che purtroppo debbo confermare l’esistenza di alcuni morti, di cui peraltro non conosco, sottolineo, non conosco la nazionalità".

In quel momento anche in Italia si comincia a prendere atto che allo Stadio Heysel è accaduto qualcosa di grave. Quando Pizzul riprende la linea perché l'UEFA decide ha deciso che si giocherà, prima della telecronaca annuncia:

"Gentili telespettatori, la partita verrà commentata in tono il più neutro, impersonale e asettico possibile".

Nel caos generale, con i sopravvissuti che cercano di raggiungere anche la tribuna stampa per dire di chiamare alle loro famiglie in Italia, la partita inizia regolarmente alle 21.40. 

"Uno dei momenti di maggior difficoltà di carattere personale - racconterà il telecronista anni dopo - l'ho affrontato quando un paio di ragazzi, che erano nella curva Z, vennero vicino a me. Mi chiesero di far dire al microfono alla loro mamma che erano vivi. Io ebbi alcune difficoltà, ma alla fine decisi di non farlo. Immediatamente pensai alle migliaia di altre mamme in Italia, che non avrebbero sentito il proprio figlio e all’angoscia che avrebbero provato".

Intanto si gioca in un clima surreale, con il settore Z ormai vuoto e che appare come un campo di guerra dopo la battaglia. Nel primo tempo Tacconi blinda la porta bianconera con alcuni interventi decisivi su Wark e Whelan. La Vecchia Signora si rende insidiosa in contropiede. Nel corso della ripresa la partita cambia, con i bianconeri più intraprendenti.

L'episodio che decide il confronto arriva al 56': Platini lancia Boniek in contropiede, il polacco corre a grandi falcate verso la porta avversaria e viene steso da Gillespie un metro-un metro e mezzo fuori area. L'arbitro, lo svizzero André Daïna, è molto distante dall'azione e assegna un rigore alla Juventus.

Sul dischetto si porta Platini, che spiazza Grobbelaar e porta in vantaggio la formazione italiana. 'Le Roi' esulta, come se nulla fosse accaduto prima. "Non sapevo cosa esattamente fosse successo", spiegherà. La squadra di Trapattoni gestisce il vantaggio di misura e al fischio finale ne esce vincitrice. I tifosi, fortunatamente, lasciano poi l'Heysel in modo ordinato.

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I SURREALI FESTEGGIAMENTI E LE POLEMICHE

La Juventus è campione d'Europa, i giocatori, che non conoscono esattamente quanto accaduto, esultano comunque con il trofeo che viene consegnato a Scirea da un anonimo funzionario belga ed è mostrato ai tifosi nella curva. Ma quella Coppa resterà sempre macchiata del sangue dei tifosi morti per vedere la loro squadra del cuore. E non mancheranno le polemiche.

"Abbiamo cercato di entrare in campo con la consapevolezza di dover fare una vera partita di calcio, - dirà Cabrini - ma sapevamo che non era la serata che poteva e doveva incoronare la squadra regina d'Europa".

"Era impossibile rifiutarsi di giocare, - dirà Marco Tardelli - ma non dovevamo andare a festeggiare, l'abbiamo fatto e sinceramente chiedo scusa".

"A dispetto di quella che fu comunque una partita vera, - affermerà l'attuale patron bianconero, Andrea Agnelli - abbiamo sempre fatto fatica a sentire quel trofeo come una coppa nostra".

Lo stesso Boniek dirà anni dopo di aver rinunciato al premio partita. Soltanto a tarda notte, quando ormai lo Stadio Heysel, teatro di una delle tragedie più grandi della storia del calcio, era ormai vuoto, si ha una reale coscienza delle dimensioni della strage. Ed emergono le storie, strazianti, di chi non c'è più.

Ci sono Andrea Casula, di soli 10 anni, che aveva raggiunto Bruxelles dalla Sardegna con il papà Giovanni, e andava a vedere per la prima volta la Juventus, la sua seconda squadra del cuore dopo il Cagliari. C'è Roberto Lorentini, giovane medico di Arezzo insignito della medaglia d'argento al valore civile perché, già in salvo, era tornato indietro per soccorrere un bambino ferito e perse la vita nella calca mortale. C'è Giuseppina Conti, di 16 anni, che andava a scuola e si era concessa la trasferta di Bruxelles dopo aver sostenuto le ultime interrogazioni.

