Se pensiamo alla Francia e alla Ligue 1, pensiamo inevitabilmente al PSG. Poi possiamo pensare al Lione o al Monaco, negli ultimi anni protagonisti di exploit in Europa. O magari al Marsiglia, per la sua storia e per le sue vicende particolari. Ci viene in mente anche il Lille, forse anche il Bordeaux e addirittura il Lens.
Ma chi di voi sente Francia e pensa al Saint-Etienne? Probabilmente nessuno, se non gli appassionati di nicchia del calcio transalpino. Eppure 'Les Verts', 'I Verdi', come vengono chiamati in patria, sono la squadra più titolata di Francia. Titoli intesi come campionati, 'scudetti', come li chiamiamo qui da noi. Il Saint-Etienne ne ha vinti 10, come il PSG che nel 2022 è riuscito ad eguagliarlo, dopo che per oltre 40 anni ha detenuto da solo e indisturbato lo scettro di club con più trionfi in bancheca.
Proprio l'annata della retrocessione del Saint-Etienne, 18 anni dopo l'ultima esperienza in Ligue 2.
Con l'arrivo di Al-Khelaifi al ponte di comando, il Paris ha iniziato la sua scalata che l'ha portato prima a raggiungere l'OM a quota nove e poi appunto il Saint-Etienne. Ai parigini sono serviti quasi dieci anni di dominio per issarsi lassù al fianco di una società oggi certamente lontana dalle luci della ribalta, ma la cui storia vale la pena di essere raccontata, per quanto fantastica e allo stesso tempo drammatica.
Tutto inizia nei lontani e indimenticabili anni '60. Il Saint-Etienne torna in Ligue 1, che a quei tempi si chiamava ancora Division 1, e dà il via a un dominio incontrastato. Vince il campionato da neopromossa e si laurea campione di Francia altre quattro volte nei successivi cinque anni. A guidare quella squadra c'è un certo Albert Batteux, il tecnico ideatore del calcio-champagne, uno che qualche annetto prima aveva estasiato l'Europa con lo Stade Reims, consacrando il talento di una leggenda come Raymond Kopa.
La stella, in quel Saint-Etienne, è un certo Salif Keita. Leggenda narra che sia fuggito dal Mali e una volta atterrato a Parigi abbia chiesto al tassista di accompagnarlo allo stadio del Saint-Etienne, che si trovava soltanto a 500 km di distanza. Keita è talmente dominante che Batteux si lascia andare a dichiarazioni di questo tipo:
"Se fosse nato in Brasile avrebbe oscurato la stella di Pelé" .
Il Saint-Etienne di quegli anni è un po' come il PSG di oggi, solo con meno soldi da spendere. In Francia ormai vince facile e allora il presidente Rocher decide che è arrivato il momento di dare l'assalto all'Europa. Così fa una scelta forte, talmente forte e all'avanguardia che farebbe scalpore anche nel 2022. Decide di affidare la squadra a Robert Herbin, che si è ritirato proprio al termine della stagione precedente. Ha solo 33 anni e passa dal ruolo di centrocampista a quello di allenatore.
Herbin non ha praticamente nessuna esperienza come tecnico, ma ha le idee chiarissime. E' infatti uno dei primi a mettere in primo piano la preparazione atletica per colmare il gap con le squadre del nord-Europa dal punto di vista fisico. Il suo modello di gioco è quello dell'Ajax di Cruijff e mette i giovani al centro del progetto, grazie anche all'aiuto di Pierre Garronaire, uno dei migliori direttori sportivi del paese.
Le idee di Herbin sono all'avanguardia come quelle del suo presidente. Prende Osvaldo Piazza, giovane attaccante argentino prelevato dal Velez, e lo trasforma in difensore centrale. In compenso Herbin lo lascia libero di attaccare, per non snaturare del tutto le sue caratteristiche. L'esperimento funziona alla grande e Piazza diventa così uno dei grandi protagonisti del nuovo ciclo dei Verdi, che dopo altri tre titoli consecutivi sono pronti per dare l'assalto alla Coppa dei Campioni.
GettyQuel Saint-Etienne è protagonista di imprese incredibili e rimonte storiche, sia in Francia che in Europa. E' una squadra che non molla mai, capace di perdere 4-1 in trasferta e vincere 5-1 in casa, ribaltando tutto. Una squadra per certi versi folle e fuori dagli schemi come il suo allenatore Herbin, che in occasione di una partita contro il Bastia, valida per la vittoria del titolo, si schiera titolare in difesa e segna pure un goal su calcio di rigore.
