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Blaise Matuidi Real Madrid JuventusGetty Images

Juventus, la prestazione di Madrid non inganni: serve ancora molto

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"La Juventus è come un drago a sette teste, gliene tagli una ma ne spunta sempre un'altra". Giovanni Trapattoni ha proprio ragione. E la sontuosa prestazione proposta al Bernabéu impreziosisce quanto di ottimo offerto dalla Juventus negli ultimi anni in campo europeo. Una crescita considerevole, supportata da due finali di Champions League (perse), e buone indicazioni nel breve e lungo termine.

Perché se tanto per cambiare ci ha pensato Cristiano Ronaldo a spezzare i sogni bianconeri, Madama nell'ultimo incontro con il Real Madrid ha dimostrato di essere una squadra quadrata e, soprattutto, dotata di grande carattere. Aspetto, quest'ultimo, che non sempre basta. Specialmente quando si gioca fuori dai confini nostrani. Eppure, con personalità e senza piangersi addosso, Massimiliano Allegri ha saputo portare la Juventus a un passo dai mostri sacri. Ora, per ottenere la consacrazione definitiva, manca esclusivamente l'ultimo tassello. Nonché il più importante: alzare un trofeo assente dalla bacheca zebrata dal 1996. Digiuno inaccettabile per un club così blasonato

Tuttavia, per fare la voce grossa occorrono risorse economiche importanti e idee lungimiranti. Qui, dal canto loro, l'ad Beppe Marotta e il ds Fabio Paratici hanno palesato in lungo e in largo la loro bravura, spalleggiati dalle linee guida di un presidente innovativo come Andrea Agnelli. Un trio che funziona perfettamente, e che nel tempo ha saputo plasmare diligentemente un organico competitivo per tutte le stagioni. Resta l'amaro in bocca, e non potrebbe essere altrimenti, per quanto accaduto nel doppio confronto con la squadra merengue. Tra una gara d'andata non all'altezza, e un ritorno da libro cuore. La verità, come spesso accade in queste situazioni, sta nel mezzo. Ragionando dal punto di vista tecnico, la Juventus è ancora parecchi gradini sotto il Real Madrid. E non sarà certamente una partita, perlopiù disputata in preda alla disperazione, a sovvertire le gerarchie.

Blaise Matuidi Real Madrid JuventusGetty

Anche perché, fino a quando Cristiano Ronaldo si divertirà a giganteggiare, pensare di fare la voce grossa può rasentare l'utopia. Detto ciò, pur non avendo la stessa disponibilità finanziaria dei campioni del Mondo in carica, a Torino possono pensare concretamente di abbassare il divario. Rinforzando, principalmente, il centrocampo. Perché negli altri reparti, seppur non creando il vuoto, le cose procedono nel migliore dei modi, in mezzo al rettangolo di gioco invece vanno fatte poche cose ma mirate.

Prima di tutto c'è da aspettare la risposta di Emre Can, il quale si appresta a lasciare il Liverpool e con la Juventus detiene un accordo verbale; che può significare tutto e niente, dal momento che non c'è ancora la firma. Qualora Marotta e Paratici dovessero assicurarsi questo innesto – a parametro zero – il settore assumerebbe automaticamente un'altra valenza. Poi, a fare da contorno, dentro anche una mezz'ala capace di inserirsi con frequenza. E, in tal senso, Lorenzo Pellegrini della Roma resta il grande favorito.

Inevitabile, come da usanza annuale, una cessione di lustro. L'indiziato numero uno rimane Alex Sandro, poco allettato dalla prospettiva di rinnovare il contratto in scadenza nel 2020, pronto a esaminare eventuali offerte. In estate ci ha provato seriamente il Chelsea, a stretto giro di posta potrebbero inserirsi Paris Saint-Germain e Manchester City. Mentre, blindando la porta a tripla mandata, su Paulo Dybala e Miralem Pjanic la sensazione è che la Juventus non se voglia privare per nulla al mondo. Ovviamente, come da politica consolidata, eventuali richieste di cessione cambierebbero l'intero quadro. Ma questa è un'altra storia.

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