
"Benzema il più forte attaccante francese? Mi è sempre piaciuto Karim, appena lo vedi giocare, senti che ha qualcosa in più degli altri... Per me però il più grande è stato Bernard Lacombe. È l'immagine dei centravanti di questo Paese, l'emblema dei club in cui ha giocato, Lione e Bordeaux. E al secondo posto ci sono io, che non avevo lo stesso modo di giocare di Bernard, che era più simile a Gerd Müller, ma ho proposto uno stile diverso di centravanti" .
Con queste parole, rilasciate il 29 dicembre 2020 a 'L'Equipe', che ha lanciato il sondaggio su chi sia stato il più forte attaccante della storia del calcio francese, Jean-Pierre Papin si autoclassifica al 2° posto assoluto dietro a Bernard Lacombe. Dimostrando ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che in fatto di autostima e convinzione dei propri mezzi il centravanti non si è mai sentito secondo a nessuno.
Se Cristiano Ronaldo è noto universalmente come CR7, l'attaccante transalpino, molto prima del portoghese, sarò conosciuto ovunque con un altro acronimo, JPP. Dopo Kopa e Platini, e prima di Zidane, è stato il 3° francese a vincere il Pallone d'Oro nel suo anno magico, il 1991.
Bomber implacabile in area di rigore, coraggioso e abilissimo a liberarsi della marcatura dei difensori avversari, Papin era capace di guizzi da opportunista ma anche di spettacolari goal in acrobazia e, grazie a un'invidiabile coordinazione, di conclusioni quasi impossibili per battere il portiere, lasciando spesso a bocca aperta i propri tifosi e quelli avversari.
Nella sua carriera da professionista ha segnato la bellezza di 333 reti in 596 partite giocate, con una media sbalorditiva di 0,56 goal a partita, più di uno ogni due, proseguendo poi fra i Dilettanti fino all'età di 48 anni. Oggi invece, oltre a fare l'allenatore, assieme a sua moglie Florence porta avanti il suo impegno a sostegno dei bambini cerebrolesi e delle loro famiglie.
DAGLI ESORDI ALL'ESPLOSIONE NEL BRUGES
Papin nasce a Boulogne-sur-Mer, nella Regione dell'Alta Francia, appartenente al Dipartimento del Passo di Calais, il 5 novembre 1963, con il goal nel DNA. È infatti un figlio d'arte, in quanto anche suo papà Guy è stato un calciatore, e inizia a segnare caterve di goal fin dalla tenera età, venendo per questo notato dalla Federcalcio Francese (FFF), che lo fa entrare nella National Football Institute di Vichy.
"Penso che il goal sia qualcosa con cui una persona nasce, - sosterrà - è nel sangue".
Proprio con il Vichy fa il debutto in Prima squadra nel 1983/84 all'età di 19 anni. Gioca in Terza Divisione, segnando 10 goal in 29 presenze. Quando i suoi genitori si separano, però, lui si trasferisce dalla nonna a Germont, vicino al confine belga. E il suo percorso calcistico cambia.
Il 1984/85 lo vede così in forza al Valenciennes, in Division 2. Papin dimostra subito di che pasta è fatto e totalizza 15 reti in 33 presenze, con la sua squadra che chiude la stagione al 6° posto. Le sue prestazioni attirano sul ragazzo le attenzioni del Bruges, che in quegli anni gioca costantemente le Coppe europee.
Papin intravede la possibilità di farsi conoscere a livello internazionale e accetta con entusiasmo la proposta del club belga, andando a giocare in una città che dista da Germont appena 3 ore e mezza d'auto.
"Il Bruges è dove tutto è veramente cominciato. - ha dichiarato in un'intervista a 'UEFA.com' - Avrà un posto sempre speciale nel mio cuore perchè qui è dove è arrivato il mio successo internazionale".
Solo in apparenza piccoletto, ma in realtà molto più alto di quanto traspare dalle telecamere televisive (un metro e 77 centimetri per 78 chilogrammi), baricentro basso e scatto fulmineo nel breve, in Belgio JPP vive infatti una stagione entusiasmante, con 32 goal totali in 46 partite , di cui 20 in campionato, 5 in Coppa UEFA e 7 in Coppa nazionale, che, oltre a dargli il primo titolo, la Coppa del Belgio, conquistata battendo 3-0 in finale il Cercle nel derby, gli spalancano le porte della Nazionale francese.
