GOALSi dice spesso che chi gioca in porta debba avere un certo grado di pazzia. In questo luogo comune sui portieri si rispecchia perfettamente Jean-Marie Pfaff, il primo grande portiere della storia del Belgio.
Alto un metro e 80 centimetri per 78 chilogrammi, aveva doti acrobatiche straordinarie, che lo facevano sembrare ben più imponente di quanto realmente era, un gusto innato per lo spettacolo e una personalità da clown, che esibiva nelle dichiarazioni ai giornalisti e nei comportamenti fuori dal campo ma anche nel suo look in campo:divise sgargianti e guanti enormi erano infatti il suo pane quotidiano.
Con queste premesse, nella sua carriera, spesa fra il suo Paese, la Germania e la Turchia, non sono mancate nemmeno le papere, spesso clamorose, da lui superate sempre con il sorriso sulle labbra.
CALCIATORE PER HOBBY
Pfaff nasce il 4 dicembre 1953 in una famiglia numerosa di 11 figli: ha infatti 5 fratelli e 6 sorelle. I suoi genitori erano dei venditori ambulanti di tappetti che si spostavano con la loro bancarella di città in città nella pianura fiamminga. Per questo vive e trascorre la sua infanzia a bordo di una roulotte nel centro di Anversa.
"Fino al matrimonio ho vissuto in una roulotte. - ha dichiarato l'ex portiere all'UEFA -Quelli che vivono così sono persone fantastiche. Io, i miei fratelli le mie sorelle avevamo una vita felice perché la gente che ci circondava era molto socievole. C'era calore, affetto, amicizia, lavoravamo, vivevamo e giocavamo insieme, e ci prendevamo cura l'uno dell'altro: era una famiglia numerosa e felice".
Il quadro idilliaco si rompe quando papà Honoré muore prima che Jean-Marie abbia compiuto 12 anni. Da ragazzo lavora in un ufficio postale e in uno stabilimento tessile per mantenersi da vivere. Inizia a giocare a pallone nei tornei di quartiere con la squadra che crea assieme ai suoi fratelli, 'I Diavoli Rossi', esattamente lo stesso nome della giocatori della Nazionale belga. Per via del suo sovrappeso viene spesso schierato fra i pali.
Poi a 18 anni entra a far parte del KSK Beveren. Mantenendo la promessa fatta al papà, Pfaff intraprende la carriera di portiere, e presto scala le gerarchie, anche se all'inizio si divide fra allenamenti e lavoro.
"All’inizio il calcio era un hobby, perché avevo un lavoro normale - commenta ai microfoni dell'UEFA - Ogni giorno dovevo andare in bici da Beveren a Sint-Niklaas, con la pioggia o con il sole. Erano 25 chilometri".
Nel 1974 si sposa con Carmen e con sua moglie gestisce un negozio di articoli sportivi finché non diventa un titolare del Beveren. Questo avviene nel 1976, quando il nuovo Ct. del Belgio, Guy Thys, decide di svecchiare la rosa dei Diavoli Rossi per gli Europei del 1976.
Getty ImagesEROE DEL BELGIO FRA EUROPEI E MONDIALI
In porta è appunto chiamato Pfaff, con lui sbarcano in Nazionale anche altri giovani di belle speranze come Willy Wellens, René Verheyen e Michel Renquin. E l'esordio per il portiere del Beveren è di quelli memorabili. Pfaff debutta infatti contro l'Olanda di Cruijff nei quarti di finale. Fa il suo, intimidendo Neeskens, sotto gli occhi dell'arbitro italiano Michelotti, e inducendolo a fallire un calcio di rigore.
I Diavoli rossi passano a condurre con Van Gool, ma poi gli Arancioni pareggiano con Rep e chiudono i giochi con una prodezza del loro capitano. Al che Pfaff, sorridente e come se nulla fosse, esce dalla porta per andare a complimentarsi con il numero 14 avversario:
"Nessuno mi capì - spiegherà - ma Cruijff aveva segnato un gran bel goal e il mio senso di sportività mi obbligava a fargli i complimenti".
