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Jeda Capucho Neves, il brasiliano d'Italia: dalla Serie A ai campi dei Dilettanti fino a 41 anni

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È nato brasiliano, ma nella sua lunga permanenza in Italia ha acquisito nel 2009 anche la cittadinanza italiana.Jeda Capucho Neves, per tutti semplicemente Jeda, può essere definito con ragionevolezza un brasiliano atipico: partito dal Sudamerica molto giovane, ha trovato nell'Italia la sua seconda patria, tanto da girarla praticamente tutta da Nord a Sud, innamorarsene e restarci.

La sua lunga carriera può essere suddivisa in due parti: la prima che lo ha visto grande protagonista come calciatore professionista fra Serie A e Serie B, la seconda, invece, saggiare le categorie minori dei Dilettanti, divertendosi con lo stesso spirito da innamorato del pallone che lo ha sempre caratterizzato pur in piccoli palcoscenici. Esempio di grande longevità, ha giocato fino a 41 anni, e quella del 2020/21 con il Muggiò, nel campionato di Promozione lombardo, interrotta precocemente dopo poche gare a causa della pandemia, è stata la sua ultima esperienza.

DAL BRASILE AL VICENZA GRAZIE AL VIAREGGIO

Jeda nasce a Santarém, in Amazzonia, il 15 aprile 1979. Fin da ragazzo dimostra una grande determinazione, propria dei nati sotto il segno dell'Ariete, e per coronare il suo sogno di diventare un calciatore professionista, si trasferisce nello Stato di San Paolo. Lo ha raccontato in esclusiva ai microfoni di GOAL.

"Dopo aver iniziato a giocare a Santarém, la mia città, nel Nord del Paese, mi sono trasferito nell'União San João - racconta - la squadra della città di Araras, che dista dove qualche anno prima era esploso Roberto Carlos e che storicamente ha visto crescere giocatori importanti per il calcio brasiliano e che si trova a circa Purtroppo ho vissuto poco la mia vita calcistica in Brasile. L'ultimo anno, prima di essere dato in prestito al Campinas per un mese e mezzo per fare il Torneo di Viareggio, ho giocato in Serie B brasiliana e il campionato paulista. Ma è stato un periodo breve: rientrato dall'Italia ho finito il campionato paulista, ma ero stato adocchiato dal Vicenza, che mi ha portato in Italia".

Jeda ha solo 21 anni quando arriva nella penisola ed è vittima di una truffa riguardante il suo passaporto, che viene spacciato come comunitario pur non essendolo. Dopo aver totalizzato 11 presenze e un goal, il suo primo in Serie A, segnato il 22 aprile 2001 a Roma contro la Lazio, deve così stare fermo per sei mesi in quanto viene squalificato per lo scandalo riguardante diversi giocatori stranieri tesserati da club italiani.

"Sono stato un ingenuo, ero il classico ragazzo di campagna acqua e sapone. Non ero in grado di capire cerchi meccanismi, ero una persona semplice e mi affidavo ad altre persone. Sono stato raggirato. La squalifica di 6 mesi ha scombussolato un po' l'inizio della mia avventura, ma grazie al Vicenza, che ha capito la mia posizione e mi ha sostenuto. Devo ringraziarlo ancora oggi perché il club è stato sempre dalla mia parte".

"Certe squadre le vedevo solo in televisione. Trovarmi a giocare in stadi come l'Olimpico o il Meazza era un'emozione unica per me. Il campionato italiano, poi, era il meglio che esprimeva il calcio europeo, e i calciatori più importanti erano in Italia. Giocare con certi giocatori è stata una fortuna per me. Retrocessi in B con il Vicenza, arrivarono giocatori di categoria e con Fascetti non giocavo quasi mai. Di fatto avevo perso altri sei mesi, e ho spinto con la società per andare in prestito a giocare".

"Il Vicenza mi ha mandato in prestito al Siena.Una bellissima esperienza. La squadra era retrocessa quasi in C, ma siamo riusciti a salvarci. RIcordo che fra i giocatori c'erano Maurizio Rossi e Zampagna. Per me è stato un anno importante, che mi ha fatto maturare molto".

