
Un talento indiscutibile, emerso chiaramente nelle Giovanili di Ajax prima e Barcellona poi. Le prime gare da professionista che sembrano confermare con prestazioni e giudizi lusinghieri le sue qualità tecniche. Poi arrivano gli infortuni, gli occhi del Mondo addosso, quel cognome che diventa così pesante da essere a tratti soffocante e troppo impegnativo.
Jordi Cruijff, che pure farà una discreta carriera giocando anche nel Manchester United e arrivando in finale di Coppa UEFA con l'Alavés, non riuscirà a rispettare appieno le grandi aspettative riposte nei suoi confronti. Veste anche la maglia dell'Olanda, giocando anche per quella Catalogna dove è cresciuto e di cui ha sposato gli ideali.
JORDI, L'EREDE DI JOHAN
Jordi Cruijff nasce ad Amsterdam il 9 febbraio 1974. Quando papà Johan, che gioca nel Barcellona, si presente all'anagrafe del capoluogo catalano e chiede di registrare suo figlio con il nome di San Giorgio, patrono della Catalogna, la cui croce campeggia in alto nello stemma del club, i funzionari gli rispondono che non è possibile. Siamo infatti in pieno regime franchista, con il castigliano come unica lingua ammessa e insegnata, e tutte le altre in stato di clandestinità.
"Se vuole, può cambiarlo in Jorge, - gli dicono - è l’unica variante che possiamo accettare".
In barba alla politica linguistica del regime, tuttavia, il campione olandese insiste.
"Questi sono i documenti olandesi, con il nome Jordi, che vi piaccia o no. Fatevi una fotocopia. Se le persone mi dicono che non possono fare qualcosa, voglio almeno che sia giusto".
Alla fine, dopo che i funzionari sentono il loro superiore, è Cruijff ad averla vinta. Suo figlio di chiamerà proprio Jordi. È il terzogenito e l'unico maschio del campione olandese e di mamma Danny, cui sarà sempre molto legato. Più grandi di lui le sue due sorelle Chantal (1970) e Susila (1972).
La famiglia Cruijff vive a Barcellona, perché in quel periodo Johan è la stella dei blaugrana che, appena 8 giorni dopo la nascita di Jordi, distrugge per 5-0 al Bernabeu i rivali del Real Madrid in un Clasico passato alla storia e che, secondo alcuni, segna addirittura l'inizio della fine del Franchismo.
Il trascinatore dei catalani è naturalmente Johan, che segna anche un goal e lo dedica al piccoli Jordi. Dopo quella prestazione i catalani ribattezzano l'olandese 'El Salvador', perché, scrive il 'New York Times', "per lo spirito della nazione catalana, ha fatto più lui in quei 90 minuti che tanti politici prima di lui".
Jordi cresce in questo clima e, come è naturale che sia, impara a parlare prima il catalano dell'olandese.
"Credo che dandomi questo nome, mio padre abbia voluto ringraziare i catalani per l’accoglienza che gli avevano riservato. - dirà - Che io sia nato in Olanda è dovuto solo al fatto che mia madre voleva partorire nello stesso ospedale in cui sono nate le mie sorelle, ma dopo la nascita mi hanno immediatamente portato a Barcellona e ho sempre la sensazione che quello sia il mio luogo natale. La Catalogna mi ha dato le mie radici e questo è qualcosa che ho sempre sentito".
GettyGLI ESORDI E L'ASSIST IN CHAMPIONS
Jordi segue gli spostamenti del padre nella sua carriera e quando Johan fa ritorno in Olanda e all'Ajax nel 1981, entra a far parte delle Giovanili dei Lancieri. Il ragazzo ci resta 7 anni, poi, quando papà torna a Barcellona nelle vesti di allenatore, lui entra a far parte della Masia. È il 1988, e l'erede del grande campione ha appena 14 anni.
Ma il giovane olandese, in possesso naturalmente anche del passaporto spagnolo, si rivela come un grande talento. Non avrà le qualità fisiche e i mezzi acrobatici di papà, ma certamente è molto dotato tecnicamente, e vede piuttosto bene la porta.
Così Jordi scala rapidamente le varie categorie e dopo essersi distinto nel Barcellona B, nel 1994 può coronare il sogno di debuttare con la maglia della Prima squadra, allenato da suo papà. Lo fa in alcune amichevoli giocate in estate in terra olandese contro Groningen e De Graafschap, gare in cui segna addirittura due triplette.
Sempre sotto la guida di suo padre, il 4 settembre 1994 fa l'esordio ufficiale nella Liga nella vittoria per 2-1 dei catalani contro lo Sporting Gijón. Sembra l'inizio di una grande carriera, tanto più che il 14 settembre fa il suo esordio anche in Champions League e il 2 novembre sforna un assist per il goal di Stoichkov nella sfida del Camp Nou contro il Manchester United.
Il campionato per il ventenne Jordi è molto positivo, e lo vede giocare prevalentemente da trequartista e segnare ben 9 reti in 28 presenze. Dimostra qualità e sa farsi valere anche sui colpi di testa. Ma la prima stagione sarà anche la migliore della carriera dell'erede di Johan. Quell'anno vince soltanto la Supercoppa di Spagna, mentre nel secondo, il 1995/96, ha meno spazio e totalizza 13 presenze e 2 goal nella Liga.
