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Kily Gonzalez InterGetty

Kily Gonzalez, il rosarino di Valencia e Inter che ha vinto l'oro olimpico con l'Argentina

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Ala sinistra di gran corsa,  Cristian Alberto Peret González, detto semplicemente Kily González,  aveva nell'esplosività e nell'agonismo le sue qualità migliori.

Nato a Rosario il 4 agosto 1974,  si trova a scegliere calcisticamente fra due club accerrimi rivali: Rosario Central e Newell'Old Boys, e fin da giovane Kily opta per essere 'Canaglia' e incarnare la filosofia del club gialloblù.

Nella sua carriera ha vestito anche le maglie di Boca Juniors, Real Saragozza, Valencia, Inter e San Lorenzo, oltre che della Nazionale argentina, con cui conquista l'oro olimpico ad Atene nel 2004.

Dopo il ritiro dal calcio giocato, ha attraversato un periodo buio, in cui ha dovuto combattere con la depressione. Una volta rialzatosi, è tornato nel mondo del calcio e dal 2020 al 2022 è stato l'allenatore del Rosario Central.

IN ARGENTINA CON IL ROSARIO CENTRAL E IL BOCA JUNIORS

Da ragazzo Kily entra nel Settore giovanile del Rosario Central, dove fa tutta la trafila fino ad arrivare in Prima squadra nel 1993, quando, a 19 anni, fa il suo esordio nel massimo campionato argentino. 

In due anni, dal 1993 al 1995, mette insieme 51 gare di campionato e realizza 7 reti. Le prestazioni di alto livello attirano su di lui le attenzioni del Real Madrid: Kily ha 20 anni e nel 1994/95 si scomoda per lui il connazionale Jorge Valdano, che gli fa firmare un pre-contratto con l'obiettivo di aggregarlo ai Blancos fin dal pre-campionato della stagione 1995/96.

Al momento di trasformare l'accordo in un contratto effettivo, però, qualcosa va storto.

"Non sapevo cosa fosse il Real Madrid. - spiegherà il giocatore argentino a 'ESPN' - Nella mia casa, a Rosario, si guardava solo il telegiornale e la TV non funzionava bene. Si può dire che sono stato un giocatore dei Blancos per qualche minuto, fino a quando non mi ha chiamato Maradona. La sua squalifica stava per terminare e voleva costruire una squadra competitiva”.

Accade così che nel 1994 Kily González anziché firmare un contratto per venire a giocare in Europa con le Merengues, resti in Argentina e si accordi per giocare dal 1995 con il Boca Juniors, squadra nella quale giocherà accanto al Pibe de Oro e a Juán Sebastián Verón.

"Quando Maradona mi chiamò a casa, quasi impazzivo. - racconterà Kily González - Diego mi chiese se per caso volevo venire al Boca per giocare con lui. Avevo 20 anni e sono corso a firmare con il Boca".

Fin dai suoi primi giorni da giocatore Xeneizes, Kily González ha l'opportunità di conoscere Maradona.

"El Grafico mi chiese se mi avrebbe fatto piacere finire in copertina assieme a Diego. 'Facciamo un comunicato'. E allora Diego mi disse: 'Calmati Kilyto, aspetta'. Volevo andare a Rosario per dire a mia madre che sarei stato sulla copertina di 'El Grafico'. Allora decisi di prendere un autobus ma sempre Diego mi disse: 'Come fai ad andare in autobus? Domani ti presterò un auto e andrai a Rosario con quella' ".

"Diego allora mi portò a casa sua, dove c'era un ragazzo di nome Germán. 'Germancito, prepara un auto per Kily', gli disse. Mi regalò una BMW 325 verde con gli interni color crema... Allora obiettai: 'Non hai una Renault 11? Non posso guidare questa, devo tornare nel mio quartiere... Ma Diego voleva che prendessi quella macchina. Ho imboccato l'autostrada, sono tornato a casa ed è andato tutto bene". 

Con il Boca Juniors Kily González milita per il solo anno 1995, collezionando 36 presenze e 3 goal. Nel 1996, infatti, l'ala argentina si trasferisce in Europa.

Boca Juniors 1995

DAL SARAGOZZA AL TOP CON IL VALENCIA

Il primo club europeo a metterlo sotto contratto è il Real Saragozza, che paga il cartellino 700 mila euro attuali. In terra aragonese Kily González cresce ulteriormente, collezionando in tre stagioni 90 presenze e 15 goal.

Un aneddoto curioso è legato ad una gara giocata al Camp Nou contro il Barcellona il 23 febbraio 1997.