Jeda Paolo Montero Vicenza Juventus Serie A 2001Getty Images

TANTI ANNI DI SERIE B: LA LUNGA GAVETTA

Per l'attaccante brasiliano, che in Toscana segna 4 goal, si profila una gavetta in Serie B. Tornato a Vicenza, disputa altre due buone stagioni, chiudendo l'avventura in biancorosso nel gennaio 2004 dopo 17 goal in 81 presenze totali, prima di iniziare un lungo girovagare con diverse squadre.

"A volte non capivo il mio procuratore, per me avrebbe potuto fare di più per valorizzarmi. Visto che non c'erano possibilità in Serie A ho deciso di dimostrare il mio valore in Serie B. Non era un problema di categoria, io volevo giocare".

"Ero già d'accordo per rimanere a Siena rinnovando il prestito e giocando titolare, invece il Vicenza mi riprese e mi dichiarò incedibile perché puntava su di me. Io ero contento, la società si era ricreduta. Era una squadra forte con grandi giocatori e mister Mandorlini in panchina, purtroppo non siamo saliti, mentre il Siena andò a sorpresa in Serie A. Per me fu una piccola beffa".

"Arrivarono gli inglesi e c'era un problema economico. Io avevo un contratto molto basso, chiesi di migliorarlo un po'. In panchina arrivò Iachini, eravamo una squadra giovane con l'obiettivo di salvarci. Mi sono trovato bene col mister, una persona speciale per me, mi ha aiutato tantissimo e c'era un bel legame. Ho dato l'anima per il Vicenza, ma a metà anno c'era bisogno di far cassa e mi hanno ceduto in comproprietà al Palermo".

"Sono andato volentieri in Sicilia, - assicura Jeda - i rosanero avevano fatto uno squadrone per andare in Serie A. Dissi: 'Sarà bello giocare per la promozione'. Mi era dispiaciuto però lasciare la squadra a metà stagione".

A Palermo Jeda segna 3 goal in 17 partite e contribuisce al salto di categoria. L'anno successivo, tuttavia, ancora una volta non è confermato e deve tornare in B. È il 2004/05 e il brasiliano fa tappa al Piacenza.

"In Sicilia non c'era possibilità di restare e andai nella squadra biancorossa, dove mi aspettava Iachini. Purtroppo lì le cose non sono andate benissimo, ho avuto una grave distorsione alla caviglia e anche quando sono tornato non stavo bene. I tifosi mi contestavano, perché il mister mi faceva comunque giocare, non mi piaceva che se la prendessero con lui e chiesi di andare via. A gennaio arrivò il Catania e sono tornato con piacere in Sicilia".

Con la maglia rossazzurra Jeda segna 6 reti in 19 presenze nella seconda parte della stagione, rilanciandosi. La tappa successiva è il Crotone di Gasperini, con cui la punta disputa un gran campionato, segnando 15 reti e giocando tutte le 42 partite del torneo 2005/06.

"L'esperienza con gli etnei è stata molto positiva, ho ripreso a giocare bene. Sarei voluto rimanere, ma metà cartellino era del Vicenza e così sono dovuto tornare a Vicenza, che era retrocesso in Serie C, salvo poi essere ripescato. Io ho fatto il ritiro con loro ma non volevo restare perché la situazione societaria non era buona. Quasi a fine mercato si è proposto il Crotone, guidato da Gasperini e ho accettato di trasferirmi in Calabria".

"All'inizio, dico la verità, era un martello pneumatico e lo trovavo un po' strano. Passato un mese cambiai idea e ho detto: 'Questo è bravo'. Andò molto bene, feci 42 partite con 15 goal, la mia miglior stagione in B. Il mister mi fece fare un balzo in avanti importanti, alzando l'asticella. Mi ha dato soprattutto consapevolezza nei miei mezzi e maggiore personalità".

Jeda Marco Marchionni Alessandro Birindelli Rimini Juventus Serie BGetty Images

Non c'è pace però nel tourbillon continuo della carriera di Jeda, che nell'estate 2006 cambia ancora maglia, finendo all'ambizioso Rimini.

"Il Crotone mi riscattò ma nonostante il bel campionato le squadre di Serie A non si fecero avanti. C'erano squadre di B interessate, fui molto vicino al Modena e al Bologna. Poi il mio procuratore mi chiamò e mi disse dell'offerta del Rimini. I romagnoli pagarono il cartellino ed io il giorno dopo firmai il contratto. Mi aveva richiesto il presidente Vincenzo Bellavista, un grande presidente, fra i migliori che ho avuto, che dava l'anima per la squadra".

