Roma Campione d'Italia Allievi 1993Docufilm Zero a Zero

Giocavano con Totti, non ce l'hanno fatta: "Roma, perché non ci hai dato un'altra occasione?"

Un centrocampista offensivo e due portieri. Tutti e tre della leva 1977, tutti e tre compagni di squadra di Francesco Totti, tutti e tre grandi promesse del Settore giovanile della Roma nella prima metà degli anni Novanta del secolo scorso. Chiedere a Franco Quintini, ai tempi preparatore dei portieri del Settore giovanile giallorosso, o ad Ezio Sella, che guidava la formazione Primavera della Lupa.

Loro, quei tre ragazzi, li hanno conosciuti da vicino: i nomi sono quelli Daniele Rossi, Marco Caterini e Andrea Giulii Capponi. Tre talenti che sembravano destinati a un futuro roseo nel calcio professionistico e che invece, per un vezzo della sorte, non riusciranno a fare il grande salto.

La loro storia è stata raccontata dal regista Paolo Geremei nel film documentario 'Zero a Zero' realizzato nel 2013. La pellicola, diretta, semplice ed essenziale, racconta attraverso le parole dei tre protagonisti e autorevoli testimonianze, servendosi anche di immagini amatoriali e giornali dell'epoca, come si sono svolti gli eventi e il modo in cui da un momento all'altro la sorte ha girato le spalle ai tre giovani calciatori, impedendo loro di affermarsi nel calcio professionistico come sognavano.

Al contempo fa giustizia sul talento 'dimenticato' dei tre ragazzi, che avrebbero meritato senza dubbio una seconda occasione che non hanno avuto. Tanto che guardando il documentario viene spontaneo chiedersi: come è stato possibile?

Francesco Totti Rossi AS Roma YouthDocufilm Zero a Zero

DANIELE ROSSI

"Praticamente passo direttamente dai Giovanissimi alla Primavera, saltando gli Allievi, a parte una gara: la finale nazionale con il Milan, che vinciamo 2-0 a Città di Castello, allenatore Ezio Sella. Il primo goal, su mio assist, lo segna Daniele Rossi, uno dei ragazzi di quella generazione che avrebbe meritato di più: nel suo caso, fu un ginocchio a rovinare tutto".

Con queste parole, all'interno della sua autobiografia 'Un Capitano', il grande Francesco Totti ricorda il compagno di tante battaglie nelle giovanili della Roma, Daniele Rossi, uno dei tre protagonisti del docufilm di Paolo Geremei, che ha rilasciato un'intervista esclusiva a Goal. Quella gara di cui parla Totti, che portò alla Roma lo Scudetto Allievi nel 1993, fu uno dei momenti più esaltanti dell'avventura calcistica di Daniele.

Rossi, coetaneo del futuro fuoriclasse giallorosso, nasce a Roma il 25 giugno del 1977. In lui scorre per metà sangue sardo, visto che la madre è originaria di Solarussa, un paesino di poco più di duemila abitanti in Provincia di Oristano. Fin da giovanissimo coltiva la passione per il calcio e, sostenuto dal papà, dopo un provino viene preso nel Settore Giovanile della Roma. In giallorosso fa tutta la trafila fino alla Primavera. Mancino naturale, gioca da trequartista e dimostra grandi qualità. In molti stravedono per lui, anche perché i risultati ottenuti dal ragazzo lasciano pochi dubbi.