Non è semplcie per lui dover dimostrare di essere al Barcellona per meriti propri, e non per essere il figlio di Johan. A fine stagione, il 18 maggio 1996, suo papà e il Barcellona si separano, così anche Jordi capisce che è giunto il momento di andar via dalla terra che ama.
DUE NAZIONALI: L'OLANDA E LA CATALOGNA
Nel periodo in cui Jordi milita nel Barcellona, si aprono per lui anche le porte della Nazionale olandese. Il Ct. degli Arancioni, Guus Hiddink, visto il buon rendimento avuto dal figlio d'arte con i catalani, lo chiama per alcune amichevoli pre-Euro '96 e lo conferma nella rosa per il torneo inglese.
Cruijff gioca tutte e 4 le gare dell'Olanda, segnando anche l'unica rete con gli Arancioni nella sfida del girone vinta 2-0 contro la Svizzera. La sua esperienza in Nazionale è molto breve, e si esaurisce nell'ottobre dello stesso anno, quando Jordi colleziona l'ultima presenza con il Galles nel match di qualificazione a Francia '98. È uno degli unici tre calciatori ad aver giocato nella Nazionale olandese senza mai aver militato nell'Eredivisie, assieme a Rob Reekers e Willy Lippens.
Ma Cruijff accetta di buon grado di rispondere anche alle convocazioni della Selezione catalana.
ProShotsJORDI IN PREMIER: DAL BUON IMPATTO AGLI INFORTUNI
Alex Ferguson, futuro Sir e manager dei Red Devils, si ricorda della bella prestazione che Jordi aveva fatto in Champions League contro i Red Devils e decide quindi di offrirgli un'occasione per giocare in Premier League. Gli inglesi ne rilevano il cartellino per 2 milioni e mezzo di euro.
Jordi è entusiasta e l'impatto con il mondo britannico è per lui molto positivo. Pur non giocando tantissimo, il tecnico scozzese gli concede il suo spazio e lui lo ripaga con 23 presenze e 3 goal nel 1996/97. Poi si mette di mezzo il fato, sotto forma di un brutto infortunio al ginocchio che ne condizionerà il proseguo della sua carriera.
Rientra dopo alcuni mesi di assenza, ma ha perso quella brillantezza che aveva in gioventù. Rimane allo United fino alla stagione 1999/00, con una parentesi di 6 mesi in prestito al Celta Vigo da gennaio a giugno 1999, dopo una prima parte del 1998 che sfuma via per un altro infortunio. stavolta alla caviglia. Quando saluta i Red Devils sono 55 le presenze e 8 i goal di Jordi con i rossoneri di Manchester, con cui vince 3 Premier League,2 Charity Shield e la Coppa Intercontinentale del 1999.
Di lui Ryan Giggs dirà:
"Tecnicamente è il miglior giocatore che io abbia visto a Manchester".
GettyGLI ULTIMI ANNI E L'IMPRESA CON L'ALAVÉS
Benché Jordi Cruijff non riuscirà più ad avere gli standard di rendimento degli esordi con il Barcellona, tornato in Spagna, con la maglia dell'Alavés ritrova una buona continuità di prestazioni. Con la formazione basca gioca per 3 stagioni, totalizzando 11 goal in 107 partite fra Liga e Coppa UEFA.
Memorabile, in maglia biancazzurra, è la cavalcata fino alla finale di Coppa UEFA nel 2000/01. I baschi, superati i primi due turni, eliminano il Rosenborg ai sedicesimi, poi l'Inter di Tardelli agli ottavi di finale. Fra i protagonisti del doppio match con i nerazzurri c'è anche Cruijff, che sigla l'1-0 per gli ospiti, dopo il 3-3 dell'andata, prima che Tomic fissi il risultato sullo 0-2 ospite.
Successivamente gli spagnoli battono il Rayo Vallecano nel derby spagnolo e i tedeschi del Kaiserslautern in semifinale, guadagnandosi l'accesso alla finalissima del Westfalenstadion di Dortmund. In tribuna a vederlo ci sono anche papà Johan e mamma Danny. La partita, che oppone i baschi al Liverpool, è entusiasmante. E Jordi realizza il goal molto pesante del 4-4, che fa sì che tutto si decida ai supplementari, dove un'autorete regalerà la vittoria agli inglesi.
Jordi giocherà ancora con l'Espanyol, il Metalhurst Donetsk e La Valletta, ritirandosi nel 2010 all'età di 36 anni. Dopo aver fatto il dirigente con AEK Larnaca e Maccabi Tel Aviv, inizia la sua avventura da allenatore proprio con la formazione israeliana nel 2017.
Successivamente nel 2018, guida i cinesi del Chongqing Lifan. Ottiene un 9ª posto nella Chinese Super League, prima di essere esonerato nel dicembre 2019. Nel 2020 fa alcuni mesi come Ct. dell'Ecuador, prima di tornare in Cina nel giugno seguente, prendendo la guida dello Shenzhen. Oggi invece è rientrato al Barcellona di cui è direttore sportivo.
Proverà a togliersi da dirigente le soddisfazioni che da giocatore ha saputo conseguire soltanto parzialmente. Colpa di quel cognome ingombrante, Cruijff, che ha finito per lui per rappresentare un peso troppo grande.
