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Vincenzo IaquintaGetty Images

Iaquinta alla Juventus: generosità al potere

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Stagione 2007-2008. Non un'annata come tutte le altre, affatto, bensì l'Annata. La Juventus che ritorna in Serie A. La Juventus impegnata a ricostruirsi, strutturalmente e spiritualmente, dopo Calciopoli.

Un terremoto simile, si sa, lascia pesanti macerie. Con i vertici bianconeri, quindi, costretti a studiare un piano finanziaro per rilanciare le sorti di una nobile decaduta. Da qui, attraverso un atto di forza proposto nel giugno 2007, la scelta delle scelte: aumento di capitale.

Un rafforzamento significativo proposto dagli azionisti, per un controvalore complessivo di oltre 101 milioni, cifra tutto fuorché banale se contestualizzata al periodo.

Obiettivo chiaro, dunque, con i vertici chiamati a consolidare un nuovo piano industriale. Affidato nelle mani di Giovanni Cobolli Gigli, Jean-Claude Blanc e Alessio Secco. Ovvero coloro che, un anno prima, presero il posto della Triade.

Ecco, quindi, i primi investimenti sul mercato. Con un obiettivo primario, individuato da mesi, chiamato a rinforzare l'attacco di Claudio Ranieri. Si chiama Vincenzo Iaquinta, è di proprietà dell'Udinese, ed ha appena vinto un Mondiale. GIà, vero e proprio uomo in più di Marcello Lippi, che ne apprezza - eccome - l'eclettismo sul fronte offensivo.

Tra un consiglio e l'altro, dunque, nella vecchia sede di corso Galileo Ferraris decidono di fare sul serio. Come? Preparando un assegno da 11,3 milioni, spedito alla famiglia Pozzo. La trattativa va in porto e, dal canto suo, il centravanti calabese si lega a Madama con un contratto pluriennale da 2,4 milioni netti annui. Insomma, un bel salto di qualità per chi ha saputo costruirsi dal nulla:

"Dopo sette stagioni a Udine è arrivato il momento di fare il salto di qualità, credo di avere l’età giusta per realizzare questo sogno. Sono consapevole di essere arrivato al top e che d’ora in avanti sarà tutto più difficile perché aumentano le responsabilità. Gioco meglio quando sono sotto pressione e non vedo l’ora di cominciare questa nuova avventura. Sarà una grande sfida, che affronto con entusiasmo e con l’orgoglio di poter contribuire a riportare questa squadra ai massimi livelli, in Italia e in Europa".

Dotato di fisicità, velocità e fiuto del goal, Iaquinta incarna perfettamente l'etichetta di attaccante un moderno. E infatti, al netto degli infortuni, Vincenzo conquista subito un ruolo da protagonista nella Juve. Affiancando, con ottimi risultati, i compagni di reparto: Del Piero e Trezeguet in prima linea.

Basti pensare all'esordio, al 5-1 rifilato al Livorno, con l'ex Udinese a siglare una doppietta caratterizzata da un rigore trasformato e, successivamente, da una deviazione fortuita su una conclusione di Nedved.

La Juve viaggia ad annate alterne, tra alti e bassi, con una nuova rivoluzione a completare il quadro. Questa volta, però, positiva. Approda in panchina Antonio Conte, già capitano bianconero, e vanno in scena diversi cambiamenti.

La dirigenza, nel frattempo cambiata con gli arrivi di Beppe Marotta e Fabio Paratici, decide dimettere Iaquinta sul mercato: con annesso passaggio in prestito, il 31 gennaio 2012, al Cesena. Esperienza effimera - 7 gettoni e 1 rete - e conseguente rientro alla base.

Zero convocazioni, zero presenze. Si chiude così l'avventura di Iaquinta alla Juve e, in generale, con il calcio giocato. Con un solo rimpianto alle spalle, proprio come raccontato dal Campione del Mondo a 'Tuttosport':

"Mi spiace non esser stato protagonista nella Juve di Conte. Una squadra con una mentalità straordinaria. Sono uscito di scena proprio sul più bello. Il mister stravedeva per me. Ricordo le parole che mi disse quell’estate: “Vincenzo, fammi vedere che sei quello che penso, poi convinco io la società a tenerti”. Purtroppo, però, mi infortunai".

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