"Alla Roma ho trascorso 10 anni della mia vita, 7 di Settore giovanile più altri 3 in cui ho fatto la riabilitazione dopo la prima operazione. Con Francesco ci sono cresciuto e abbiamo condiviso tanti momenti, dentro e fuori dal campo. Calcisticamente Francesco giocava anche con noi ma a 16 anni aveva già esordito in Prima squadra e stava stabilmente in Primavera, sempre un paio di categorie più in alto. Nel 1993 ci diede una grande mano a vincere lo Scudetto, anche se eravamo comunque un'ottima squadra. Ricordo che faceva le classiche cose che fanno i campioni. Entravamo in campo per qualche palleggio, poi lui, che ne so, prendeva la sacca dei palloni e da centrocampo diceva: 'Traversa!', calciava e colpiva realmente la traversa. Un po' queste cose che si vedono adesso fatte da Maradona e Ronaldinho, campioni un pochino più social di lui, ma io ricordo che 25 anni fa le faceva anche Francesco a 16 anni, ed erano cose che ti restavano negli occhi. Poi Francesco aveva un po' questa indolenza, tipica romana, nel mettersi a correre per il riscaldamento, ma era un vero fenomeno. Chi portava la 10? Quando giocavamo insieme sempre lui, io prendevo la 11. Ma non contava tanto il numero, quanto come duettavamo e ci divertivamo insieme".

Non mancano anche gli aneddoti fuori dal campo, in particolare in ambito scolastico.

"Con lui e altri la Roma ci mandava a fare la Ragioneria in una scuola privata. - racconta Daniele - Ogni anno in questa scuola c'erano dei piccoli esami, compresi quelli di Inglese e Francese. Ricordo in particolare, quando facemmo gli esami del terzo o del quarto anno. Iniziando il mio cognome per 'R' e il suo per 'T', siamo capitati vicini. C'erano i professori con i vari banchi davanti, disposti a ferro di cavallo. Fu una cosa fra il drammatico e il divertente. Francesco è un campione di grandissime qualità e di grande spessore umano, lo sappiamo, però a scuola non era proprio questa cima, come non lo ero nemmeno io. Fra mille difficoltà Totti lesse un piccolo brano in inglese, io stavo accanto a lui e dovevo leggerne un altro in francese. A un certo punto Francesco doveva leggere 'Mrs.' ma anziché 'Missis' pronunciò: 'Mors'. In quel momento partì una risata davanti ai professori e non riuscivamo a fermarci. Fu un momento esilarante".

Roma vincente al Torneo di ParigiDocufilm Zero a Zero

Nei suoi anni con le Giovanili della Roma, il talento di Daniele Rossi è riconosciuto anche a livello internazionale quando a 16 anni è il protagonista assoluto della 4ª edizione del Torneo internazionale di Parigi, riservato ai Cadetti (Under 17), che si gioca allo Stadio di Colombes o Yves du Manoir, lo stesso del celebre film 'Fuga per la vittoria' e l'impianto in cui nel 1938 Giuseppe Meazza alzò al cielo la seconda Coppa Rimet vinta dall'Italia.

"In quell'occasione giocammo la finale contro il Benfica e fui premiato come 'Miglior giocatore del torneo' perché segnai il goal della vittoria in quella partita. Il mio contendente come miglior giocatore era Nuno Gomes del Benfica, che poi giocherà in Italia con la Fiorentina e in Nazionale con il Portogallo. A 16 anni posso dire di essere stato più forte di Nuno Gomes. Di sicuro dicono che ero bravo, come Caterini, Capponi e altri. Poi basta un attimo, un episodio fortunato o sfortunato, e cambia tutto. Nel mio caso è stato l'infortunio al ginocchio. Parigi comunque fu il momento più bello, perché significava che anche a livello internazionale ero valido. Dopo arrivarono anche lo Scudetto Allievi e la Coppa Italia Primavera. Quelli sono stati per me momenti veramente belli. In generale il profumo di Trigoria, il sole e la libertà di giocare mi sono rimasti oggi più dei trofei e di tutto il resto. Per me giocare a calcio era esprimere il mio essere".

A 19 anni il sogno di Daniele si interrompe bruscamente. A Norcia, in ritiro, la Primavera della Roma affronta il Palermo. In un'azione normale il piede gli si pianta in una buca e il ginocchio si gira. Gli salta il crociato. Daniele deve operarsi, ma è convinto che tornerà in campo più forte di prima. Invece non sarà così, perché nell'operazione ci sarà un errore (una vite fissata male) ed alcuni anni di tentativi di riabilitazione porteranno Rossi ad entrare in crisi, anche psicologicamente, e ad alzare bandiera bianca.

