Nascere a Milano e amare il gioco del calcio può implicare il tifo verso l'una o l'altra squadra della città, verso l'una o l'altra identità di una metropoli ormai multietnica: Federico Dimarco ha scelto di essere un 'bauscia', in opposizione ai 'casciavit' con cui vengono identificati i tifosi del Milan. Lui, infatti, nel cuore ha solo l'Inter, e fin dai primi anni di vita, tra infinite presenze in Curva Nord a sostenere i propri beniamini e il sogno di calcarlo lui stesso, un giorno, quel prestigioso terreno di gioco a lungo bramato.
Col senno di poi, possiamo affermare che Dimarco quel sogno l'ha pienamente realizzato, facendo anche di meglio e cioè raggiungendo lo status di titolare della squadra del suo cuore. Uno scenario che fino a qualche anno fa appariva impossibile, per il semplice fatto che la storia del classe 1997 sembrava una di quelle già scritte, di un talento cresciuto in casa ma rigettato dalla chimera di una possibilità che stentava ad arrivare.
Entrato nelle giovanili nerazzurre in tenera età, a soli sette anni nel 2004, Dimarco ha fatto tutta la trafila dai pulcini alla prima squadra, e stavolta non si tratta della classica frase fatta: un percorso lunghissimo che, ad un certo punto, pareva essersi più interrotto sul più bello, all'ultimo e decisivo step, quello della conferma ad alti livelli. L'esordio tra i grandi - avvenuto a 17 anni in un Qarabag-Inter di Europa League - è stato il coronamento parziale del cammino, dei sacrifici fatti per farsi notare in una squadra che, in quegli anni, viveva uno dei periodi più bui della sua ultracentenaria storia.
Un Medioevo che avrebbe potuto segnare il lancio del giovane - e promettente - Dimarco, se solo la scure del "deve farsi le ossa altrove" non si fosse abbattuta sulla sua testa. Un ragionamento lecito, ma che troppo spesso ha rappresentato la fine anticipata delle speranze per giovani promesse che avrebbero meritato ben altre chance: e così ecco i prestiti ad Ascoli ed Empoli, privi del brio che avrebbe potuto fare da ponte verso il ritorno a casa, ma in pianta stabile e non da semplice comparsa. Inevitabile, dunque, l'addio definitivo nell'estate 2017 con la cessione per circa 4 milioni di euro al Sion, compagine della massima serie svizzera: un trasferimento che sembra sbarrargli le porte di un livello di carriera più alto e, soprattutto, di un ritorno all'Inter.
GOAL"Io non mi aspettavo niente - le parole di Dimarco in un'intervista concessa ai nostri microfoni - eccetto le scelte che ha fatto l'Inter. Evidentemente loro hanno ritenuto che quest'anno non ero pronto a fare il grande salto, che non avevo abbastanza esperienza.
Se potevo dire la mia all'Inter? Certo, sì... ma purtroppo decidono loro e non posso andare io lì a dirgli che devo giocare. La mia speranza è quella di tornare, questo senza dubbio. Ma sono sicuro che prima o poi avrò la mia opportunità all'Inter. Magari rimanevo in Italia e facevo la riserva di qualcuno edio non volevo, quest'anno volevo giocare, volevo metterti in mostra e quindi ho scelto di andare al Sion".
Una scelta coraggiosa, ma che alla fine - nonostante un infortunio rimediato alla prima partita - si rivela azzeccata: l'Inter non si è affatto dimenticata di Dimarco, tanto da riacquistarlo un anno dopo. Per promuoverlo si pensa, per fargli respirare l'aria della prima squadra guidata dal nuovo tecnico Spalletti: nulla di tutto ciò. La destinazione temporanea di Dimarco è il Parma neopromosso, teatro di un incrocio che non dimenticherà mai.