Stagione 1975-76, i tempi per vincere la Coppa dei Campioni sono finalmente maturi. Il Saint-Etienne nel frattempo ha una nuova stella, Dominique Rocheteau, 'l'Ange Vert', ovvero 'l'Angelo Verde', tanto forte quanto vulnerabile alle attenzioni che gli riservano i difensori avversari. In campo svolazza e ondeggia con la sua chioma come se avesse le ali. Sembra veramente un angelo e l'unico modo per fermarlo è fargli fallo. E se si fa male, ancora meglio.
Non c'è quindi da stranirsi se il Saint-Etienne arriva a giocarsi la finale di Coppa dei Campioni con Rocheteau a mezzo servizio. L'avversario è il Bayern Monaco di Franz Beckenbauer, Sepp Maier e Gerd Muller, campione d'Europa per due anni consecutivi e in cerca del tris. I bavaresi hanno già elminato il Saint-Etienne un anno prima in semifinale e partono ovviamente favoriti. La finale si gioca a Glasgow, in un Hampden Park completano ricoperto di verde. C'è però un piccolo ma decisivo dettaglio: i pali delle porte sono quadrati e non rotondi come nel resto d'Europa. Sono dei maledettissimi 'poteaux carrès', 'pali quadrati', appunto. Due parole che si legano per sempre alla storia del Saint-Etienne.
In finale, dal punto di vista del gioco, non c'è proprio partita. Il piccolo Saint-Etienne domina uno dei Bayern più forti mai visti, ma va a sbattere proprio su quei pali. Una volta, due volte, la palla si infrange sulla parte bassa della traversa ma non entra in porta. Ed è a questo punto che entrano in scena i tedeschi, quei cinici e spietati tedeschi. Quelli a cui basta poco per far valere 'la dura legge del gol'.
Loro stanno chiusi ma
Alla prima opportunità
Salgon subito e la buttan dentro a noi
La buttan dentro a noi
Punizione dal limite, tocco a due ed 1-0 Bayern. La finale si decide praticamente lì. A otto minuti dalla fine Herbin decide che è arrivato il momento di mandare dentro Rocheteau, che da mezzo infortunato fa totalmente impazzire la difesa del Bayern e mette in porta il compagno Revelli, che però è stremato e calcia in mano a Sepp Maier. Non c'è più tempo, il Bayern vince la sua terza Coppa dei Campioni di fila e il Saint-Etienne si ferma a un passo dal cielo. Impossibile, però, non pensare ai 'poteaux carrès'.
Nel corso dell'estate un gruppo di scienziati, dopo accurati studi di balistica, stabilisce che se i pali fossero stati rotondi e non quadrati il Saint-Etienne avrebbe segnato sicuramente due goal. "Se mia nonna avesse le ruote... " : già, in molti potrebbero rispondere così. Fatto sta che il Saint-Etienne viene comunque accolto in Francia da trionfatore, addirittura sugli Champs Elysées, a dimostrazione che oltre a essere la squadra più titolata è anche quella più amata di Francia. E normalmente le due cose non vanno mai insieme.
L'anno successivo il Saint-Etienne tenta un nuovo assalto alla Coppa dei Campioni, ma si ferma nei quarti di finale contro il Liverpool futuro campione. Ad Anfield, nella gara di ritorno, i Verdi giocano una delle migliori partite di sempre, ma non basta. Quel giorno, sotto lo sguardo della Kop, inizia l'era del grande Liverpool e finisce quella del Saint-Etienne, che avrebbe meritato la vittoria in Europa come degna conclusione.
L'ultimo sussulto del Saint-Etienne è la vittoria del 10° titolo, quello dei record, incastonato tra le gemme di Michel Platini, stella e trascinatore con 20 goal. La politica nel frattempo è cambiata, meno giovani e più grandi nomi. Una politica che alla fine si rivela insostenibile. Nell'estate del 1982 Platini viene ceduto alla Juventus e il Saint-Etienne inizia la sua discesa nell'anonimato, tra rumorose retrocessioni e silenziose risalite.
Nel 2013, 32 anni dopo l'ultimo trionfo, il Saint-Etienne torna a vincere un titolo, la Coppa di Lega, in finale col Rennes. Il protagonista è un certo Pierre-Emerick Aubameyang, l'uomo che torna ad accendere i riflettori sul Saint-Etienne dopo anni di buio. L'uomo che riporta i Verdi in Europa, dopo una lunghissima assenza. Oggi la dimensione del club è ben diversa, di nuovo in Ligue 2 e i fasti degli anni '70 appaiono irreplicabili. Ma dopo aver letto questa storia, se pensate alla Francia non potete non pensare al Saint-Etienne.