"Entro in campo con i miei compagni e sento i due centrali che parlano: 'Certo 2-0 sarebbe un buon risultato...'. - racconta a 'TNT Sport' - Io li guardo e gli dico: '2-0? Vinciamo noi 2-0!'. Il problema è che con quel Barcellona giocavano Stoichkov, Guardiola, Rivaldo, Giovanni, Figo, e Ronaldo. Comincia la partita, battiamo noi e ci rubano il pallone. Eravamo spaventatissimi. Guardiola prende il pallone, guarda davanti e pum, lancia a Stoichkov. Stoichkov controlla e la dà indietro, si inserisce Ronaldo ed è 1-0. Tutto in trenta secondi!".

Quella gara finirà 4-1 per i blaugrana e darà all'esterno argentino un importante insegnamento.

"Cercavo di far fallo a Guardiola e non ci riuscivo. - rivelerà Kily - Ma una volta mi atterra lui e mi fa: 'Smettila di picchiare e gioca! Sprechi energie per dare calci invece che per giocare a calcio'. E poi si batte e sul petto e mi dice 'Dai, su, vieni'. Io tra me e me dicevo 'Mi sta parlando Guardiola'. Quindi mi sono calmato. Volevo dargli un bacio...". 

I due si ritroveranno l'uno di fronte all'altro in un' Argentina-Spagna. 

"Dovevo fare in modo che non gli arrivassero palloni. - spiega il giocatore argentino - Quando però lo prendeva lo pressavo senza fargli fallo, e lui era costretto a passarla. Allora mi disse: 'Come sei cambiato...' ".

Con la sua propensione offensiva riesce così a mettersi in mostra in un campionato importante come La Liga spagnola, guadagnandosi le attenzioni del Valencia.

Kily Gonzalez Roy Keane Valencia Manchester United Champions League 02142001Getty Images

I Pipistrelli spendono per lui 2 milioni e mezzo di euro e se lo assicurano nel 1999. A volerlo fortemente è Hector Cuper, tecnico argentino suo connazionale. Al Valencia diventa presto una pedina fondamentale della squadra. Le sue qualità offensive e la garra sudamericana che garantisce sempre ogni volta che viene schierato in campo lo rendono presto un beniamino dei suoi nuovi tifosi.

Gioca a sinistra o a destra con piede invertito, e, quando occorre, persino da interno di centrocampo, mostrando anche una grande duttilità tattica. Nei primi due anni, la squadra è protagonista in patria con un 3° e 5° posto finali nella Liga, e soprattutto in Champions League, raggiungendo per due anni di seguito la finale. 

In entrambi i casi, però, i giocatori di Cuper sono sconfitti ad un passo dalla gloria, prima dal Real Madrid, poi dal Bayern Monaco ai calci di rigore. Nel 1999 conquista comunque il primo trofeo della sua carriera, la Supercoppa di Spagna, pur senza scendere in campo nella gara vinta 1-0 contro il Barcellona grazie ad una rete di Claudio López. Dal 2001/02 la gestione tecnica è affidata a  Rafa Benítez. 

Nonostante un infortunio lo costringa a saltare la prima parte della stagione 2001/02, il giocatore argentino dà il suo apporto nella conquista del titolo spagnolo dopo 31 anni di digiuno con 22 presenze e 3 reti. Gli infortuni iniziano a diventare frequenti e a minarne l'integrità fisica: così nel 2002/03 Kily riesce a giocare appena 13 partite, di cui 9 subentrando dalla panchina. 

Il ruolo di comprimario però non gli piace, e così, nell' estate 2003, prima rescinde il suo contratto con il Valencia e una permanenza di 4 anni con 136 presenze e 14 goal, poi lascia la Spagna per accordarsi con l'Inter e approdare in Serie A.

L'ESPERIENZA ALL'INTER: INFORTUNI E SUCCESSI

A caldeggiare l'arrivo di Kily González in nerazzurro è ancora una volta Hector Cuper, l'allenatore cui l'ala argentina aveva legato i suoi anni professionalmente più belli in Europa. Quest'ultimo ha necessità di rinnovo della rosa, e pensa che con degli esterni nuovi e di qualità si possano sfruttare al meglio le doti da finalizzatore di Christian Vieri. Con lui infatti, che è ingaggiato a costo zero, arrivano anche l'olandese Andy Van Der Meyde dall'Ajax e dal Lione il terzino Jeremy Brechet.

"Vieri è un goleador ed è un simbolo dell'Inter, - dichiara l'argentino nel giorno della sua presentazione ufficiale, il 26 agosto 2003 - spero ora di farlo segnare tanto con i miei assist". 

L' esordio nel campionato di Serie A arriva il 31 agosto 2003, nel successo per 2-0 dei nerazzurri al Meazza contro il Modena. Nel derby del 5 ottobre è ricordato il suo duello spigoloso con il brasiliano Kakà, appena arrivato in rossonero e grande protagonista di quella stracittadina, in cui segnerà la prima rete della sua esperienza milanese. L'eccessiva irruenza costerà invece al giocatore argentino il cartellino giallo.

