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Alberto Gilardino GuangzhouGetty

Il titolo vinto e il Mondiale svanito: i sei mesi di Gilardino in Cina

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C'è un peccato originale, alla base di tutto ciò che accadde nell'estate del 2014: l'ultima, per l'Italia calcistica, con una Coppa del Mondo seguita tifando l'Azzurro e non una Nazionale "preferita", pescata a caso. C'è, ad esempio, che a volte aspettative e realtà non si incrociano, rimanendo distanti: partiamo dalla fine, consegnata a otto anni di distanza da uno dei protagonisti della vicenda che stiamo per raccontare.

"Fu una scelta tecnica: la presi male perché meritavo di essere convocato".

Nel luglio del 2022 Alberto Gilardino è già l'allenatore della Primavera del Genoa, ma non immagina neanche che si sarebbe ritrovato di lì a pochi mesi, al vertice della Serie B, sulla panchina della prima squadra ereditata da Alexander Blessin. E, soprattutto, ha quarant'anni, un Mondiale vinto in bacheca, svariati titoli nazionali e internazionali da poter raccontare ai nipoti e un grossissimo rimpianto alle spalle, che risale proprio a otto anni prima.

Per comprenderlo, abbiamo bisogno di fare un passo indietro e ritornare all'ultima estate "con i Mondiali", per noi: insomma, l'ultima estate "ante disastro contro Svezia e Macedonia del Nord". L'Italia vola in Brasile con un pacchetto offensivo composto da Mario Balotelli, Antonio Cassano, Alessio Cerci, Ciro Immobile e Lorenzo Insigne. Qualcuno avrebbe voluto Luca Toni, autore nella stagione 2013/14 di venti reti in Serie A, ma ha trentasei anni: un nome più concreto, invece, è quello del "Gila".

Trentuno, segna la carta d'identità quando gli Azzurri vengono eliminati da Costa Rica e Uruguay: trentadue quando Miroslav Klose partecipa all'iconico 1-7 contro il Brasile, scendendo in campo dall'inizio, poi, contro l'Argentina in finale. Solo che "Miro", in quel periodo, di anni ne ha trentasei.

Le premesse che portano a quanto stiamo per raccontare sono semplici, ma speriamo non vi perdiate in questo "elastico temporale" necessario a ricomporre il mosaico che, alla fine, ci consentirà di comprendere al meglio una delle parentesi più strane che il calcio, anche italiano, ricordi. Terminata l'esperienza alla Fiorentina, nel gennaio del 2012, Gilardino passa al Genoa: eccezion fatta per una doppietta su calcio di rigore contro l'Inter e i quattro goal complessivi in quattordici presenze, nulla da dichiarare. Il "Grifone" si salva, lui va in prestito al Bologna: lo fa perché, in fin dei conti, ha ancora l'età giusta per rientrare nel giro della Nazionale (considerando la "seconda vita" di Antonio Di Natale, proprio in quel periodo). E' pur sempre un Campione del Mondo.

Al Bologna va bene: tredici goal in trentasei presenze. Ci sono due fatti simbolici, in realtà, che si legano alla stagione 2012/13 vissuta con i rossoblù: il primo riguarda la doppietta siglata contro la Roma di Zdenek Zeman, intervallata, nella rimonta, dal goal di Alino Diamanti, proprio su assist di "Gila". Ma spiegheremo il perché. Il secondo è il vantaggio contro la Sampdoria, in una gara di fine aprile: il goal numero tremila del Bologna in un qualsiasi campionato a girone unico. Storico.

Eccoci, quindi, alla stagione che ci interessa: i felsinei non lo riscattano, il Genoa lo accoglie con le braccia aperte e lui, con Fabio Liverani prima e con Gian Piero Gasperini poi, fa registrare il miglior rendimento, in termini di marcature (quindici) in un singolo campionato di Serie A da quello vissuto con la Fiorentina nel 2009/10. Con Cesare Prandelli in panchina: lo stesso allenatore che lo ha avuto al Parma nella sua miglior stagione realizzativa (con ventitré reti), che gli ha consegnato la fascia da capitano dell'Italia nel marzo del 2011 e che è chiamato a diramare le convocazioni per i Mondiali del 2014.