GettyPAPIN E LA FRANCIA: PIÙ DELUSIONI CHE GIOIE
Con numeri come quelli fatti registrare con il Bruges, il Ct. della Francia Campione d'Europa in carica, Henri Michel, non può esimersi dal convocare Papin in Nazionale. Così, dopo le buone referenze avute nell'amichevole giocata a Parigi nel febbraio del 1986 contro l'Irlanda, decide di inserirlo nella lista dei 22 per i Mondiali di Messico '86.
JPP, che ha 22 anni, parte col botto, segnando la rete della vittoria dei Bleus nella partita d'esordio nel girone contro il Canada. Michel lo conferma allora anche nei successivi due match contro U.R.S.S. e Ungheria, nei quali tuttavia l'attaccante del Bruges non riesce a ripetersi. Poi decide di cambiare, preferendogli Stopyra, e JPP resta fuori nelle sfide con Italia e Brasile, che vedono la Francia vincitrice, e in quella delle semifinali contro la Germania Ovest, persa invece da Platini e compagni per 2-0.
Michel rilancia Papin nella finale per il 3° posto, e la giovane punta risponde nuovamente presente, con un potente diagonale con cui porta in vantaggio i Galletti al 43', dando il là ad una vittoria che varrà la 3ª piazza. Quel piazzamento resterà per 12 anni il migliore della Francia a livello internazionale, tant'è vero che da lì in avanti l'avventura in maglia Bleus di JPP sarà caratterizzata da tanti goal ma poche soddisfazioni di squadra.
I francesi mancano infatti la qualificazione ad Euro '88 e ai Mondiali di Italia '90, qualificandosi invece per Euro '92. Qui i Bleus, guidati da Michel Platini nel ruolo di Ct., godono di un buon pronostico in un girone in apparenza abbordabile con l'Inghilterra, i padroni di casa della Svezia e la ripescata Danimarca. Invece, nonostante un tandem d'attacco con Cantona, che fa sognare i tifosi, sarà un clamoroso flop.
JPP è comunque l'unico a salvarsi dal naufragio, segnando 2 reti, quella del pareggio nell'1-1 inaugurale con gli scandinavi e il provvisorio 1-1 con la Danimarca, vanificato dal goal di Elstrup che manda a sorpresa i danesi in semifinale. La delusione più amara sarà però quella della mancata qualificazione ai Mondiali di USA '94, con i francesi beffati nello scontro diretto dalla Bulgaria.
Papin continuerà a indossare la maglia della sua Nazionale fino al 18 gennaio 1995, totalizzando 30 goal in 54 presenze. Con il mitico Just Fontaine condivide ancora oggi il 7° posto fra i bomber all-time dei Bleus.
GettyIL MARSIGLIA E LA LEGGENDA DI 'MONSIEUR GOL'
A livello di club la svolta nella carriera di Papin arriva subito dopo i Mondiali messicani, quando Bernard Tapie lo vuole nel suo Olympique Marsiglia, affidandogli le chiavi dell'attacco. Quello fra l'OM e JPP sarà un binomio vincente: i goal arriveranno a grappoli, e con essi anche i trofei, di squadra e individuali.
È a Marsiglia, infatti, che Papin diventa uno degli attaccanti più forti al Mondo. In 6 stagioni totalizza 182 goal in 275 presenze, vince per 4 volte consecutive il campionato francese (dal 1988/89 al 1991/92) e una Coppa di Francia nel 1988/89, e arriva in finale di Coppa dei Campioni nel 1991 (persa poi ai rigori a Bari contro la Stella Rossa).
A livello personale è capocannoniere della Division 1 francese per 5 anni consecutivi (dal 1987/88 al 1991/92) e per 3 volte capocannoniere della Coppa dei Campioni: nel 1989/90 (6 goal, a pari merito con Romario), nel 1990/91 (6 goal, a pari merito con Peter Pacult) e nel 1991/92 (7 reti, come Sergej Juran). Nel 1989 e nel 1991 è votato inoltre come Calciatore francese dell'anno.
Nel 1991 è premiato a furor di popolo con il Pallone d'Oro, vinto con 141 voti, precedendo Lothar Matthäus, Dejan Savicevic e Darko Pancev, tutti appaiati a 42 preferenze. Le sue statistiche da capogiro gli fanno guadagnare il meritato soprannome di 'Monsieur Gol', 'Signor Gol', e, nell'estate del 1992, subito dopo gli Europei, lo porteranno al Milan, dopo averlo castigato a San Siro il 6 marzo 1991 nella gara di andata dei quarti di finale della Coppa dei Campioni, per confrontarsi con la Serie A.
