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Giuliano Giuliani, dai trionfi con il Napoli alla tragica morte per AIDS

La sua ascesa calcistica fu rapidissima, ma altrettanto rapida fu l'uscita di scena. Poi la morte, improvvisa, a soli 38 anni. Lasciato solo da quel mondo che qualche anno prima l'aveva incensato e reso celebre. Questa è la storia di Giuliano Giuliani, il portiere più vincente della storia del Napoli, che a cavallo fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta del secolo scorso vinse una Coppa UEFA e uno Scudetto.

GLI ESORDI E L'ASCESA

Giuliano Giuliani nasce a Roma il 29 settembre 1958 da una famiglia povera, con i genitori che faticano per guadagnarsi il necessario per vivere. Trascorre così i primi 3 anni in Germania, poi si trasferisce ad Arezzo dagli zii, mentre i suoi tentano di sbarcare il lunario. A 14 anni inizia a giocare a calcio in una squadra aretina, il Gabos. È ancora un ragazzo quando perde la madre e il padre.

Comincia a giocare da centravanti ma presto diventa il portiere della squadra, bruciando le tappe. Concluso il percorso nel settore giovanile, passa alla Prima squadra, che gioca nella Terza categoria toscana. Lo cerca allora il Torino, ma i suoi zii si oppongo al trasferimento. Giuliani passa invece all'Arezzo, che decide di puntare su di lui.

Alto un metro e 81 centimetri per 77 chilogrammi di peso forma, consegue il diploma di geometra e scala le gerarchie. Cresce sotto l'ala protettiva di Mario Rossi, il suo maestro, con il sogno di emulare il suo idolo, Ricky Albertosi, e nel 1976/77, complice la difficile situazione economica del club toscano, fa il suo esordio in Serie C. A Reggio Calabria i toscani escono sconfitti, e quella resta l'unica presenza della sua prima stagione da professionista.

Ma complici gli infortuni che colpiscono gli altri portieri in rosa, dall'anno seguente Giuliani trova sempre più spazio: 8 presenze nel 1977/78 e 13 nel 1978/79, finché nella stagione 1979/80 il portiere romano diventa il titolare della squadra. In 30 partite in Serie C1, subisce appena 15 goal, dando un contributo importante al campionato dell'Arezzo, che sfiora la promozione in Serie B.

Il suo nome circola con insistenza nel calciomercato estivo del 1980, quando ad aggiudicarsi il suo cartellino è il Como del presidente Mario Beretta, neopromosso in Serie A. Giuliani arriva in riva al lago come vice-Vecchi, ma si ritaglia il suo spazio, collezionando le sue prime 4 presenze in Serie A. 

Il debutto nel massimo campionato è datato 9 novembre 1980 al Comunale di Torino contro i granata di Rabitti, che schierano nelle loro fila Zaccarelli, Graziani e Pulici. Giuliani compie alcune parate importanti, ma deve capitolare contro Graziani. Poi i lombardi pareggiano nella ripresa con Nicoletti e la gara termina 1-1. La seconda stagione vede il portiere romano guadagnarsi il posto da titolare.

La squadra è tuttavia poco competitiva, e alla fine retrocede in Serie B. Giuliani non batte ciglio, e resta con i lariani per le successive tre stagioni in cadetteria, risalendo in Serie A nel 1983/84. Difende la porta del Como in una delle stagioni più belle di sempre della A: fra gli altri ci sono campioni come Maradona, Platini, Zico, Falcão, Socrates e Junior. Il Como, allenato da Ottavio Bianchi, disputa un ottimo campionato, chiudendo al 9° posto la sua stagione.

GIULIANI AL VERONA: IL BOOM E LA NAZIONALE OLIMPICA

Reduce da un gran bel torneo, nell'estate 1985 Giuliani viene scelto dal Verona per rimpiazzare Claudio Garella, il portiere dello Scudetto scaligero, ceduto al Napoli. Portiere che lascia poco alla spettacolarità ma molto concreto e continuo, che fa della regolarità e del senso di posizione i suoi punti di forza, con gli scaligeri di Osvaldo Bagnoli, reduci dallo storico Scudetto, ha il privilegio di disputare la Coppa dei Campioni.

