"Rimpianti? Nessuno. Evidentemente questo era il mio percorso. Evidentemente questa era la mia storia. In bianconero, comunque, ho vinto. E di ciò sono molto contento”.
Sebastian Giovinco, tre anni fa, analizzava così la sua avventura juventina proprio ai microfoni di Goal. Una storia lunga, appassionante, nata nelle giovanili e sfociata nel passaggio in prima squadra. Insomma, un sogno a occhi aperti per qualsiasi calciatore. Che, alla fine della fiera, ha proposto 132 presenze e 20 goal. Con tre atti: primi passi con i grandi, il ritorno, il ritorno bis.
Certo, un bottino non particolarmente eclatante, ma al tempo stesso neanche da sottovalutare. Perché, con meritocrazia e gavetta, la Formica Atomica ha saputo sfruttare le occasioni. Conquistando due scudetti e altrettante Supercoppe Italiane. Mai da (assoluto) protagonista, tuttavia prezioso.
Sarebbe potuta andare peggio. Con il picco basso di rendimento toccato nella stagione 2009-2010. Qualche lampo nel 4-2-3-1 di Ciro Ferrara, pressoché impalpabile con Alberto Zaccheroni. Un'annataccia per la Signora che, infatti, confluisce nella settima piazza di campionato. Comportando, dunque, una rivoluzione societaria e tecnica.
Approda Andrea Agnelli alla presidenza. Approdano Beppe Marotta e Fabio Paratici rispettivamente in qualità di dg e ds. E approda all'ombra della Mole anche Gigi Del Neri, fresco di miracolo Champions con la Sampdoria, chiamato nel capoluogo piemontese a rilanciare una nobile decaduta.
Nel 4-4-2 proposto da tecnico di Aquileia non c'è spazio per Giovinco, che il 5 agosto 2010 viene ceduto al Parma in prestito oneroso con diritto di riscatto per la metà del cartellino. Un vero e proprio affare per il Parma che, con 4 milioni di spesa complessiva, crea i presupposti per un grande affare.
Fallisce Del Neri. E arriva Antonio Conte. Che, da grande estimatore del tuttofare offensivo piemontese, chiede a gran voce ai suoi dirigenti di riportare Giovinco alla base. Morale della favola? 11 milioni nelle casse dei Ducali e il rientro è servito.
Il terzo debutto si consuma contro il Napoli, a Pechino, dove Madama conquista la Supercoppa Italiana per 4-2 dopo i tempi supplementari. Alti e bassi, con Conte a difendere costantemente il suo "pupillo", specialmente dopo un Juve-Chievo del 2014, uno sfogo durissimo contro i giornalisti che lo attaccavano.
"Viene fatta una campagna mediatica vergognosa nei confronti di questo calciatore. Leggo che sono costretto a far giocare Giovinco perchè non ne ho altri, è brutto. In 30 anni di calcio non mi è mai capitato di leggere una cosa del genere. Forse non è simpatico, è piccolino, o magari non parla con qualche giornalista, non dà la formazione, forse fa questo Giovinco, sta sulle palle e allora lo si massacra".
Tevez va a mille, Quagliarella non scherza e successivamente arriva Llorente. Un quadro complicato dettato dalle gerarchie definite e ferree.
Dopodiché, l'atto finale. A Vinovo sbarca Max Allegri che, fin da subito, non dà grande credito alla Formica Atomica. Messaggio recepito da Seba che, nel gennaio del 2015, decide di cambiare vita accettando l'incredibile offerta del Toronto.
Rimpianti, come detto, da parte di Giovinco non ce ne sono. Vuoi perché in Italia le sue soddisfazioni se l'è tolte, vuoi perché la scelta - seppur nel pieno della carriera - è ricaduta su un percorso intrigante seguendo il doppio binario professionale-umano.
Prima, la MLS. Dopo, l'Arabia Saudita. Il tutto, con un conto in banca - eufemismo - pieno. (Non) giudicate voi.