E tutti gli altri, ognuno con la sua storia, ognuno con una famiglia che non potrà più riabbracciarli. Morti per vedere una partita di pallone. Per tenerne viva la memoria nasce subito l'Associazione fra i Familiari delle vittime dell'Heysel.

29 anni fa, la tragedia dell'Heysel

I PROCESSI E LE CONSEGUENZE

Per i fatti avvenuti il 29 maggio 1985 finirono sotto processo 25 hooligans, oltre ad Albert Roosens, il capo della federcalcio belga, e i due responsabili dell’ordine pubblico di quella serata. Il processo si concluse con brevi condanne con la condizionale a 14 hooligans, mentre l'UEFA, lo Stato e la Federazione belga furono condannati a risarcire le famiglie delle vittime.

La responsabilità della strage fu attribuita inizialmente esclusivamente ai tifosi del Liverpool e al loro comportamento, soltanto in un secondo tempo, grazie alla tenacia di Otello Lorentini, papà di una delle vittime, anche l’UEFA è stata condannata per le sue responsabilità: il segretario generale Hans Bangerter si prese infatti 3 mesi con la condizionale. 

Ma i risarcimenti ricevuti dalle famiglie delle vittime e dei feriti saranno molto inferiori alle promesse, come riportato da 'saladellamemoriaheysel.it', e varieranno fra i 14 e i 400 milioni di Lire. 

In seguito alla tragedia dell'Heysel, l'UEFA decise di escludere per 5 anni (6 per il Liverpool) le squadre inglesi dalle competizioni europee, su richiesta arrivata dallo stesso governo britannico, allora presieduto da Margaret Thatcher. Nella stessa riunione la Juventus è punita con 2 turni a porte chiuse e la Federcalcio belga è inibita per 10 anni dall'ospitare una finale internazionale.

In seguito alla tragedia, inoltre, nel 1985 venne elaborata la Convenzione europea sulla violenza e i disordini degli spettatori durante le manifestazioni sportive. Ma ci vorrà un'altra strage, quella di Hillsborough a Sheffield nel 1989, per introdurre norme di sicurezza più severe negli stadi e riconcepire la struttura stessa degli impianti sportivi. 

Heysel StadiumGetty

LA MEMORIA

Dopo la strage, nel 1985, in Piazza Crimea, all'interno della sede amministrativa del club bianconero, l'architetto Daniele Grassi ha realizzato un monumento in memoria di coloro che perirono all'Heysel, con un epitaffio scritto dal giornalista Giovanni Arpino. 

Quindici anni dopo, nel 2000, durante gli Europei in Belgio e Olanda, prima della sfida fra Italia e Belgio, il 14 giugno, davanti al nuovo Stadio 'Re Baldovino' è affissa una targa commemorativa con i nomi delle 39 vittime dell'Heysel, e una delegazione, con il capitano azzurro Paolo Maldini, quello della Juventus, Antonio Conte, e quello del belgio Staelens, depone un mazzo di fiori.

L'UEFA non concede agli Azzurri di indossare il lutto al braccio, così la Nazionale entrerà in campo con un fiore nella mano sinistra per commemorare le vittime della strage. Quando poi Liverpool e Juventus si affrontano ad Anfield nella Champions League 2004-05, la Cop espone diversi striscioni che compongono la parola 'Friendship', ovvero amicizia.

Nel 2012 il presidente bianconero Andrea Agnelli ha inserito un totem commemorativo all'interno del J-Museum. Sulla Mole antonellina, negli ultimi anni, è sempre stata proiettata la scritta +39 nel giorno dell'anniversario della tragedia. E anche il Torino ha voluto commemorare le vittime: nel 2020 un gruppo di tifosi granata è salito sul colle di Superga, dove riposa il Grande Torino, e ha esposto lo striscione "+39".

A Torino una piazza pedonale nel quartiere Aurora nel 2018 è stata intitolata alle vittime dell'Heysel. E sono frequenti le iniziative intraprese dall'Associazione dei familiari. Ad eterna memoria di quel 29 maggio 1985, il giorno perduto del calcio, in cui la festa si tramutò in tragedia.

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