"Dopo l'operazione sbagliata ho avuto anche una parentesi depressiva. Quell'evento mi ha proprio stroncato. Io ero nato per fare il calciatore, a 19-20 anni quello che mi successe fu una bella botta, come avere un grave lutto. Poi però sono potuto andare in Francia per togliere questa vite messa male e a 30 anni, grazie a un fisioterapista, ho ripreso a giocare. Ormai però avevo perso il treno, quello importante, per poter fare il calciatore professionista. Sicuramente la Roma, rendendosi conto che l'operazione che mi avevano fatto era sbagliata, avrebbe potuto intervenire prima, parlando con me, fissando un nuovo intervento, ma non è stato così. A posteriori è facile dirlo. Il rimpianto c'è, ma oggi sto bene e ho una bella famiglia. Sicuramente anche sapendo quello che mi è successo rifarei tutto".

Daniele dopo il secondo intervento fatto a Lione ha ritrovato la gioia di giocare con gli amici a calcio a 8, e oggi allena giovani, lavora e si gode la sua famiglia.

"Penso che se qualcuno come me ha avuto la fortuna di avere un talento la cosa bella e importante è a un certo punto poterlo trasmettere agli altri. Da una quindicina d'anni alleno i ragazzi di una fascia di 12-13-14 anni, lì c'è il calcio più vero e genuino che a me piace. Negli ultimi anni sto lavorando con l'Alda Roma di Aldair, il campione brasiliano che da giocatore incarnava questi principi. Ancora oggi quando lo vedono in giro per Roma anche i tifosi della Lazio gli chiedono un autografo o una foto. E questo è molto significativo del livello del giocatore e della persona"

"Mi sono specializzato, prendendo il patentino. I ragazzi a quell'età sono molto ricettivi sia a livello tecnico, sia a livello comportamentale. Ascoltano e imparano velocemente. Allenare i giovani mi ha permesso di viaggiare molto, e ho potuto fare diversi Camp all'estero. Prima con il Milan, adesso con l'Italia Social Camp. Ho visto la Cina, l'Europa orientale, e tante realtà calcistiche diverse, anche in Paesi poveri come l'Albania. Questo mi ha arricchito tanto". 

"Oltre a fare l'allenatore di calcio, lavoro come cameriere per la Pizzeria Remo a Testaccio, una pizzeria famosa nella zona. In questo momento naturalmente siamo tutti fermi, speriamo di poter ripartire presto. È dura per tutti". 

Quel sogno infranto di fare il calciatore professionista è ormai il passato. Restano le imprese compiute con le Giovanili e quella feritina sempre aperta, pensando a quel che sarebbe potuto essere e non è stato.

"Si parla spesso di Totti e Cassano come grande coppia. - conclude Daniele - Ed è vero, a Roma hanno fatto cose veramente eccezionali, ma erano entrambi destri. Devo dire che io e Francesco, essendo mancino e destro, come coppia non eravamo male, duettavamo e ci intendevamo piuttosto bene. Lui questo se lo ricorda bene, tant'è vero che mi cita e mi menziona nel suo libro".

Marco Caterini Gianluigi Buffon Italy Under 16 Euro 1993Docufilm Zero a Zero

MARCO CATERINI

Nato a Roma il 14 aprile del 1977, Marco Caterini è stato un pilastro delle Giovanili giallorosse nei primi anni Novanta del secolo scorso. Portiere agile e molto tecnico, era il classico talento precoce, tanto da far parte fin da giovanissimo delle Nazionali dell'Italia. È il titolare indiscusso dell'Under 15, dove la sua riserva è niente meno che Gigi Buffon. Gioca anche a Wembley in amichevole contro l'Inghilterra. Con la Roma vince Scudetto Allievi e Coppa Italia Primavera, oltre al Torneo internazionale di Parigi nel 2003.