"In Romagna ho trovato l'ambiente perfetto. Giocammo un campionato 2006/07, in cui c'erano squadroni come Juventus e Napoli, straordinario. Rispetto ad oggi ti accorgevi che c'erano nei club tante persone che avevano respirato calcio e trasmettevano passione alle squadre e ai giocatori. Nel primo anno ho fatto 13 goal fra Serie B e Coppa Italia, era una squadra molto buona: c'era già Ricchiutti, con lui Regonesi, Pagano, Cascione, anche Barusso, ai tempi semisconosciuto che poi si rivelò molto forte".

"Il primo anno fu molto positivo, ma trovammo gli squadroni con cui era impossibile competere. Ma è stato uno degli anni migliori della carriera, molto bello. Il secondo anno sono partito ancora meglio, a dicembre avevo già segnato 11 goal. Andavo a tremila. Mi ero posto l'obiettivo di dimostrare alle persone che ero un giocatore di un'altra categoria. Avevo voglia di emergere. Fino ad allora non c'era stato un club di Serie A che volesse puntare su di me".

IN SERIE A CON CAGLIARI, LECCE E NOVARA

A suo di goal Jeda attira l'attenzione di due importanti società come Cagliari e Bologna: saranno i rossoblù sardi alla fine a spuntarla, con tanto di suspense al momento della firma sul contratto.

"Quando Cellino mi chiamò, c'era il Bologna che era in Serie B e lottava per la promozione in Serie A, e il Cagliari che giocava in Serie A ma era ultimo e poteva finire in Serie B. Avevo due opzioni, ma la mia sensazione sul Cagliari era molto forte. Dissi a me stesso: 'Se vado a Cagliari posso lasciare il segno nella storia di questa società ed essere ricordato per sempre'. I soldi non sono tutto. Prima o poi finiscono". 

"Pagliuca parlò al 'Corriere dello Sport' e disse che se il Bologna mi prendeva sarebbe andato di sicuro in A. Il mio procuratore mi assicurò però che Cellino mi voleva. A un certo punto i sardi accelerano, Cellino dà un ultimatum, gli emiliani aspettano e non fanno un'offerta e il Rimini spinge per la decisione. Così scelsi Cagliari e la trattativa si chiuse".

"Sono andato a Milano col procuratore, una mattina molto presto. C'era Matteoli col Direttore Salerno, e aspettavano l'ok definitivo di Cellino. Ma il presidente non si era fatto più sentire, aveva il telefono spento. A un certo punto la trattativa sembrava saltata. Dissi sconsolato: 'Vabbè, io vado a dormire e domattina torno a Rimini'. Invece verso mezzanotte mi chiamano in stanza e mi dicono di scendere. Erano riusciti a parlare con Cellino... Chiudemmo la trattativa e il giorno dopo andai assieme a Marco Storari a Cagliari".

Jedaias Capucho NevesSocial

Jeda approda in Sardegna e vive tre anni da protagonista con 22 goal totali in 91 presenze, tre salvezze, fra cui una miracolosa con Ballardini, e un brillante 9° posto nel 2008/09 con Allegri. E il suo impatto è molto positivo.

"Volevo subito trasmettere fiducia ai miei nuovi compagni di squadra. Ho avuto un impatto molto positivo con i miei compagni. Ricordo quando andammo a salutare la squadra dentro il campo di Asseminello e mi era parso subito che la squadra avesse bisogno di entusiasmo. Non capivo come la squadra, che era valida, fosse ultima in classifica. La mia presenza, quella di Storari, poi quella di Cossu, sbloccò mentalmente il gruppo, perché per il resto non c'era bisogno di altro".

"Porterò per sempre una frase che mi ha detto Daniele Conti. Ad Assemini, fumando la sua classica sigaretta mi confidò: 'All'inizio non pensavo che tu fossi un giocatore che potessi dare qualcosa a questa squadra. Non avrei mai pensato che riuscissi a cambiare fisonomia alla squadra e ad essere così importante'. Penso sia stata una delle cose più belle che abbia mai sentito da un compagno di squadra".

"In B giocavo attaccante centrale, ma dissi al mister che potevo fare il trequartista. Ero molto determinato. C'era un po' di scetticismo, anche nei media, ma mi caricarono di più. Facemmo l'impresa, ci salvammo e quella squadra entrò nel cuore dei tifosi, che ancora oggi impazziscono per noi. C'era un alchimia incredibile fra noi. Dicevo ai giornalisti: 'Finché non sono retrocesso io sono convinto che ci salviamo' ".