IL MILAN E LE GRANDI VITTORIE
Silvio Berlusconi vuole in squadra il folletto francese che nel 1991 aveva inferto (complice anche il ritiro della squadra dal campo per il giallo dei riflettori del Velodrome) con il suo Marsiglia una brutta botta alle ambizioni del grande Milan di mettere insieme uno storico tris europeo.
Così, nell'anno dell'arrivo in squadra di Gianluigi Lentini per 22 miliardi di Lire, ne sborsa altri 14 per portare in rossonero il superbomber di Francia. A questi si aggiungono i 10 spesi per Savicevic e il rientro di Boban dal prestito al Bari. In tutto gli stranieri in squadra, con i tre olandesi, sono 6, tutti di grande valore, e visto che per il regolamento della Serie A in campo possono andarne soltanto 3, JPP capisce fin da subito che la concorrenza sarà feroce.
Ma se le presenze si riducono, anche in Italia il bomber transalpino farà valere la sua efficacia sotto rete e con il Milan si toglierà la soddisfazione di vincere tanti trofei. L'esordio è in Supercoppa Italiana il 30 agosto. Il Milan si impone 2-1 sul Parma e il francese arricchisce il suo palmarès con il primo trofeo italiano.
Debutta poi in campionato il 6 settembre 1992 contro il Foggia (1-0). Con Marco Van Basten forma una coppia d'attacco spettacolare ed esplosiva, in grado di integrarsi alla perfezione. La prima rete la firma il 18 ottobre nel pirotecnico 5-3 del Meazza contro la Lazio, sfruttando una rapida verticalizzazione di Gullit. Presto però, gli annosi problemi alla caviglia priveranno il francese di un partner d'attacco straordinario.
"Giocare nel Milan per me è stato un sogno che si realizzava. - dichiarerà JPP - Certo, lasciare Marsiglia non è stato facile. Lo sport è così, un giorno sei in alto, il giorno dopo sei giù. Io volevo intraprendere un'altra sfida. Al microfono davanti a quarantamila persone ho dovuto annunciare che partivo per un club ‘nemico’. Ho un ricordo incredibile di quel giorno. Ma andavo a giocare con la squadra che era in quel momento più forte. In particolar modo andavo a giocare con Marco Van Basten, con cui non vedevo l’ora di provare l’intesa. Purtroppo riuscimmo a giocare solo un paio di partite di campionato ed una di UEFA, poi lui si infortunò ed io trovai l’intesa con un altro Marco, Simone".
In tutto nella sua prima stagione italiana, Papin colleziona 20 goal in 34 presenze (13 reti in Serie A, 4 in Coppa Italia e 3 in Champions League), la maggior parte di pregevole fattura. Il 13 dicembre al Meazza apre la sua doppietta all'Ancona con una spettacolare rovesciata volante. Un'altra doppietta la firma contro la Sampdoria, e anche in questo caso uno dei due goal è da cineteca: trafigge infatti Pagliuca con un colpo di testa in tuffo a filo d'erba fra le gambe di Walker, rischiando l'incolumità personale.
"Papin è un grandissimo giocatore, - dirà di lui l'Avvocato Gianni Agnelli dopo quella prodezza - un bravo centrattacco e un uomo coraggioso, capace di mettere la testa dove gli altri non osano mettere il piede. Quanto a chiacchiere però…".
GettyA fine stagione conquista il primo Scudetto, ma in Champions League arriva la grande delusione della sconfitta nella finale di Monaco di Baviera contro il Marsiglia, la sua ex squadra. Capello lo premia, preferendolo a Gullit e portandolo in panchina. Entrato in campo nella ripresa al posto di Donadoni, tuttavia, non riuscirà a regalare ai rossoneri il goal del pareggio, dopo il vantaggio dell'OM con Boli allo scadere del primo tempo.
