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Dalla Serie C al tetto d'Asia: La Rocca, fuggito dall'Italia per fare la storia

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Nel 2016 la percentuale di italiani nati in Italia presenti in Australia tocca lo 0,74% della popolazione complessiva: i dati dicono che sono poco più di 174 mila. Più in generale, a parlare italiano da madrelingua sono più di 271mila: che se si contano i 23 milioni di anime totali non sono mica pochi. Ad Adelaide, poi, si concentra sempre in quel periodo la seconda maggior percentuale di italiani presenti sul territorio australiano: 20mila, qualcosa in più, divisi per i vari quartieri e sobborghi. Di uno di loro conosciamo anche il nome e il cognome: Iacopo La Rocca. Che no, non è nato in Australia, ma che australiano ci è diventato, nel profondo.

In verità, in quel periodo Iacopo un pezzo della storia del calcio vissuto “dall’altra parte del mondo” rispetto a Roma, la sua città, lo aveva già scritto. Alla fine di marzo del 2014, ad esempio, mentre il pubblico del “vecchio” (e un “ricordo”, dopo la demolizione del 2016) Parramatta Stadium continuava a intonare cori in segno di festa, è chiamato a rappresentare il suo club da “man of the match” della sfida contro il Kawasaki Frontale, in Asian Champions League: i Western Sydney Wanderers hanno appena vinto una gara che risulterà decisiva per la conquista del primo posto nel Gruppo H, che segnerà il percorso degli australiani nella competizione.

Ora: c’è da dire che il 2014, in un certo senso, passerà alla storia come l’anno degli italiani in trionfo nelle competizioni internazionali, se pensiamo ai successi di Carlo Ancelotti con il Real Madrid, in Champions League e al Mondiale per Club. La storia di La Rocca, però, è diversa: lo è perché va bene il “nemo propheta in patria” e tutte quelle formule che giustificano la difficoltà di incidere nel luogo in cui si è cresciuti, si è stati tirati su e si è vissuto, ma Iacopo ha dovuto “barattare” un posto nella storia per una fuga che, a tratti, ha un sapore amaro.

Non è sempre stato così. La Rocca cresce nelle giovanili della Lazio, prima di esordire tra i professionisti alla Pro Vercelli, in Serie C2. È un classe 1984: nel 2001, quando vive la sua prima esperienza tra i “grandi”, ha 17 anni. Pochi anni dopo si rompe il ginocchio: eccolo, il punto di non ritorno che rende, in qualche modo, speciale la carriera di un ragazzo che, dopo essere passato al Treviso, si era intestato un importante gavetta sui campi della C. E invece no.

Il 2011 è, nella storia del calcio svizzero, l’ultimo anno in cui è stato possibile assistere a una gara del Bellinzona in una stagione regolare di Super League (seguiranno dopo quella sfida, i Playout persi contro il Servette): per La Rocca, che quel match lo ha giocato per tutti e 90 i minuti, una sorta di segno del destino. I granata ospitano il Grasshoppers di Ciriaco Sforza: Iacopo non gioca da dicembre per colpa di una brutta frattura al braccio sinistro rimediata nel corso di un’amichevole di fine gennaio contro lo Zurigo.

Il fatto è che l’esperienza in Svizzera serve a La Rocca in primis per ritrovare fiducia, quindi per formarsi: anche perché al suo arrivo, e per una stagione, viene guidato da “Vlado”, Vladimir Petkovic. E anche lì succede qualcosa di storico: il Bellinzona arriva secondo il Challenge League dopo 15 anni dall’ultima volta, ma soprattutto arriva in finale di Coppa di Svizzera, poi persa con il Basilea. Questo vuol dire, al di là di tutto, disputare i preliminari della successiva Coppa UEFA da neopromossa: che sì, ok, terminano con due sconfitte contro il Galatasaray, ma con una rete di La Rocca.

Ritornando a quel 2014, Iacopo si è nel frattempo trasformato da difensore a centrocampista: merito di un’intuizione di Tony Popovic. Ora, associare La Rocca ai Western Sydney Wanderers è ormai cosa assai facile e usuale, ma nel 2012, quando lascia il Grasshoppers e la Svizzera, l’ex Lazio lo fa semplicemente per un provino. Sì, un test: 21 ore e mezza di volo a Sud-Est del mondo per inseguire una passione, una possibilità di rinascita.