Il 15 settembre 2018 si gioca a San Siro per la quarta giornata di campionato e i ducali sono gli avversari dell'Inter, colpita psicologicamente da un avvio in sordina. Il contesto migliore per gli emiliani, che firmano il clamoroso blitz al 79' grazie ad un missile terra-aria che va a spegnere la propria corsa sotto all'incrocio. Quel bolide parte dal mancino di Dimarco che, per festeggiare la prima rete in Serie A, si toglie la maglia incurante di aver fatto del male ad un pezzo del suo cuore, e dunque anche un po' a se stesso.
GettyL'estate 2019 vede l'arrivo sulla panchina meneghina di Antonio Conte che decide di concedere un'opportunità al ragazzo milanese purosangue: non da titolare, ma quantomeno da protagonista nelle rotazioni. Un copione che si trascina fino alla sessione invernale del calciomercato, caratterizzata dal passaggio al Verona in prestito con diritto di riscatto: sembra l'ennesimo ostacolo verso il raggiungimento dell'ultimo step, in realtà si tratta della svolta.
Agli ordini di Juric, Dimarco gioca spesso da braccetto sinistro nella difesa a tre, posizione che non gli preclude la possibilità di essere pericoloso in fase offensiva: fatta eccezione per i primi sei mesi del 2020, è nella stagione successiva che, complice anche un infortunio del titolare Lazovic, Dimarco esplode definitivamente. Soprattutto da quinto a sinistra, sa essere devastante: i cinque goal realizzati in campionato gli valgono il ritorno all'Inter, che nel frattempo ha celebrato il 19° Scudetto.
Alla guida dei campioni d'Italia c'è Simone Inzaghi e i frutti del lavoro col nuovo allenatore si vedono fin da subito: il 12 settembre 2021 è dal sinistro di Dimarco che parte il pallone piazzato sotto al 'sette' della porta di Audero per il momentaneo vantaggio sul campo della Sampdoria, una punizione dal limite che è anche l'occasione per ricordare quanto il suo DNA sia condizionato dai colori nerazzurri.
GOAL"Il primo goal con la maglia dell'Inter - dirà Dimarco a DAZN, in un'intervista in collaborazione con Cronache di Spogliatoio - ha significato tanto, per i tanti sacrifici fatti da quand'ero piccolo: ho rinunciato a tante cose e quando è arrivato il goal è stata un'emozione incredibile. Son cresciuto qua, sempre stato a Milano tranne quando sono andato fuori a giocare. Sono felice di essere tornato a casa. Poi sono interista da quando son nato: andavo in curva e per me è veramente un onore giocare per questa maglia. Il ricordo più bello che ho legato all'Inter? Il derby vinto 4-2, quando ha segnato Maicon da fuori area".
Tredici giorni più tardi, Dimarco vivrà un altro giorno memorabile, ma purtroppo per lui in negativo: nel finale di Inter-Atalanta, sul risultato di 2-2, ai padroni di casa viene concesso un rigore che lui stesso chiede di calciare, spinto dalla voglia di celebrare anche la prima rete a San Siro. Una voglia che però lo tradisce, facendogli spedire il pallone sulla parte alta della traversa: un impeto di orgoglio, travolto dalla responsabilità assunta in un momento così importante.
Per il primo goal al 'Meazza', bisognerà aspettare fino allo scorso 1° ottobre: una gioia resa inutile dalla sconfitta per mano della Roma, ma comunque utile a Dimarco per prendersi la titolarità della corsia mancina. Per la prima doppietta, fino al 9 novembre, al 6-1 sul Bologna che è anche un bel regalo di compleanno per le 25 primavere, festeggiate nel migliore dei modi con tanto di standing ovation al momento della sostituzione.
Abbandonato l'impiego tra i tre di difesa, su 'suggerimento' di Roberto Mancini, proprio colui che otto anni fa contribuì a lanciarlo: l'eccellente rendimento offerto contro Inghilterra e Ungheria ha 'convinto' Inzaghi a spostarlo definitivamente sull'esterno, nel complicato tentativo di non far rimpiangere un certo Ivan Perisic. Impresa ardua per chiunque, ma Dimarco ha dalla sua un'arma in più: la tenacia mostrata nel corso della scalata per prendersi ciò che sentiva di appartenergli.


