
“Ha un che di Ballack”.
Quando è approdato in Bundesliga nell’estate 2011, Ivan Perisic è stato accolto così. Sul ‘kicker’, una delle riviste sportive più autorevoli della Germania, stava accostando il nome di un ragazzo semi-sconosciuto croato al giocatore più iconico della Germania del decennio precedente, citato dalla Merkel dopo la sua elezione a Cancelliere, capitano della Nazionale, eccetera, eccetera, eccetera.
Il motivo del paragone stava nella duttilità, nelle doti tecniche e nelle capacità di vedere la porta. Queste ultime ben testimoniate dal premio di capocannoniere della Jupiler League belga nel 2011, con 22 goal in 37 partite con la maglia del Club Brugge. Una maglia che rischiava di non indossare nemmeno, perché il suo incontro con la Germania poteva già avvenire nel 2009, quando a cercarlo era stato l’Hertha Berlino. Si era persino unito al gruppo in ritiro per un provino, non superato. L’allenatore era Lucien Favre, che sarebbe stato esonerato un paio di mesi dopo. Nessuna vendetta.
E pensare che in Belgio Perisic ci era finito quasi per caso, dopo la parentesi Sochaux e un prestito al Roeselare per mettere minuti nelle gambe. Andato talmente bene che uno dei club più importanti della Jupiler League aveva deciso di mettere le mani su quel talento croato. Che, nel 2011, avrebbe venduto al Borussia Dortmund per poco più di 5 milioni di euro. Un talento in una squadra che riconosce e valorizza il talento. Binomio apparentemente perfetto.
L’avventura di Perisic in Bundesliga è iniziata così, nelle file della squadra di JürgenKlopp, un “branco di ragazzini” (citando proprio l’attuale manager del Liverpool) che a maggio avevano vinto il campionato cogliendo tutti di sorpresa. Per segnare il suo primo goal il croato ha scelto un’occasione speciale: la prima in Champions League del Borussia al Westfalenstadion dopo otto anni e mezzo di assenza. Contro l’Arsenal, che in porta aveva Szczesny. Con un sinistro al volo all’incrocio che era valso l’1-1 finale, celebrato come una vittoria.
“Di solito tiro così anche di destro. A volte segno, a volte la palla finisce in tribuna, ma è stato il momento perfetto per segnare il primo goal in Champions. Ogni giocatore vuole essere titolare, ma sono arrivato da poco e non è facile. Farò del mio meglio per riuscirci, ma se gioco come stasera non sarà un problema”.
A Dortmund erano stati solo relativamente sorpresi da quel lampo di talento. Perisic ha raccontato che gli scout gialloneri lo avevano seguito per quasi due anni mentre stava con il Brugge. In quel periodo si parlava anche di ipotesi Napoli, ma la strada della Bundesliga era la più attraente per il suo sviluppo. Le 41 presenze con 9 goal, la maggior parte dei quali nella seconda parte di stagione, gli avevano dato ragione. Oltre che ovviamente alla vittoria della Bundesliga a fine anno e anche la DFB-Pokal. Una coppa con cui Perisic ha un rapporto particolare.
Per Klopp, il classe 1989 era un jolly che poteva giocare in più posizioni e apprezzava l’impatto che aveva sulle partite. Per questo lo ha utilizzato per 30 volte come subentrato, in tutte le posizioni dell’attacco a seconda della necessità del momento. Nella stagione seguente Perisic si sarebbe aspettato un ruolo ancora più centrale sulla trequarti, ma l’arrivo di Marco Reus, unito all’ascesa di Götze e alla presenza di due certezze come Blasczykowski e Großkreutz gli aveva ridotto ulteriormente lo spazio.
Non l’ha vissuta particolarmente bene. Alla rete croata ‘Nora TV’ aveva attaccato in maniera diretta Klopp, accusandolo di fare favoritismi e non trattare allo stesso modo tutti i giocatori.
“Nessun giocatore è contento di non giocare, ma se Perisic tenesse la bocca chiusa probabilmente farebbe meglio. Lamentarsi pubblicamente è infantile” era stata la replica del tecnico.