In Nazionale, passato all'Under 16, nel 1993 è vicecampione d'Europa. Di quella squadra che cederà in finale 1-0 contro la Polonia, fa parte anche Francesco Totti. Marco è inizialmente il portiere titolare. Buffon è il suo vice, ma quando per un leggero infortunio l'estremo difensore della Roma deve star fermo per un paio di partite, Buffon non si lascia sfuggire l'occasione e lo sopravanza nelle gerarchie.

"Marco era un portiere di livelli stratoferici. - assicura a Goal il regista Paolo Geremei - Mi diceva che all'epoca aveva fatto un calcolo: 'Da 0 a 15 anni sono il portiere più forte d'Italia. Gigi è più abile con i piedi ed è molto alto, quindi probabilmente mi prenderà il posto ma se da 0 a 15 sono il più forte, arriverò ad essere il secondo, il terzo, il decimo o al più il quarantesimo. Ma non posso pensare di non farcela'. Invece poi la vita ti porta su altre strade. Non gli venne rinnovato il contratto e lui si ritrovò a ripartire da zero. Realizzando questo documentario mi sono reso conto che il mondo del calcio è molto più spietato di quanto pensassi, basta una piccola cosa e ti ritrovi fuori".

Il procuratore che lo segue propone al ragazzo di andare a giocare in Puglia a Tricase, in Serie D, o a Guidonia a 300mila lire al mese. Lui rifiuta, il contratto con la Roma scade e così succede che Caterini, da portiere della Nazionale, si ritrova senza squadra. Farà qualche esperienza in Serie D e fra i Dilettanti, ma non sarà la stessa cosa.  

"Cito Nanni Moretti, - dice Geremei - il quale sostiene che per avere successo in ambienti molto competitivi come quello del calcio devi avere due di queste tre qualità al 100%, ed io lo sottoscrivo: 'Fortuna, talento e determinazione'. Se ne hai almeno due ce la fai. Il talento da solo non basta, non sempre è riconosciuto, e bisogna ritagliarsi lo spazio per meritarsi l'occasione e non stare fermi ad aspettarla. Sono le cose che mi ha insegnato questo documentario".

Per Marco, come per Daniele e Andrea, quella ferita è ancora aperta, ma la vita gli ha concesso a suo modo una piccola rivincita. La Roma di Zeman l'11 dicembre 1997 fa un'amichevole contro il Fiumicino, la squadra da cui Caterini riparte. Marco al 'Desideri' gioca un gran primo tempo, e tiene il punteggio incollato sull'1-1, concedendosi anche il lusso di parare un rigore a Paulo Sergio.

Andrea Giulii Capponi Franco Sensi RomaDocufilm Zero a Zero

ANDREA GIULII CAPPONI

Come Daniele e Marco, anche Andrea Giulii Capponi, il terzo protagonista del docufilm Zero a Zero, è stato una grande promessa del vivaio giallorosso. Qualità fisiche importanti e personalità, ha tutto per sfondare fra i professionisti. È il secondo di Caterini nella Roma campione d'Italia Allievi nel 1993 e nella squadra Primavera che l'anno seguente conquista la Coppa Italia di categoria. Proprio sentendosi chiuso alla Roma, Marco Storari, che degli Allievi giallorossi è il terzo portiere, sceglierà di prendere altre strade pur di poter giocare. Ma se l'estremo difensore toscano avrà una carriera di successo, altrettanto non sarà per Caterini e Giulii Capponi.

Nato nella capitale il 30 ottobre 1977, Andrea ha una crescita esponenziale e nel giugno 1995 diventa il portiere titolare dell'Italia Under 17, con cui vince il Torneo Internazionale di Monthey. Di quella squadra fanno parte anche alcuni futuri campioni, come Andrea Pirlo e Nicola Ventola, e giocatori che avranno comunque una bella carriera da professionisti, come Roberto Baronio, Luca Mezzano e Luciano Zauri.

