Fallimento. È vero, dietro questo sostantivo può esserci un mondo dietro, ma calibrato nel gergo calcistico non è che si possano dare troppe interpretazioni. Ce n’è una, schietta e inesorabile, che fotografa alla perfezione il cammino della Juventus nella Champions League corrente. Bianconeri a casa ai gironi, ciò non capitava dalla stagione 2013-14, quando alla guida della Vecchia Signora c’era Antonio Conte e la spedizione zebrata veniva fermata dal campo impraticabile del Galatasaray.
Oggi, però, zero alibi: per tutti. Passano PSG e Benfica, ovvero le squadre che hanno letteralmente dominato il gruppo H. Alla Juve e al Maccabi Haifa resta l’ultimo atto – decisivo – per capire se sarà Europa League o giovedì sul divano. Piano B, pertanto, che non può minimamente alleviare l’amarezza juventina.
Un danno sportivo, sì, ma anche economico. La Juve si appresta a chiudere la sua esperienza in Champions guadagnando complessivamente poco più di 53 milioni: 2 legati al market pool, 33 di ranking, quasi 3 di risultati (in attesa del match con il PSG) e 15,6 da associare alla partecipazione. Ne mancheranno 15 per il mancato passaggio agli ottavi, con annesso botteghino dalle grandi orecchie. Insomma, non bene. Soprattutto considerando come le società, più grandi e quindi più impattate, stiano provando faticosamente a risollevarsi dai danni creati dal Covid.
E sebbene il tifoso contabile stia diventando sempre più una moda, la mestizia del supporter medio – com’è giusto che sia – mette nel mirino esclusivamente il risultato. Juve a casa, stop. E ora, inevitabilmente, è tempo di processi. Per Max Allegri, alle prese con un 2.0 sempre più difficile. Ma in generale per un club in difficoltà. Dai (quasi) sogni Berlino 2015 e Cardiff 2017, a tre eliminazioni di fila agli ottavi. Passando, dunque, per il verdetto impietoso di Lisbona.
È chiaro che collegare il disastro unicamente alla figura di Allegri assomigli molto a un esercizio scontato ma miope. Perché se finora la guida tecnica ci ha capito ben poco, non è che gli altri 80-90 uomini stiano brillando per produttività e lungimiranza. In sostanza, un disastro che abbraccia interamente il gruppo squadra ma anche quello dirigente.
Regressione, netta ed esplicita, da analizzare accuratamente presso le stanze segrete. La Juve ha attualmente tanti problemi e poche soluzioni, specialmente tenendo conto come le ultime scelte – vedi anche quelle effettuate sul mercato – non stiano sorridendo. Eufemismo.
Cosa resta ai bianconeri? L’umore sotto i tacchi e l’ennesima reazione da dover sferrare per provare a cambiare rotta. Un tremendissimo percorso a ostacoli, che mette a nudo tutte le fragilità di una società chiamata a rivedere drasticamente progetto e protagonisti.
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