In Nazionale Pfaff è quindi grande protagonista agli Europei del 1980 in Italia.È infatti anche grazie alle parate dell'istrionico estremo difensore che il Belgio raggiunge la finale contro la Germania Ovest, poi persa 2-1 anche a causa di un suo errore in uscita su Hrubesch. Ma il Belgio è una delle Nazionali emergenti nel Vecchio Continente, e Pfaff ne diventa uno dei simboli.
C'è così grande attesa per i Mondiali del 1982 in Spagna. Autodefinitosi 'il clown della porta', l'estremo difensore belga gioca ad alti livelli nel Gruppo 3, ma la sua avventura spagnola è più breve del previsto. Nella terza sfida contro l'Ungheria, infatti, un violento scontro di gioco con Gerets mette k.o. entrambi e i due giocatori sono costretti a fare rientro a casa.
I Diavoli Rossi, privi dei due pilastri, chiudono all'ultimo posto nel Gruppo A dei quarti di finale.
"Se io ed Eric non ci fossimo fatti male, - sostiene - il Belgio avrebbe potuto raggiungere la finale e… vincerla. Non avremmo avuto paura di nessuno, né del Brasile né dell’Italia".
Pfaff, che prima di ogni partita posizionava in fondo alla porta come una specie di amuleto un piccolo orsacchiotto che portava sempre con sé, difende la porta del Belgio anche ad Euro '84, torneo in cui i Diavoli Rossi non vanno oltre il loro girone, piazzandosi terzi nel Gruppo A dietro Francia e Danimarca, e a Messico '86.
Proprio i Mondiali messicani segnano un picco nella carriera del portiere belga, che dopo aver rischiato di non partecipare, è uno dei grandi protagonisti. Pfaff infatti aveva subito un grave infortunio ed è in concorrenza con Munaron dell'Anderlecht.
"Se ritroverai il posto da titolare nel Bayern - gli promette il Ct Thys - verrai in Messico".
I Diavoli Rossi sono la sorpresa dei Mondiali, Pfaff, ribattezzato dai messicani 'El Simpatico', ovvero 'Il Simpatico', per il suo eterno sorriso, mantiene la promessa e a suon di grandi parate (su tutte quelle contro l'Unione Sovietica agli ottavi di finale) trascina i suoi fino alle semifinali. Qui il destino del piccolo Belgio si incrocia con quello dell'Argentina di Maradona, che con una doppietta spettacolare mette fine al sogno, vincendo la sfida lanciatagli dallo stesso estremo difensore.
"Lo stato d’animo del gruppo prima del match - racconterà in seguito Jean-Marie - assomigliava a quello che si respirava nello spogliatoio prima della finale degli Europei dell’80. Nei due casi eravamo convinti di non avere possibilità. Abbiamo avuto troppo rispetto per la Germania e per l’Argentina. Quando rivedo Maradona far fuori in dribbling tutta la nostra difesa penso che se ci fosse stato un tipo come Ludo Coeck, Diego non sarebbe mai riuscito in un’impresa del genere".
Il Belgio chiude al 4° posto, dopo aver perso 4-2 la finalina con la Francia di Platini. Al ritorno in patria la squadra è salutata da 10 mila tifosi in festa nella Grote Markt di Bruxelles.
L'avventura in Nazionale si conclude per Pfaff nel 1987, quando il portierone ha ormai 33 anni. La sua ultima partita con i Diavoli Rossi, la sua 64ª, la gioca il 23 settembre 1987 contro la Bulgaria, dopo di che Thys gli preferirà l'astro nascente e suo successore Michel Preud'homme.
Jean-Marie, che di se stesso amava dire:"C’era Eddy Merckx nel ciclismo. Ora c’è Pfaff nel calcio"non la prende affatto bene ese ne va sbattendo la porta.
"Senza i maneggi dei contratti di sponsorizzazione - sostiene - sarei diventato senza dubbio il primatista di presenze in Nazionale".
Alla fine del 1987 si consola con il premio di Miglior portiere del Mondo riconosciutogli dall'IFFHS, la Federazione Internazionale di Storia e Statistica del calcio.
Bongarts
I SUCCESSI COL BAYERN E IL DECLINO
A livello di club, dopo aver vinto con il Beveren la Coppa del Belgio nel 1978 ed esser stato premiato nello stesso anno come Calciatore belga dell'anno con il Soulier d'Or, l'anno seguente vince il campionato e in Coppa delle Coppe elimina l'Inter di Bersellini ai quarti di finale, raggiungendo le semifinali.