Anche Andrea, comunque, sembra destinato ad un futuro importante. Tanto che nel 1995 Carlo Mazzone lo porta in Prima squadra come vice di Fabrizio Lorieri per la partita di addio al calcio di Emilio Butragueño. Per un giovane portiere non potrebbe esserci emozione più grande. Giulii Capponi, intervenuto in esclusiva ai microfoni di Goal, ha ricordato quei momenti felici.

"Raccontare di Madrid e della partecipazione alla partita di addio al calcio di Emilio Butragueño suscita in me ancora oggi grande emozione. Fu una cosa un po' inaspettata, perché arrivò questa convocazione per fare il secondo di Lorieri nella gara contro il Real. Per chi l'ha vissuto, Butragueño è stato un grandissimo del calcio internazionale. Oltre ad essere catapultato in un tempio del calcio, dove tantissimi giocatori non hanno avuto la fortuna di metterci nemmeno i piedi dentro, l'arrivo al Bernabeu è stato per me è un'emozione gigantesca. Ricordo che siamo stati scortati dalla polizia fino all'ingresso nell'impianto, era come un piccolo sogno che si realizzava. C'era una leggera pioggerellina, arrivammo lì prima di cena, la sera. Sugli spalti qualche luce accesa e poca gente. Visitammo il campo, era davvero bellissimo. Quello stadio è un tempio, un museo... Rientrammo poi negli spogliatoi. C'era Mazzone, ci diede la formazione e tornammo nuovamente in campo. In quel momento sugli spalti ci saranno state 90 mila persone...".

La giornata fu magica per il giovane portiere già dal pomeriggio in albergo.

"Nel pomeriggio stavamo in albergo e facevamo merenda. Sapevamo che doveva arrivare Emilio Butragueño in persona. Da gran signore lui venne e si presentò con noi. Fonseca ci faceva da interprete visto che capiva lo spagnolo. Ringraziandoci di essere venuti alla sua festa, la leggenda del Real ci portò in dono un profumo e una saponetta. Non so se avesse una profumeria e perché proprio quei doni, ma era un profumo buonissimo. Quando iniziò a consegnarli io fra me e me mi dicevo: 'Chissà se anch'io avrò questa fortuna'. Invece mi chiamò per cognome, io mi alzai di fronte a lui, ci stringemmo la mano e gli feci i complimenti, ricevendo questo bel dono. Dall'emozione non riuscii a dirgli altro".

Le emozioni per Giulii Capponi proseguirono anche durante i 90 minuti di gioco, in cui andò molto vicino a giocare.

"Era uno stadio emozionante, suggestivo, non facile da affrontare. Facemmo riscaldamento, io scaldai Lorieri sotto una delle due curve. - ricorda - A un certo punto, durante la partita, lui rimase a terra per uno scontro con un giocatore. In quel momento mi passarono per la testa mille cose, fu come una scossa elettrica... Una serata bellissima". 

Andrea Giulii Capponi Italy Under 17Docufilm Zero a Zero

In estate per lui arriva anche la gratificazione della convocazione per il ritiro di Lavarone con la Prima squadra come terzo portiere. Un grande orgoglio per un ragazzo di appena 17 anni. 

"Il ritiro di Lavarone fu una magnifica esperienza, in cui ho potuto confrontarmi con calciatori di Serie A. Io ero un ragazzetto giovane ma stavo accanto a loro. Dal di fuori sembrano tutti uomini, standoci a contatto capisci che sono tutti ragazzi semplici che hanno le stesse esigenze che hai tu. Un calciatore è un giovane vecchio e deve maturare presto. Viene richiesta subito un'indipendenza, una maturità e una serietà. In altri ambiti lavorativi ti viene dato del tempo, nel calcio invece è vero che è un mondo ovattato ma devi crescere subito. Sei giovane e ti viene data una responsabilità importante perché devi portare avanti l'immagine di una società sportiva con grande serietà. Questo richiede grandi sacrifici, considerato appunto che sei un ragazzetto".

