La scorsa estate il Chelsea ha sborsato una sessantina di milioni per strappare al Lipsia Timo Werner. Uno degli attaccanti più caldi del calcio europeo, uomo da 34 goal in una sola stagione, da 28 reti in Bundesliga. Con all’attivo oltre un centinaio goal e quasi 300 partite da professionista. Il tutto a 24 anni.
A qualche mese di distanza, in pochi possono dirsi soddisfatti di quanto mostrato dal nativo di Stoccarda nella sua esperienza inglese. Nonostante una partenza convincente. Al momento, il bilancio è di 11 miseri goal. Ben sotto le sue medie nei quattro anni al Lipsia: 21, 21, 19, 34.
Il cambiamento per Werner è stato radicale. Non soltanto ha conosciuto un campionato diverso, ma anche una realtà ben differente da quella in cui ha trascorso le ultime stagioni, in cui è stato protetto e valorizzato, risultando la star della squadra. Status giustificato dai numeri: 95 goal e 40 assist in 159 presenze.
Con lui i Roten Bullen partivano già da 1-0. Gli è sempre stata data la massima libertà di muoversi su tutto il fronte d’attacco, giocando quasi sempre in coppia con Yussuf Poulsen, attaccante di fisico, poco tecnico, ma bravissimo a leggere il gioco e deputato ad aprirgli gli spazi. Con Werner componeva una coppia quasi perfetta, a cui nessuno ha rinunciato: né Ralph Hasenhüttl, né Ralf Rangnick, né Julian Nagelsmann.
Getty ImagesLe caratteristiche di Werner non lo rendono un ‘nove’ puro, ma un giocatore che ha bisogno di partire da posizione centrale per potersi allargare per esprimersi al meglio. Nonostante i numeri, non è un vero bomber come in molti potrebbero pensare. Ha bisogno di velocità, di giocare ad alto ritmo. Paradossalmente meno ci pensa, meglio sa cosa fare. Istinto più che razionalità. La chiave è sempre stata la fiducia: goal continui, con poche pause. Curiosamente, nella stagione 2018/19 i primi 10 goal in Bundesliga i ha segnati con cinque doppiette.
Quella fiducia che al Chelsea sembra aver smarrito, vuoi per un ambiente diverso, vuoi per un calcio diverso nel quale le sue caratteristiche non sono inevitabilmente esaltate come capitava al Lipsia. Werner ha faticato ad inserirsi nel contesto, a trovare il suo ritmo, ad abituarsi ad un'intensità diversa e a una frequenza decisamente maggiore - ha già giocato 45 partite, record per lui: non ha mai giocato così tanto - a trovare in generale campo da attaccare come piace a lui. Ha accusato la mancanza di un Poulsen al suo fianco.
Lo stesso Thomas Tuchel, allenatore che ha affrontato da avversario in Bundesliga, ha riconosciuto limiti di fiducia nell’attaccante classe 1996, sottolineando come un errore in uno-contro-uno nella partita di sabato contro il West Ham lo abbia condizionato negativamente per il resto della gara. E si è tramutato in un incubo, visto che anche contro il Real Madrid dopo pochi minuti si è mangiato un goal solo davanti al portiere, che ha presto fatto il giro del web.
“Ha sbagliato un grosso goal contro il West Ham e anche oggi un altro - ha affermato Tuchel nel post gara - Non lo aiuta, ma non aiuta piangerci sopra o rimpiangerlo sempre. È così. È arrabbiato e deluso, domani ha un giorno libero per rialzare la testa”.
Soltanto l’ultimo di una serie di errori da matita blu commessi da Werner — cercando su Google compare una serie spaventosa di disastri. Nel frattempo ha perso il posto anche nella nazionale tedesca: nella Germania veniva utilizzato già da tempo come attaccante esterno, visto anche il fallimento dell’esperimento da ‘nove’ nel Mondiale 2018, che la nazionale tedesca ha chiuso con l’eliminazione ai gironi.
Nelle tre partite di marzo però non ha giocato mai titolare: Joachim Löw gli ha preferito il suo compagno Havertz, oltre agli intoccabili Gnabry e Sané. E il goal sbagliato contro la Macedonia che ha fatto il giro del mondo non ha aiutato a ribaltare le gerarchie.
Le critiche stanno piovendo copiose su Werner, ultima quella di Marco van Basten, che di attacco e di goal se ne intende. A 'Ziggo Sport’ l’ex Milan ha affermato che Werner “gioca veramente male”. Le prestazioni tendono a dargli ragione: soltanto 3 goal segnati nelle ultime 32 partite giocate con i Blues. La sostituzione dopo 65 minuti al Di Stefano bolla un’altra prestazione negativa per un attaccante diventato irriconoscibile.