Si rifarà comunque nel suo secondo anno, il 1993/94, nel quale al 2° Scudetto abbinerà anche la 2ª Supercoppa italiana e la Champions League. Questa volta ad Atene non sarà presente, visto che Capello gli preferisce Savicevic. Proprio 'Il Genio' sarà comunque uno dei grandi protagonisti della sfida con il Barcellona, con i rossoneri che, ribaltando i pronostici, si impongono con un netto 4-0. Avendo contribuito al percorso della squadra nel torneo, in particolare con 4 reti nei primi due turni contro Aarau e Copenaghen, al fischio finale anche Papin può comunque sollevare al cielo l'agognato trofeo, che gli era già sfuggito in due occasioni.
Sfuma invece il sogno della Coppa Intercontinentale, con il Milan, ripescato dopo la squalifica del Marsiglia, battuto a Tokyo dal San Paolo. Papin segna la rete del provvisorio 2-2, prima che l'ex Torino Müller decida la partita con il 3-2 per i carioca nel finale. A livello personale la seconda stagione a Milano è meno positiva della prima, con 11 reti (5 in campionato, 1 in Supercoppa italiana, 1 nella Coppa Intercontinentale) in 29 partite. Chiede più spazio, ma non lo ottiene, così nell'estate 1994 si concretizza per lui l'addio all'Italia e l'approdo in Bundesliga con il Bayern Monaco.
"C'era turnover ed era giusto, ma poi Capello decise di puntare soprattutto su Savicevic, Boban e Desailly. - dirà - Io ero giovane e volevo giocare. Col senno di poi non avrei mai dovuto partire perché avrei potuto dare di più alla squadra. Anni dopo incontrai Capello e anche lui pensava che affrettai quella decisione. A me è rimasto di avere vissuto, seppur per due sole stagioni, un sogno. E in questo sogno aver vinto tutto".
IL FLOP AL BAYERN MONACO E LA MALATTIA DI EMILY
L'avventura con il Bayern Monaco di Giovanni Trapattoni segna per Papin l'inizio della fase calante della sua carriera. Ma il declino è legato principalmente a fattori extracalcistici. Nella prima stagione, il 1994/95, il suo apporto alla squadra è fortemente limitato dai problemi fisici.
"Non so cosa mi sia successo. - commenterà - Al Bayern io, che non mi ero mai infortunato, mi sono fatto male al ginocchio. In un anno ho subito cinque operazioni".
La sua stagione è in gran parte compromessa, e totalizzerà appena 3 goal in 12 presenze. Ma è quanto accade nel corso del suo secondo anno in Baviera a segnare per sempre la sua vita. Dal suo matrimonio con Florence, che ha conosciuto in un volo aereo, nasce infatti Emily, la loro primogenita. Alla piccola è però diagnosticato un grave problemi di salute: è infatti cerebrolesa con tetraparesi.
Mamma e papà iniziano così a battersi per la ricerca di una cura e dividono il loro tempo per assistere la loro bambina, afflitta da una malattia rara. Le priorità di Papin cambiano. La famiglia e la salute di sua figlia passano chiaramente al primo posto, il calcio viene in secondo piano. Per assistere Emily, JPP deve saltare molti allenamenti, e questo però compromette le sue prestazioni in campo.
"I medici ci avevano detto che non avrebbe mai parlato, mai camminato, - sottolinea Florence anni dopo in un'intervista congiunta con suo marito al 'Corriere della Sera' - ci hanno consigliato di trovare una clinica privata dove farla sopravvivere senza dolore fino alla morte".
"È stato terribile, durissimo - ricorda commosso Papin - Quando siamo usciti dallo studio specialistico con Florence ci siamo abbracciati, lungamente, semplicemente. Un giorno, poi, ci consigliano delle cure negli Stati Uniti. Erano costosissime, in un Paese lontano, ma si trattava di nostra figlia e volevamo darle una speranza. Non è un down, non è autistica, per questo per la medicina lei è un punto interrogativo".
"Il mio sogno - aggiunge il calciatore - è vederla un giorno sorridere".
Getty ImagesPer sua figlia Papin lascia spesso la Germania per volare negli Stati Uniti. Quando può allenarsi va comunque in campo, spesso subentrando dalla panchina. Totalizza 28 presenze e 3 goal, vincendo la Coppa UEFA e giocando da titolare la finale di andata all'Olympiastadion (2-0 per la squadra di Beckenbauer). Ma sono comunque briciole per chi era abituato a segnare reti a palate.
I tifosi non sanno e lo attaccano, così come i media.
"Si sono accaniti contro di me, - dichiara - mi consideravano menefreghista, finito".