L'avventura si conclude prematuramente agli ottavi nel derby con la Juventus, con due gare caratterizzate da pesanti polemiche arbitrali. In campionato invece la stagione è negativa, e i Campioni d'Italia chiudono al 10° posto finale. Dei 37 goal subiti da Giuliani, uno dei più celebri è senza dubbio quello dai 40 metri con cui lo castiga Maradona. Prima che i due diventino compagni di squadra, il rapporto fra il portiere e il numero 10 è caratterizzato dai diversi goal segnati dall'argentino ma anche dai due rigori (record) parati dall'estremo difensore romano al Pibe de Oro. 

Il primo è nel 3-0 dei gialloblù contro i partenopei, in una gara che rischia di far perdere al Napoli il primo titolo. Il secondo lo neutralizza un anno dopo, nella vittoria dei campani per 4-1 al San Paolo. In mezzo tante prestazioni solide, alternate ad alcuni (pochi) errori.

Giuliani era un ragazzo chiuso, introverso, - dirà di lui il tecnico Bagnoli - parlava pochissimo e io parlavo meno di lui, eppure andavamo d’accordo, avevamo rispetto reciproco e quel poco che ci dicevamo bastava a tutti e due”.

Il portiere a livello caratteriale era agli antipodi del calciatore moderno: riservato e schivo, si potrebbe definire oggi come un professionista serio. Spesso appariva agli altri con un'aura malinconica, probabilmente un residuo dell'infanzia difficile che aveva vissuto. E anche nei momenti di gioia, il suo sorriso non era mai plateale ma per lo più appena abbozzato.

Il suo lato creativo lo esprimeva nella passione per l'arte e le gallerie, interessi certamente non comuni per un calciatore. Come qualche anno dopo il messicano Jorge Campos, amava inoltre disegnare da sé le divise che avrebbe poi indossato in campo. Da geometra qual era, pensava inoltre alla realizzazione di un laser per misurare la distanza della barriera. 

A fine estate 1988 il ragazzo è premiato dal Ct. dell'Italia Olimpica, Francesco Rocca, con la convocazione come dodicesimo alle Olimpiadi di Seul del 1988. In quella squadra, sulla carta molto forte, è la riserva di Stefano Tacconi della Juventus, e davanti al giovane Gianluca Pagliuca, che in Corea del Sud ricopre il ruolo di terzo portiere. Gli azzurri incappano tuttavi in una delle sconfitte più pesanti in assoluto della storia della Nazionale, un k.o. per 4-0 contro lo Zambia nel girone che, pur non compromettendo il proseguimento del torneo, lascerà il segno.

Come accaduto qualche mese prima alla Nazionale maggiore ad Euro '88, anche il sogno olimpico dell'Italia si interrompe in semifinale e nuovamente contro l'Unione Sovietica, che schiera ancora una volta la stella Mikhailichenko a centrocampo come fuoriquota e Dobrovolskij in attacco (entrambi approderanno poi in Italia). I sovietici, con l'Italia in 10 uomini per l'espulsione di Ferrara, si impongo 3-2 ai tempi supplementari, con goal decisivo proprio dell'uomo più rappresentativo della Dinamo Kiev.  

Napoli Coppa Uefa 1988-89Getty

I TRIONFI AL NAPOLI, IL MATRIMONIO E L'AMICIZIA CON MARADONA

Dopo 3 stagioni trascorse a difendere la porta del Verona, il suo elevato rendimento fa sì che Ottavio Bianchi, il tecnico che lo aveva guidato da giovane al Como, voglia Giuliani con sé al Napoli. Il club partenopeo, infatti, aveva provveduto all'epurazione dei 'ribelli' che, a giudizio della società e del presidente Corrado Ferlaino, con il loro atteggiamento nel finale di stagione avevano contribuito a far vincere lo Scudetto al Milan di Sacchi. Fra gli 'epurati', con Giordano, Ferrario e Bagni c'è infatti anche Garella.