La multa da 15mila euro ha fatto da preludio ad un addio sostanzialmente annunciato e non per questo meno turbolento.
“A Dortmund ho avuto tutto, abbiamo vinto il Meisterschale, la Pokal e siamo anche andati bene in Champions League, ma non ero felice del mio minutaggio”,ha raccontato in seguito a ‘schwarzgelb.de'.
Poteva andare anche alla Lokomotiv Mosca, ma ha deciso di rimanere in Germania scegliendo il Wolfsburg. Un colpo da 8 milioni di euro per una società ambiziosa. Un grave infortunio al ginocchio ha rallentato un po’ l’inserimento del croato, che però ha chiuso in crescendo. E scelto un’occasione speciale per trovare il goal: la prima sfida da ex contro il Dortmund. Doppietta nei primi 23 minuti. Altro che dente avvelenato.
La sua vendetta sarebbe stata completata soltanto un paio d’anni dopo, nella finale di DFB-Pokal di Berlino. Di nuovo contro il suo passato, stavolta da favorito, con una squadra trascinata dalla stella di Kevin de Bruyne. Lui e Caligiuri, insieme a Schürrle, erano le due frecce che il belga si divertiva a lanciare in profondità, in una delle migliori versioni recenti del Wolfsburg dopo quella campione di Germania nel 2009.
Il 2015 per Perisic come per tutto il club era iniziato con un duro colmo: la morte di Junior Malanda, scomparso a 20 anni in un incidente stradale mentre raggiungeva i compagni in aeroporto. Il croato era uno dei suoi migliori amici in squadra: gli ha dedicato ogni goal stagionale, portando una sua foto sotto la maglia. In finale ha servito l’assist per il 3-1 di Dost che ha sigillato il match. E ha trionfato, nel segno di Junior. L’ultima immagine, prima di trasferirsi all’Inter e aprire un nuovo capitolo della sua carriera.
GettyCon la Bundesliga, però, non aveva ancora finito. Nel 2019, quando è arrivata la proposta del Bayern Monaco, ci ha messo poco ad accettarla. Ha trovato Niko Kovac, che lo aveva voluto, ma non era scattata la scintilla. Sensazione diffusa per la verità. Con l’arrivo di Hansi Flick, la svolta. Bayern che stravince tutto, si consacra come una delle squadre più forti del decennio e non solo. Sliding doors.
E pensare che la seconda parte di stagione probabilmente non l’avrebbe potuta nemmeno giocare. A inizio febbraio si era rotto la caviglia in un contrasto in allenamento con Odriozola. Frattura. Tempo di recupero: 3 mesi, circa. Rientro a inizio maggio. Senza lo stop per il Covid, la sua stagione sarebbe terminata lì. E forse anche quella del Bayern Monaco. Invece il 17 maggio, alla ripresa del campionato, era in campo. È stato protagonista in Champions League segnando anche nel 2-8 al Barcellona e subentrando in finale al match-winner Coman, a cui aveva conteso il posto da titolare. Col senno del poi, ha avuto ragione Flick.
“Ho vissuto un anno incredibile, ho vinto tutto con una grande squadra”.
Getty ImagesIl Bayern lo avrebbe tenuto volentieri, ma non alle cifre richieste dall’Inter, anche perché intanto numericamente era già arrivato Leroy Sané. Il club non si è spinto oltre ad un’offerta da 12 milioni di euro, secondo quanto raccontava ‘Sky’, ritenuta troppo bassa dall’Inter. Che ha deciso di tenerselo. Scelta saggia, visto il ruolo da protagonista che ha recitato nella vittoria dello Scudetto 2021. Un vincente.
Nel suo periodo tedesco, tra le varie soddisfazioni che si è tolto, Perisic può anche dire di avere un piccolo record: ha vinto la DFB-Pokal con tre squadre diverse. Con il Borussia Dortmund nel 2012, con il Wolfsburg nel 2015 e con il Bayern nel 2020. Come lui solo Klaus Allofs, Andy Möller, Thomas Kroth, Franco Foda e Thorsten Legat. Il segno in Germania, anche nei libri, l’ha lasciato.
