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Mark HughesGetty/Goal

Idolo del vecchio United, scarto del nuovo City: Mark Hughes, la doppia faccia di Manchester

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Tutto si può dire, tranne che Mark Hughes - tornato in panchina dopo 3 anni di inattività - abbia vissuto una carriera banale. Sia per quello che ha fatto, che per quello che non ha fatto. Ma anche per dove e come è riuscito a far parlare di sé, in un modo o nell'altro.

Ma andiamo nel dettaglio, per capirci qualcosa in più. Il giovane Mark Hughes è stato scoperto in Galles dal Manchester United, più o meno nello stesso periodo nel quale a Old Trafford è arrivato un certo Ryan Giggs. Erano gli anni in cui lo United si stava preparando a dominare l'Europa, ma prima di partecipare alla festa Hughes aveva altri piani.

Nel 1986 si è trasferito a sorpresa al Barcellona per comporre una coppia d'attacco tutta 'british' con Gary Lineker, ma l'esperienza blaugrana non si è rivelata certamente un successone. Hughes ha segnato solamente quattro goal, ma uno in particolare se lo ricordano benissimo i tifosi della Juventus, eliminata dalla Champions nei quarti da campione in carica proprio per mano di Hughes, autore della rete decisiva nel match di ritorno a Torino.

Quel Barcellona alla fine ha perso la finale ai rigori contro lo Steaua Bucarest e Hughes non è riuscito a guadagnarsi la riconferma in Catalogna, venendo spedito in prestito al Bayern nella stagione successiva. In Baviera, a dirla tutta, le cose non sono andate tanto meglio: Hughes ha collezionato solo 18 presenze e sembrava aver imboccato la strada sbagliata, almeno fino a quando non ha ricevuto una seconda chiamata da Manchester. All'altro capo del telefono c'era Sir Alex Ferguson, che lo rivoleva allo United.

Mark Hughes Manchester UnitedGetty

I Red Devils lo hanno pagato 1,8 milioni di sterline, cifra record per l'epoca. Cifra investita alla grande, visto che negli anni successivi Mark Hughes è diventato un vero e proprio idolo a Old Trafford, con il soprannome di 'Sparky', ispirato a un personaggio dei fumetti. Oltre 250 presenze e 82 goal segnati in tutte le competizioni, 10 trofei e due volte vincitore del premio di miglior calciatore dell'anno FIFA.

Uno come Hughes, però, ha avuto anche la faccia tosta di trasferirsi al Chelsea di Zola e Vialli per vincere ancora, in patria e in Europa. Ancora una volta è stato lui a far piangere un'italiana, ancora una volta con un goal decisivo. Dopo la Juventus di Platini, è toccato al Vicenza dei miracoli di Guidolin, rimontato a Stamford Bridge 3-1 nella semifinale di Coppa delle Coppe, poi vinta in finale contro lo Stoccarda.

Hughes ha praticamente vinto ovunque sia andato, anche al Blackburn nell'ultimo anno di carriera, conquistando una storica Coppa di Lega a 38 anni, da titolare indiscusso, prima di dire addio al calcio e iniziare una carriera di allenatore che lo ha portato ancora una volta a Manchester, ma stavolta dal lato 'sbagliato'.

Mark Hughes è stato infatti scelto come primo allenatore del Manchester City degli sceicchi. Cioè scelto, insomma.Ha preso il posto di Eriksson quando il City era ancora in mano a Shinawatra ed è rimasto in panchina quasi 'per sbaglio', mentre la nuova proprietà spendeva 140 milioni di euro per mettergli a disposizione gente del calibro di Tevez, Robinho, Adebayor e compagnia bella. All'apparenza sembrava essere l'allenatore più fortunato e invidiato al mondo, ma la realtà era ben diversa.

Tutti si erano infatti reso contro che Hughes non era esattamente il profilo adatto per gestire quel tipo di giocatori. Lo sapevano i tifosi e lo sapeva anche la proprietà, che stava solo aspettando il momento gusto per farlo fuori. E quel momento è arrivato poco prima del Natale 2009, nel modo più imbarazzante e umiliante possibile.

Il City non era partito benissimo, questo bisogna dirlo. E il pesante 3-0 subito dal Tottenham ha segnato di fatto la fine del mandato di Hughes, con un bilancio di una sola vittoria nelle ultime 10 partite giocate. Gli sceicchi avevano già trovato l'accordo con Mancini prima della successiva partita col Sunderland, ma visto che si sarebbe giocata appena tre giorni dopo, hanno preferito aspettare prima di esonerare Hughes. La notizia, comunque, non sarebbe dovuta trapelare. Ma alla fine, ovviamente, è trapelata.

"Stavo andando alla partita con mia moglie e i miei figli in macchina quando ho ricevuto una telefonata da un giornalista che mi diceva che quella sarebbe stata la nostra ultima partita", il racconto di Bowen, vice di Mark Hughes.
"Sono arrivato allo stadio e Mark era già nella sua stanza, aveva avuto la stessa notizia. È stato davvero surreale. Mark era professionale e ha detto di fare il nostro, ossia vincere quella partita".

In pratica, Hughes si è seduto per l'ultima volta sulla panchina del City sapendo già di essere stato esonerato. La partita, per la cronaca, è terminata con un pirotecnico 4-3 in favore dei Citizens, ma al triplice fischio l'attenzione era totalmente rivolta su Hughes, che ha ricevuto grande solidarietà da colleghi e giornalisti per lo smacco subito.

Per quanto impopolare e totalmente sbagliata nelle modalità, la scelta di affidare la squadra a Mancini si rivelerà vincente per il City. La storia, del resto, è piuttosto nota, anche se probabilmente non sono in molti a sapere che nella ormai famosissima partita contro il QPR, quella del goal di Aguero all'ultimo secondo, quella che ha regalato il primo storico titolo al City dopo 44 anni, sulla panchina del QPR c'era seduto proprio Mark Hughes.

"Ricordo che avevamo appena subito il 2-2. Noi eravamo salvi, ma lo United aspettava il nostro risultato per festeggiare. Pensai: non mi dispiacerebbe che lo United vincesse il titolo, sono sincero. Allora dissi ai giocatori di lanciare il pallone più lontano possibile, perché la partita era finita".

In realtà quel pallone fu raccolto da Joe Hart, che avviò l'ultima azione del match, quella che portò al 3-2 di Aguero. La definitiva chiusura del cerchio per Mark Hughes, legato indissolubilmente alla storia calcistica di Manchester, che sia Red o Blue.

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