Giuliani ne eredita ancora una volta la porta, sostituendo all'estro e all'imprevedibilità dell'estremo difensore torinese la sua serietà e regolarità, dopo esser stato vicino alla firma con l'Inter, che sembrava sul punto di rompere con Walter Zenga. La stagione 1988/89, la prima all'ombra del Vesuvio, è positiva e ricca di soddisfazioni. In campionato gli azzurri si ritagliano il ruolo di principale avversaria dell'Inter dei record di Trapattoni, e chiudono con un brillante 2° posto finale, arrivano in finale di Coppa Italia ma, soprattutto, vincono una storica Coppa UEFA.

Il cammino di Giuliani in Europa è altalenante. Il portiere è senza dubbio decisivo nel cammino della squadra di Bianchi, ma sarà ricordato più per i due errori commessi sui goal di Gaudino e Klinsmann nella doppia finale contro lo Stoccarda, che per le grandi parate fatte nei turni precedenti.

La memoria, si sa, in ambito calcistico, ha spesso vita breve, ma l'estremo difensore partenopeo è fondamentale sicuramente nell'andata dei sedicesimi di finale allo Zentralstadion contro il Lokomotive Lipsia, quando fa almeno 4 parate decisive, che consentono alla squadra di pareggiare 1-1 in Germania Est, nei quarti di finale contro la Juventus e nella semifinale di andata al San Paolo contro il Bayern Monaco, in cui compie un autentico miracolo su Olaf Thon, una delle stelle dei bavaresi.

A Napoli Giuliani corona anche il suo sogno d'amore, sposando la bella Raffaella Del Rosario, modella e conduttrice tv. La coppia organizza la luna di miele in Polinesia, dove trascorre giorni felici assieme a Diego Maradona, la sua fidanzata Claudia e tutto il suo clan. Nonostante caratterialmente sia agli opposti con il suo compagno di squadra, e il portiere non ami la vita notturna, i vizi e gli eccessi di cui è spesso protagonista il fuoriclasse argentino, fra Giuliani e Diego nasce un legame di amicizia molto forte. 

È quello un periodo molto positivo per il portiere, che nel novembre del 1988 viene convocato da Azeglio Vicini in Nazionale maggiore per l'amichevole contro l'Olanda. Gara che si gioca all'Olimpico di Roma e in cui, assente Zenga, è ancora una volta la riserva di Tacconi. 

Tutto lascia pensare a un futuro roseo per Giuliani, che aspetta anche una figlia da sua moglie Raffaella, ma nell'autunno del 1989 accade il fatto che sconvolgerà per sempre la carriera e la vita del portiere romano. Maradona, infatti, per le sue nozze con Claudia Villafane, invita tutta la squadra e anche i coniugi Giuliani a Buenos Aires.

Raffaella però ha partorito da poche settimane e deve badare a sua figlia Gessica, così a quella festa, caratterizzata da sfarzo, lusso, risse, eccessi e risvolti a luci rosse, partecipa il solo Giuliani. Anche se appare difficile pensare ad una persona seria come il portiere romano lasciarsi andare in una simile situazione, è probabilmente in quel contesto che si consuma il suo dramma.

Resta titolare del Napoli anche nella stagione 1989/90, ma il suo rendimento non sempre è brillante e ad un certo punto perde il posto da titolare in favore di Raffaele Di Fusco, salvo poi riprendersi il posto da titolare fino alla conquista del 2° storico Scudetto del Napoli, il primo per lui. Nella gara decisiva contro la Lazio, blinda il titolo con alcuni preziosi interventi. In Nazionale, chiuso dai due mostri sacri, contenderà a Pagliuca il ruolo di terzo portiere ai Mondiali di Italia '90, ma alla fine gli sarà preferito il collega blucerchiato.