"Prandelli ha fatto scelte che non mi aspettavo: non faccio riferimento a me, ero certo di essere fuori. Sono sorpreso di Gilardino".

Luca Toni non usa troppi giri di parole e, ai microfoni de "La Gazzetta dello Sport", si dice spiazzato dell'esclusione del "Gila". Che manca, sì: la lista citata prima è emblematica. Il problema è che, nonostante abbia preso parte alle gare di qualificazioni di fine 2013 (giocando, qualche mese prima, la Confederations Cup), manca anche da quella dei pre-convocati, in cui figurano Giuseppe Rossi e Mattia Destro. Forse è anche per questo motivo che, dopo aver visto giocare Miroslav Klose in finale, a Rio de Janeiro, in Gilardino scatta qualcosa.

"Veder un Miroslav Klose giocare la finale del Mondiale a 36 anni per me è uno stimolo pazzesco".

Sono parole sue: anzi, di più. Sono le parole di un uomo che ha appena lasciato l'Italia per trasferirsi dall'altra parte del mondo. Un po' per delusione, un po' in cerca di riscatto. Quello appena citato è un frammento di un tweet "corretto": prima postato, poi cancellato, poi inserito con alcune modifiche.

"Ho avuto l'opportunità di andar via a dicembre in Canada, ma ho rifiutato in quanto sognavo l'azzurro. Passato questo sogno, mi sono posto un nuovo obiettivo: conoscere una nuova cultura di vita e calcistica vincendo tutto quello che c'è da vincere in Cina con il Guangzhou".

Sì, il Guangzhou. Tocca un "recap": oggi è in Serie B cinese, complice il declino sportivo legato al blocco degli investimenti imposto dal Governo. Nel 2014, o meglio, quando arriva Gilardino è campione in carica del massimo campionato da tre stagioni consecutive. Dal 2012, sulla panchina, siede Marcello Lippi: che è, probabilmente, un motivo in più, nonché un naturale e inconscio collegamento "simbolico", per accettare una nuova esperienza in Cina.

Al Guangzhou, per completare il quadro delle "carrambate", "Gila" ritrova anche Alino Diamanti. Non è un fattore, almeno quanto l'ambizione di bissare il successo in Asian Champions League, realizzato un anno prima contro l'FC Seoul: non ci riesce. Anche perché a frenare la corsa dei cinesi è il Western Sydney Wanderers di un altro italiano, Iacopo La Rocca, ai quarti di finale.

Va comunque citata la gara d'esordio della sua avventura asiatica: la sfida contro l'Henan Jianye in Coppa di Cina. Al ventitreesimo "Gila" aiuta a costruire la manovra, abbassandosi a centrocampo, per poi scattare in verticale. Il passo non è velocissimo, ma è pur sempre uno dei migliori attaccanti italiani degli anni Duemila: e, infatti, al momento del cross di Diamanti si trova al posto giusto, al momento giusto. Insaccando. In verità, nello stesso match Gilardino ha la possibilità di segnare un goal semplice, a tu per tu col portiere, spedendo la palla alle stelle.

Non c'è modo migliore, forse, per descrivere tutto ciò che seguirà: sei reti complessive, il campionato vinto a novembre e una promessa non mantenuta pienamente. Nel corso del nostro racconto abbiamo tralasciato volontariamente un particolare: la modifica del tweet postato nel luglio del 2014.

"Fra un paio d'anni tornerà: ho un conto in sospeso con la Serie A".

A gennaio, mezzo anno dopo la firma con il Guangzhou, torna in Italia, alla Fiorentina, in prestito con diritto di riscatto, seguendo tra l'altro Alino Diamanti, che dopo le dimissioni di Marcello Lippi (poi diventato direttore tecnico con Fabio Cannavaro allenatore) era passato ai violi, dodici anni dopo l'esperienza all'allora "Florentia Viola".

L'altra promessa non mantenuta, questa volta pienamente, riguarda la quartultima e la terzultima riga del tweet: "Ho un conto in sospeso con la Serie A: voglio arrivare a 200 goal". Si fermerà a centottantotto, l'ultimo siglato con la maglia del Palermo che, nell'agosto del 2015, lo acquista a titolo definitivo dal Guangzhou, ponendo fine a una delle esperienze più rapide, strane e "dimenticate" di una delle icone del calcio italiano.

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