Il vero balzo lo compie però nel 1982/83, quando, dopo i Mondiali di Spagna, è acquistato dal Bayern Monaco. Con i bavaresi Pfaff inaugura un cliclo di successi, ma il suo esordio in Bundesligaè da incubo. Su una rimessa laterale tesa, infatti, per anticipare in uscita gli attaccanti avversari, smanaccia il pallone, spedendolo in fondo alla propria porta.
Pian piano però il portiere belga risale la china e a con grandi e spettacolari parate riesce a imporsi anche nel calcio tedesco, dove viene presto considerato come l'erede del grande Sepp Maier. Difendendo la porta del Bayern Pfaff vince così 3 Bundesliga (1984/85, 1985/86, 1986/87), 2 Coppe di Germania (1983/84 e 1985/86) e una Supercoppa tedesca (1987).
Nel 1986/87 arriva con la sua squadra in finale di Coppa dei Campioni, ma la perde in rimonta per 2-1 contro il Porto. In quella gara subisce il celebre goal di tacco dell'algerino Madjer, quello del provvisorio 1-1.
Lascia il Bayern Monaco nel 1988, dopo 156 presenze in 5 stagioni, e a 33 anni viene ingaggiato dal neopromosso Lierse. La squadra si piazza al 10° posto, e l'anno seguente l'istrionico portiere chiude a 36 anni la sua carriera in Turchia, dove accetta la proposta del Trabzonspor e ottiene un 3° posto finale.
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LA PARTITA DI ADDIO E LE GOLIARDATE
Per salutare il calcio giocato, Pfaff organizza una partita di addio nel 1991 sul campo del Beerschot. Si affrontano il Belgio degli Anni '80 e una Selezione di stelle mondiali, fra cui Beckenbauer, Krol, Platini, Roger Milla, Giresse e Lerby. La gara è trasmessa in diretta televisiva in 36 Paesi.
L'evento è l'occasione per il portiere di far polemica con la Federazione belga, rea di non avergli dedicato la giusta attenzione.
"Visto che per la Federazione sembra impossibile festeggiare i suoi eroi, ci io pensato io. - dichiara - E se davvero, come si dice, fossi così detestato nell’ambiente del calcio, non sarei riuscito a raggruppare tante star per la mia festa d’addio".
Appesi i guantoni al chiodo, ha lavorato nel settore delle pubbliche relazioni, mentre quando ha provato a cimentarsi da allenatore dell'Ostenda prima e direttore generale del Turnhout poi, nella stagione 1998/99. Vittima di troppi pregiudizi, ha dovuto presto alzare bandiera bianca. Dalla moglie Carmen ha avuto 3 figlie, che gli hanno dato numerosi nipoti. Nel 2003 ha aperto le porte della sua villa, dove vive tutta la famiglia, inclusi i suoi fratelli e le sue sorelle, a un reality show.
Il reality ha riscosso tanto successo che è stato prolungato in Belgio per alcuni anni. Oltre a questo Pfaff ha recitato anche nella serie televisiva tedesca 'Tempesta d'Amore', dove interpreta se stesso.
Personaggio eccentrico e mai banale, è ricordato per le sue grandi parate, che hanno portato Pelé a inserirlo nel FIFA 100, la lista dei più grandi 125 calciatori viventi, e a vincere trofei con il Beveren e il Bayern Monaco, ma anche per le le sue papere e le sue goliardate.
Come quando, dopo esser stato insultato a più riprese in un'amichevole con l'Olanda a Rotterdam, gli tirano dagli spalti frutta e ortaggi. Lui raccoglie una mela e se la mangia appoggiato a un palo. O quando alla partita delle glorie post Mondiale '82 prese da bordocampo una sedia e si sedette in mezzo ai pali. Il suo modo di interpretare il ruolo del portiere, non gli ha impedito di diventare il numero uno al Mondo nel suo ruolo.
"Quello che ho avuto con il Bayern e con la Nazionale - sottolineerà ai microfoni dell'UEFA - è arrivato con l’impegno. Volevo sempre migliorare ed essere il più forte".