DALLO SCUDETTO AL RITIRO PRECOCE

L'idillio fra Giuliani e il Napoli si interrompe all'improvviso. Il portiere cresciuto ad Arezzo non potrà rigiocare infatti la Coppa dei Campioni, perché a 32 anni passa all'Udinese, in Serie B, con il club campano che al suo posto acquisterà dal Milan Giovanni Galli. Per uno strano caso del destino, si ritrova ancora una volta a succedere a Garella, ed è la terza volta nella sua carriera.

Nel 1991, dopo appena 3 anni di matrimonio, Raffaella lascia il padre della sua bambina, Gessica, nata appena due anni prima. Un demone infido e mortale si stava facendo strada nel fisico e nell'animo dell'estremo difensore, ma nessuno in quel momento, tranne la sua ex consorte, potevano saperlo.

Giuliani disputa due buone stagioni in Serie B, dando un contributo fondamentale nel 1992 alla promozione dei friulani in Serie A. Nel massimo campionato gioca quella che sarà la sua ultima partita, il 6 settembre del 1992, nella vittoria per 2-1 contro l'Inter. In quella gara si infortuna gravemente e non gioca più fino al termine della stagione, che vede la squadra salvarsi dopo lo spareggio con il Brescia. Decide quindi di ritirarsi dal calcio giocato a 34 anni.

La precoce fine della carriera del portiere lascia il campo a chiacchiere e sospetti. Finché un giornale sportivo, in tempi in cui la privacy non era ancora tutelata come oggi, lancia lo scoop: "Giuliani ha l'AIDS". Il portiere, che non conferma e non smentisce, si limita a reagire con sdegno: "Bastardi, sono solo capaci di mettere in giro voci".

Napoli 1989/90 Serie AWikipedia

LA SIEROPOSITIVITÀ E LA MORTE

Purtroppo però è tutto vero. Giuliani, che era stato sempre un ragazzo serio e con la testa sulle spalle, aveva pagato con il virus dell'HIV un rapporto sessuale non protetto con una donna, avuto probabilmente proprio in Argentina alla festa di Maradona. Quell'unica scappatella aveva causato la fine del suo matrimonio e, ancora peggio, metteva a serio rischio la sua salute e la sua stessa vita. Per giunta in tempi in cui ancora la sieropositività era considerata come "una malattia di omosessuali, prostitute o tossicodipendenti".

Dalla felicità degli anni più belli, la sua vita diventa un inferno. Ancor prima del ritiro, nel maggio del 1993, Giuliani viene coinvolto in un'oscura vicenda e arrestato dalla polizia di Udine con l'accusa di possesso di cocaina finalizzata allo spaccio, salvo poi essere immediatamente rilasciato.

Chiusa la carriera calcistica, si trasferisce a Bologna, dove gestisce un negozio di abbigliamento. Ma le sue condizioni di salute peggiorano. Raffaella, la sua ex moglie, diventa la sua unica amica e confidente. Il mondo del calcio, invece, si dimentica di lui in fretta e lo abbandona al suo destino, lasciandolo solo.

Di lui, di fatto, per alcuni anni si perdono le notizie. La tragedia si consuma il 14 novembre del 1996. Giuliani ha 38 anni e si alza presto per accompagnare a scuola sua figlia Gessica. La lascia all'entrata dopo averle dato un bacio e si avvia a piedi verso casa, ma nel tragitto accusa un malore e si accascia a terra. Ha la febbre alta, una brutta bronchite e la tosse.

Viene così ricoverato d'urgenza al reparto Malattie infettive dell'Ospedale Sant'Orsola di Bologna. La sera di quello stesso giorno, intorno alle 21, l'ex portiere se ne va via per sempre, ufficialmente per le complicazioni legate ad una crisi polmonare. Una morte strana, in condizioni normali, per chi appena qualche anno prima era un calciatore professionista.