Iacopo La Rocca WanderersGetty

Questo anche perché, quando La Rocca sale quell’aereo, i Western Sydney Wanderers sono praticamente appena nati: la Federcalcio australiana, appena un anno prima, aveva aperto all’inserimento di nuovi club di Sydney e Melbourne in A-League. La situazione di una delle più grandi città australiane, dal punto di vista calcistico, non è molto complessa: c'è il Sydney FC, che proprio in quel periodo aveva deciso di ingaggiare Alessandro Del Piero, ha sempre partecipato all’A-League e che detiene il maggior numero di successi dalla creazione del campionato (5). Fondare un altro club non è solo un atto di coraggio incommensurabile, ma anche un progetto ambizioso che deve essere ripagato dai risultati. La scelta della sede della nuova società è estremamente simbolica: Parramatta, sobborgo di Sydney che nasce sull’omonimo fiume. Parramatta da “Burramattagal”: il primo significato, “il posto dove si siedono le anguille”, donato dalle tribù indigene, lo scartiamo. Scegliamo il secondo: “Head of the waters”, "lì dove sorgono le acque". L’associazione al “Panta Rei” è fin troppo scontata: perché “tutto scorre”, anche nella carriera di La Rocca. Che supera il provino e diventa a tutti gli effetti un giocatore al servizio di Popovic.

“L’Australia è uno dei posti più belli del mondo: devo ringraziare il mio procuratore se sono arrivato qui. Ormai anche in Australia il calcio è seguitissimo”, ha spiegato Iacopo a “Palloni in fuga”.

Bisogna comunque aggiungere che a noi italiani le imprese riescono bene. Alla fine del 2014 La Rocca è in Marocco con i Wanderers. Alle sue spalle, nel corso di un’intervista ai canali ufficiali del club australiano, Rabat domina la scena, mentre il sorriso del centrocampista accompagna parole che trasudano una certa “saudade”, in salsa italiana.

“È fantastico perché non sono lontano dall’Italia: non mi sento come a casa perché è il Marocco, ma mi sento bene perché giocheremo la più importante partita di sempre”.

La gara a cui fa riferimento Iacopo è “la più importante di sempre”, ma bisogna aggiungere alcuni termini: “la più importante di sempre… per i Wanderers”. E, in parte, per il calcio in Australia: i rossoneri sono la prima squadra a partecipare al Mondiale per Club da campioni d’Asia in carica. Prima di loro il South Melbourne (nel 2000), i Wollongong Wolves (nel 2001) e il Sydney FC (nel 2005) erano scesi in campo da campioni d’Oceania: l’Adelaide United, invece, lo aveva fatto da finalista della Champions League asiatica. Quindi sì: la prima sfida da campioni d’Asia in carica, per i Wanderers, era davvero la “più importante di sempre”.

Ma qui non si vuole sottintendere nulla: un mese prima di volare in Marocco i rossoneri affrontano, all’andata e al ritorno, l’Al-Hilal in finale di AFC Champions League, vincendo a Parramatta grazie alla rete di Tomi Juric. Dopo poco più di 2 anni dalla fondazione, la formazione di Popovic è sul tetto d’Asia: La Rocca, invece, compie la sua missione. Dalla Serie C alla storia, pur parziale.

Iacopo La RoccaYou Tube

Quella “totale” la scrive a Rabat: i Wanderers perdono all’esordio, ai tempi supplementari, contro il Cruz Azul per 3-1, ma la rete del momentaneo 0-1 è sua: sotto al diluvio, con un campo zuppo d’acqua. Pesantissimo: l’immagine chiave di quella notte la consegnano gli steward che, con dei grossi panni assorbenti in gommapiuma, provano in qualche modo ad asciugare il terreno di gioco. Al 65’, invece, Jesus Corona non riesce a prendere il destro dai 30 metri di La Rocca, che si insacca all’angolino.

Un goal pesantissimo, al di là del risultato: Iacopo diventa il terzo italiano a segnare una rete nel Mondiale per Club della FIFA (precisiamo, non si conta la Coppa Intercontinentale, ovviamente) dopo Pippo Inzaghi e Nesta.

C’è una foto, sul suo profilo Instagram, che dice molto degli ultimi anni della sua carriera (terminata nel 2019): nell’estate del 2018 il Melbourne City partecipa come di consueto a diversi allenamenti all’Etihad Campus, cosa prevista per tutti i club del City Group. Nello scatto ci sono lui e un sorridente Pep Guardiola: 2 anni dopo aver conquistato il titolo di A-League vestendo la maglia dell’Adelaide United e vincendo in semifinale contro il Melbourne City e in finale contro i Western Sydney Wanderers. Proprio loro: la perfetta chiusura del cerchio di un ragazzo che è dovuto fuggire dall’Italia per fare la storia.

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