L'esperienza teutonica si chiude così per lui dopo due stagioni, con 6 goal complessivi in 40 presenze. Papin, alla ricerca di maggiore tranquillità, torna in Francia per giocare col Bordeaux. Con i girondini vive due buone stagioni, e segna 31 goal in 72 partite. Quando non gioca, assiste la figlia nella fisioterapia e nella talassoterapia, facendo con lei lunghe passeggiate sulla spiaggia dell’Atlantico.
Nel 1998/99 chiude a 35 anni con il calcio professionistico nelle fila del Guingamp (10 presenze e 3 goal) e da quel momento impegna la maggior parte del suo tempo nella lotta in favore dei bambini cerebrolesi.
"Quando non si ha più voglia di fare allenamenti, ecco, quello è il momento in cui bisogna smettere. - sostiene - Io ho chiesto di fare tre allenamenti a settimana e di stare tre giorni a casa. Eravamo tornati in Francia, credevo di poter allentare un po' i ritmi ma senza allenamento ti mangiano la testa".
Getty ImagesLA LOTTA IN FAVORE DEI BAMBINI CEREBROLESI
Oggi, grazie al sacrificio dei suoi genitori, la primogenita di JPP ha fatto grandi progressi, pur avendo ancora bisogno di assistenza.
"Lavoravo dieci ore al giorno con nostra figlia, - racconta Florence - secondo la terapia statunitense. Abbiamo avuto insieme altri due figli, e tutti abbiamo aiutato. Per dieci ore al giorno la stimolavo, le mostravo colori, le parlavo. E i risultati ci sono stati: è meno aggressiva, riesce anche a leggere, certo non è indipendente e non ci illudiamo che lo sia un giorno e sono cosciente del fatto siamo privilegiati, in un certo senso, ad esserle potuti stare così dietro. Ma ogni conquista di oggi è una pillola di benessere per domani".
"I risultati sono stati subito incoraggianti, - conferma Papin al 'Corriere della Sera' - dopo sei mesi abbiamo capito che la situazione era in lentissima evoluzione. Ora è in grado di percorrere cinque chilometri al giorno, in parte anche di corsa. Può ricevere ordini semplici; riesce a essere parzialmente autonoma nell’arco della giornata. Inizialmente non si reggeva in piedi, oggi cammina e corre senza problemi".
Papin e sua moglie Florence hanno deciso di mettere a frutto la loro esperienza dando vita a 'Nine of Hearts', una fondazione che si occupa di dare sostegno alle famiglie con figli colpiti dallo stesso problema neurologico di Emily.
"Ho altri figli - spiega JPP, che per raccogliere fondi per la causa non esista a mostrare il suo Pallone d'Oro - nel momento in cui non ci sarò più, non vorrei che gli altri siano obbligati a farsi carico di Emily. Tutto ciò che facciamo oggi, lo facciamo per il futuro".
IL PAPIN ALLENATORE
Nonostante la sua vita sia cambiata radicalmente, il calcio resta la grande passione di Papin, che, nonostante il poco tempo a disposizione, riesce comunque a praticarlo fino a 48 anni a livello dilettantistico. Così gioca un paio di stagioni per il Saint-Pierroise, squadra dell' Isola di Riunione, poi passa al Cap Ferret, con cui in tre anni conquista una promozione e 2 salvezze. Dopo alcuni anni di inattività, chiude con il Facture Biganos, con cui milita dal 2008 al 2012.
Successivamente, diventato allenatore, ottiene buoni risultati seppure nelle serie minori. Nel 2005 guida il Bassin d’Archachon Sud, con il quale vince il campionato di sesta divisione e la Coppa d’Aquitania. Nel 2006 ottiene la vittoria del campionato con lo Strasburgo, ma non viene confermato. Salva poi il Lens e si ripete nel 2009 con lo Chatearoux, in Ligue 2. Il 2 giugno 2020 ha accettato la proposta del C'Chartres, ripartendo dalla Serie D francese.
Pelé lo ha inserito nella FIFA 100, la lista dei 125 giocatori viventi più forti al Mondo. I tifosi che lo hanno ammirato da calciatore lo ricorderanno sempre per i suoi straordinari goal, che ai tempi dell'OM hanno generato anche un neologismo francese per definirli, 'Papinades', frutto della penna di Alain Pécheral.
Fra tutti però, il più bello in assoluto resta senza dubbio quello segnato assieme a Florence con sua figlia Emily.