In Trentino si verifica però l'episodio che segnerà per sempre la carriera di Andrea. Il ragazzo si scontra con le ferree regole imposte da Mazzone e dai collaboratori, gli vengono contestati dei ritardi e in un'occasione viene visto discorrere per strada con una ragazza. Al rientro in albergo il preparatore dei portieri Franco Tancredi lo avverte, qualcosa in quel momento si spezza e Mazzone, al rientro a Roma, lo rimanda con la Primavera. Qui è vittima di ostracismo, si allena ma non gioca mai per ben 2 stagioni. Non gli viene concessa una seconda possibilità e la separazione dalla Roma è la conseguenza più ovvia.

"Dopo l'episodio del ritiro fui messo in disparte. Sinceramente mi sono fatto tante domande, ma non mi sono mai spiegato fino in fondo il perché. Non ho mai trovato risposte, forse anche per paura di sentirmi dire: 'Guarda, secondo noi non sei all'altezza'. Ma allora come mai fino a poco tempo prima lo ero? Non lo so. Una motivazione potrebbero essere le antipatie personali, i rapporti con gli allenatori e il fatto che era un momento in cui c'erano tanti portieri e qualcuno doveva essere spostato. Ma ciò che mi domando io, che poi è la stessa cosa che abbiamo vissuto tutti e tre i protagonisti di questo documentario, è perché non mi è mai stata data una seconda possibilità e qual è stata l'imputazione reale".

"A suo tempo ci furono cose ben più gravi accadute con ragazzi giovani. In un Viareggio (l'edizione 1992, ndr) vennero svaligiati negozi sportivi. La Roma fece una figuraccia in quell'occasione e ancora quando noi andammo a giocare il torneo anni dopo venivamo visti male per quanto accaduto allora. Lì avrei capito, in presenza di gravi responsabilità comportamentali. Ma di grave dal mio punto di vista non ci fu nulla. In un diciassettenne gli errori possono starci. Tu del resto società hai investito su di me, come mai non trovi il modo di darmi una seconda occasione?".

Anche Giulii Capponi, come Caterini, è costretto a scendere di categoria e da portiere dell'Italia si ritrova a giocare fra i Dilettanti.

"Racconto un altro aneddoto. L'anno che andai via della Roma e mi diedero il cartellino per andare a giocare a Ladispoli, volle incontrarmi il presidente Franco Sensi, una persona fantastica. E mi chiese: 'Tu sei in grado di giocare, te la senti?'. 'Presidente, sta scherzando?', risposi io. Avevo una fame calcistica, mi sarei mangiato i palloni uno dopo l'altro pur di dimostrare il mio valore. Ci mettemmo d'accordo sulla parte economica. Lui mi disse: 'Guarda, io posso soltanto questo qui'. Io risposi: 'Presidente, a me non interessa. Io voglio unicamente giocare. Lei deve darmi la garanzia che io vado lì per giocare".

Precipitato nelle serie inferiori, per il talentuoso portiere non c'è stato verso di ottenere una nuova occasione.

"Finisci per perderti in un mare enorme. Una volta si presentò da me un procuratore dicendomi: 'Tu sei Giulii Capponi Andrea?'. 'Sì', risposi. Ma è vero che sei matto?". Rimasi senza parole. C'è una feritina sempre aperta, qualcosa di incompiuto. C'è stata una domanda simpatica fatta da Paolo Geremei nel docufilm, che cosa chiederei oggi alla Roma. Io concludo dicendo: 'Provami, dammi quella possibilità che non ho avuto'. Parlo anche a nome degli altri due. Per me la cosa è stata gestita male. Perché, anche volendo fare un discorso estremamente cinico, loro avrebbero potuto monetizzare su di noi. Atleti che avevano fatto la Nazionale e vinto campionati non penso fossero così incapaci".

"Purtroppo Sono tante le componenti per riuscire ad affermarsi in qualsiasi campo. E la componente fortuna ricopre una percentuale enorme. Poi incide tanto il fatto che in un preciso momento ti trovi ad essere giudicato da una persona e le cose vanno in un modo... Magari soltanto un anno dopo a giudicare sarebbe stata un'altra persona e le cose sarebbero andate diversamente...".