UN EROE DIMENTICATO

Dal nosocomio, del resto, non traspare nulla, il mondo del calcio si limita a un formale cordoglio e nulla più. Giuliani, il portiere dei trionfi del Napoli, viene rapidamente dimenticato. La verità sulla sua morte emergerà soltanto nel nuovo Millennio, grazie alle testimonianze dell'ex moglie Raffaella Del Rosario, che a più riprese ha denunciato l'indifferenza e il silenzio nei confronti di suo marito.

"Giuliano è morto a soli 38 anni - ricorda l'ex moglie nel 2018 in un'intervista a 'La Gazzetta dello Sport' - lasciando una bambina, Gessica, che allora aveva 7 anni. C’eravamo conosciuti a una festa nel 1987 e fu subito amore. Il calciatore e la presentatrice tv. Poi il matrimonio che durò dall’88 al ‘91. Fino a quando mi confidò della malattia".

"Il giorno in cui mi confessò tutto era più triste del solito. Scoprì di avere l'AIDS dopo un test fatto con l'Udinese. Mi guardava, ma non parlava. Poi, di botto, senza mai fermarsi mi disse che aveva fatto delle analisi e che il responso era che aveva contratto il virus dell’HIV e non aveva scampo. Fu una coltellata nel petto. Non riuscivo neppure a parlare. Ma dentro mi chiedevo: perché proprio a me? Ma come è potuto accadere, lui che non si era mai drogato, che era un atleta, che non amava la vita notturna?".

"A voce bassa mi confidò che mi aveva tradita una volta. Una sola volta. Una scappatella, il 7 novembre 1989, al matrimonio di Maradona a Buenos Aires. Io non andai perché avevo appena partorito. Vedevo in tv lui e gli altri ballare scatenati a quella festa. E io ero in lacrime ad allattare".

Una verità sconvolgente, che porterà nel giro di pochi anni il portiere alla tragica morte.

"Per me furono sei mesi di inferno, - ha rivelato l'ex moglie - perché dovetti sottopormi a dei test. C’era da impazzire. Fortunatamente non ero stata contagiata, ma non potevo più stare con un uomo che mi aveva tradita. Così lo lasciai. Ma sono rimasta come unico sostegno di una vita che stava terminando. Anche quando seppi che stava molto male, in ospedale, andai di corsa da lui. Purtroppo non ebbi nemmeno il tempo di capire, di parlare coi medici: quella stessa sera Giuliano morì per una crisi polmonare, dovuta allo stato avanzato della malattia".

"A Napoli avevamo tanti amici, molti fuori dal calcio, ma in coppia uscivamo spesso con i Corradini e i Ferrara. - ha detto nel 2019 a 'Il Mattino' - Spesso anche con Fusi. Ma i rapporti tra Giuliano e la squadra erano ottimi. Ma quando Giuliano si ammalò lo lasciarono da solo. Era diventato un fantasma. Lo incrociavano e facevano finta di non riconoscerlo. Lui era ferito per questa indifferenza dei suoi ex compagni".

"Tutti spariti. Al funerale c'erano soltanto gli amici dell'Arezzo. Nessuno ha avuto un pensiero per lui. Chiesi a Maradona e al presidente Ferlaino di organizzare una partita per ricordarlo, non risposero neppure. Come se Giuliano non ci fosse mai stato. Questa è la verità e la mia delusione nei confronti del mondo calcio. A volte mi sembra di vivere in un film di fantascienza. Solo di recente mi è arrivato un messaggio di Alessandro Renica. Mi chiede scusa e si dice pentito per non essere venuto al funerale di Giuliano e che lo ricorda sempre con affetto. Mi ha fatto piacere, ma è stato l'unico".

Raffaella, che oggi vive da sola e ha avuto altri due figli da altre due relazioni, spera che il calcio renda finalmente giustizia a suo marito.

"Sogno il nome di Giuliano pronunciato dallo speaker del San Paolo e l’applauso dei tifosi. È il sogno per mia figlia: è giusto che lei tocchi con mano quell’amore della gente di Napoli".

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