Dopo i risultati deludenti del primo mese e mezzo, però, il presidente Massimo Moratti solleva Cuper dall'incarico, e, dopo un breve interregno di Corrado Verdelli, affida la guida tecnica della squadra ad Alberto Zaccheroni. Kily González garantisce sempre il suo impegno in campo, anche se le prestazioni sono inferiori agli altissimi livelli di gioco che aveva mostrato a Valencia e la sua promessa di sfornare tanti assist a Vieri nonviene mantenuta. 

Nel 2004 arriva in panchina Roberto Mancini, e Kily González, che deve combattere continuamente con i problemi fisici, trova poco spazio. Alle 21 presenze in campionato del primo anno a Milano ne seguono così 14 il secondo e 16 il terzo, quanto basta per fargli vincere 2 Coppe Italia (entrambe superando in una doppia finale la Roma), la Supercoppa italiana 2005, battendo ai supplementari la Juventus, e lo Scudetto 2005/06, che sarà assegnato ai nerazzurri dopo lo scandalo di Calciopoli.

Kily Gonzalez Ricardo Kaka Serie A 10052003Getty Images

CAMPIONE OLIMPICO CON L'ARGENTINA

Nella sua carriera calcistica Kily González ha militato anche nelle fila della Nazionale argentina, sia nella Rappresentativa Olimpica, sia nella Nazionale maggiore. Debutta a soli 21 anni, l'8 novembre 1995, in un Superclasico contro il Brasile, partita amichevole che vede la Selección uscire dal campo sconfitta per 1-0, e ci resta per ben 10 anni.

Con la divisa dell'Albiceleste partecipa alla Copa America 1999 e 2004, quest'ultima persa in finale con i verdeoro, in cui segna anche un goal su rigore, e ai Mondiali 2002 in Corea e Giappone, in cui la Selección è eliminata già nella fase a gironi.

L'esperienza più bella è allora per lui quella alle Olimpiadi di Atene nel 2004:  sotto la guida di Marcelo Bielsa, rosarino come lui, ma fedelissimo del Newell's Old Boys, vince la medaglia d'oro battendo 1-0 in finale con i suoi compagni il Paraguay il 28 agosto 2004.

Rosario Central - Newell's - Cristian Kily Gonzalez 10292006Foto Baires

GLI ULTIMI ANNI E IL RITIRO

Chiusa la sua esperienza interista con 75 presenze in tre stagioni, Kily Gonzalez torna in patria per giocare altre 4 stagioni con il Rosario Central, la squadra del suo cuore, e una stagione con il San Lorenzo de Almagro (32 presenze).

Nel 2011, dopo aver totalizzato 150 presenze e 21 reti con la divisa delle Canaglie, decide di appendere gli scarpini al chiodo e di ritirarsi all'età di 35 anni anche a causa di un grave infortunio al ginocchio, la rottura del legamento crociato. 

LA DEPRESSIONE E IL RITORNO NEL CALCIO

La separazione dal calcio giocato è dolorosa per Kily González. L'ex giocatore dell'Inter cade in depressione. Riesce però a rialzarsi e a tornare anche nel suo mondo: studia da allenatore e  guida dapprima, nel 2018/19 la squadra B, quindi dal 2020 al marzo 2022, la Prima squadra del Rosario Central, il club della sua città di cui è considerato un simbolo.

In mezzo anche una suggestiva ipotesi di ritorno in campo, nell'agosto 2014, a 40 anni, con il Crucero del Norte, compagine di Posadas, città dell'Argentina Nord-Orientale, che gioca in Serie B. Alla fine non se ne farà nulla.

Cristian Kily Gonzalez DT Rosario CentralCaptura

"Nel momento in cui sono stato costretto a ritirarmi sono stati anni difficili, neri. - racconterà a 'La Nación' - Anni in cui non potevo accettare il ritiro, come avevo lasciato la mia squadra. È durato per quattro anni. Avevo la barba lunga, sembrava quella di un naufrago, molti giorni non volevo neanche alzarmi dal letto. Mi addormentavo alle 4 e mi svegliavo il giorno dopo a mezzogiorno, un disastro. Ho smesso di giocare e ho iniziato in automatico a lasciarmi andare, come se volessi punirmi".

"C'è stato un momento in cui ero arrabbiato con il mondo intero, - ha rivelato - me la sono presa con chi mi era accanto. Sono arrivato ad odiare il calcio, non riuscivo neanche a guardare le partite del Rosario. Dopo tre anni mi ha dato una mano iniziare a fare boxe perché ho liberato la mia rabbia".

Il periodo buio della vita dell'ex nerazzurro, sembra tuttavia fortunatamente alle spalle:

"Adesso va molto meglio - assicura - perché da allenatore sono impegnato, impegnare il tempo è un problema per un ex giocatore. Mi sono rifiutato di affidarmi ad uno psicologo, il tempo mi ha aiutato ad accettare tutto. Avevo perso l'autostima".

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