Anche il momento storico del calcio italiano giocò in quel frangente il suo peso.

"Il calcio di oggi è una realtà differente, - assicura Giulii Capponi - i ragazzi della Primavera sono spesso in tv e chiunque può giudicare al di là delle chiacchiere e delle valutazioni della società. Quando io andai in ritiro, per il mister Mazzone un giovane era un venticinquenne. Era un momento storico differente e le cose andarono così. Oggi ci sono molte più possibilità per un giovane di talento. Faccio l'esempio di Lampros Choutos, un ragazzo molto forte che giocava con noi in quegli anni e che secondo me ha raccolto poco per le sue qualità. Lui per farsi prendere dalla Roma dovette mandare delle videocassette. Oggi fa sorridere...".

Le domande senza risposte restano, ma fanno ormai parte del passato di Andrea.

"Attualmente lavoro in un negozio in Vaticano, ho avuto questa fortuna, anche se è una cosa molto diversa da quello che era il mio sogno".

IL DOCUFILM ZERO A ZERO

A fare luce sulla storia delle tre giovani promesse della Roma è stato, come detto, il regista Paolo Geremei, da sempre affascinato dagli aspetti meno noti e più nascosti dell'universo calcistico. Intervistato in esclusiva da Goal, ha raccontato come è avvenuta la genesi del documentario.

"Avrei voluto che ci fosse nel titolo del docufilm un riferimento all'età dei ragazzi, infatti uno dei primi era '17 anni a giugno', con un chiaro riferimento a una canzone di Ferrè. Mi piaceva molto, ma sapeva tanto di film d'autore. Un amico regista allora mi chiamò e mi disse: 'Ho già il titolo per te, Zero a Zero'. Io non me lo sono fatto spiegare, ci ho pensato su una notte poi ho detto: 'È bellissimo', perché è quello che penso io delle loro vite. Ci sono mille partite, quella decisiva per i tre protagonisti del film deve ancora iniziare. La vita può cambiare a 40 anni, figurarsi a 20. Sulle loro storie penso che il contesto storico abbia influito notevolmente. Nel calcio dell'epoca c'era molta più dipendenza dai procuratori e meno attenzione per i ragazzi". 

"Per il resto sono partito dal basso ed è stata una produzione autoprodotta, per cui non ho avuto chissà quali reticenze dal mondo del calcio. L'unica difficoltà è stata che dovevamo intervistare Totti ma lui il giorno prima ha fatto una dichiarazione che alla Roma non è piaciuta e quindi gli hanno impedito di fare l'intervista per il mio documentario. La cosa veramente difficile è stata scavare nel dolore dei ragazzi, nel toccare con mano la loro delusione". 

Il docufilm con la storia delle tre promesse giallorosse ha ricevuto diversi riconoscimenti importanti in tutta Italia fra il 2012 e il 2013, fra cui quello di 'Miglior film' al Biografilm Festival di Bologna.

"Al di là dei premi che sono arrivati, l'orgoglio più bello è che Gigi Di Biagio e Damiano Tommasi lo fanno vedere ai giovani calciatori di oggi, e che molte scuole me lo chiedono per proiettarlo ai ragazzi". 

Paolo Geremei è anche il Direttore artistico del 'Calcio solidale Film Fest', giunto alla terza edizione. Il Festival si occupa di calcio solidale (calcio integrato, calcio femminile, calcio per ragazzi con disabilità, calcio praticato da migranti), ovvero del calcio come strumento di inclusione, con i suoi valori sociali, ed è il primo Festival di calcio organizzato in Italia. Tra poche settimane inoltre ricorrono due anni dal documentario 'Prima dell'ultima', in cui si racconta la città di Roma la notte prima dell'addio al calcio di Francesco Totti.

Per acquistare il DVD di 'Zero a Zero' e organizzare proiezioni potete scrivere a: geremeipaolo@gmail.com

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