Jeda NovaraGetty

L'avventura in Sardegna finisce dopo 3 anni, quando Jeda è ceduto al Lecce.

"Fui benvoluto dai compagni e anche dal presidente Cellino. Non è facile e non è da tutti. L'unico rimpianto è essere andato via troppo presto. Immaginavo di passare più anni in Sardegna, invece arrivò Bisoli in panchina e rovinò tutto quello che avevamo fatto. Potevo aspettare ma avevo paura di restare e non giocare. L'allenatore non mi apprezzava, non mi voleva e mi mandava in tribuna. Litigò con tutti i giocatori simbolo della Vecchia Guardia. Ruppe l'incantesimo che si era creato".

In Salento l'attaccante gioca due stagioni, intervallate da un anno in prestito a Novara, sempre in Serie A.

"Lecce era molto simile a Cagliari, c'era una buona società e un ambiente sereno. Il primo anno, quando ci salvammo, fu molto positivo. - ricorda -Ottenemmo la salvezza vincendo il Derby al San Nicola contro il Bari. Ci fu una grande festa, non c'era cosa migliore per i tifosi giallorossi. Dopo sono andato a Novara, un'esperienza bella ma non riuscimmo a salvarci. Torno in Puglia, ma la squadra è scesa in C per un illecito. Faccio anche un'altro anno da professionista con la Pergolettese in Seconda Divisione".

La sua carriera da professionista la chiude con 30 goal segnati in Serie A e 67 in Serie B, che lo rendono il secondo migliore marcatore straniero all-time del torneo cadetto dietro al 'Diablo' Pablo Granoche.

"Fra tutti i miei goal - dice - ce ne sono due che mi piacciono più degli altri a livello estetico. Quello contro la Juventus a Torino con Allegri il 31 gennaio 2009 e quello che ho segnato in casa contro Fiorentina il primo anno a Cagliari. Ma quello con il Napoli, in cui pareggiammo 3-3, il 12 dicembre 2009, mi ha dato un'emozione unica: cross dalla sinistra di Lazzari e mio colpo di testa vincente. Ero entrato soltanto da pochi secondi, la prima palla che toccavo. Io non ero uno che si faceva trasportare molto nelle esultanze, ma in quell'occasione mi lasciai andare".

Jeda Lecce Serie AGettty Images

LA LUNGA AVVENTURA FRA I DILETTANTI

La seconda metà della carriera vede Jeda protagonista per diverse stagioni con i Dilettanti, con cui gira un po' tutta la penisola: Aqui, Nuorese, Potenza, Casarano, Seregno, Vimarcatese Oreno, con cui fa anche la prima esperienza da allenatore. Negli ultimi due anni ha giocato a Muggiò, in Lombardia. Prima di ritirarsi e accomodarsi definitivamente in panchina.

"In questo periodo travagliato col Covid sono stato al Muggiò, squadra di Promozione lombarda vicino a casa mia. - racconta - Ho giocato due stagioni, abbiamo fatto 3 partite ma poi a causa del Covid si è fermato tutto. Io oltre a giocare ho fatto il Direttore tecnico dell'Academy. Mi era tornato un grande entusiasmo e una voglia forte di continuare a giocare. Mi sono preparato bene ma è stato tutto complicato. Con l'età che avanza fermarsi di continuo non è il massimo. Per cui lascio e cedo il compito ai più giovani". 

Per il futuro il sogno è quello di riuscire ad affermarsi come allenatore, ma Jeda, che ha sempre preferito fare un passo alla volta, non vuole per ora sbilanciarsi.

"Sicuramente vorrei restare nel calcio, ma è sempre difficile fissare un vero obiettivo. Avendo preso il patentino UEFA B mi piacerebbe continuare l'esperienza da allenatore e vedere se sono in grado di farlo. Uno può avere la voglia ma devono incastrarsi una serie di cose. Quando ho allenato a Vimercate sono due Mondi completamente diversi. Ma l'esperienza mi è piaciuta molto e mi ha fatto capire la differenza. Così mi piacerebbe proseguire in quella direzione, aspettiamo che la situazione della pandemia migliori".

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