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Micah Richards FiorentinaGetty Images

L’exploit, il flop alla Fiorentina e il ritiro precoce: la carriera a tutta velocità di Richards

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"Sono un calciatore e voglio giocare a calcio, ma il ginocchio si gonfierebbe fino al punto in cui non potrei nemmeno allenarmi correttamente”.

Moltissime volte il ritiro di un giocatore è stato accompagnato da frasi di questo tipo. Molte meno volte, a pronunciare queste parole è stato però un ragazzo di trentuno anni.

Micah Richards è stato costretto ad arrendersi ad un infortunio quando aveva ancora tutta una carriera davanti, perdendo in un solo colpo la possibilità di continuare a fare ciò che più ha amato, ma anche di dimostrare che il suo percorso nel mondo del calcio non era stato quello di una meteora.

Per lui le lancette dell’orologio hanno semplicemente viaggiato a velocità doppia rispetto a quella di molti colleghi. La stessa velocità di quelle Ferrari che tanto ha adorato e adora.

“Immaginate di guadagnare 500 sterline a settimana e passare prima a 5mila e poi addirittura a 50mila - ha spiegato a ‘The Athletic’ - Arrivano poi i bonus, i soldi in più per le presenze, quelli alla firma del contatto. Cosa fareste? Io sono andato subito a comprarmi una Ferrari. Avevo già una Range Rover ed una Aston Martin, ma ho pensato che fosse il momento giusto per prendere una Ferrari. Prima una F430 e poi una 458 Speciale”.

Richards i soldi ‘quelli veri’ ha iniziato a guadagnarli fin da giovanissimo e questo per un motivo molto semplice: è stato un talento molto precoce. Se un infortunio l’ha strappato prematuramente al calcio, è altrettanto vero che nel calcio che conta c’è arrivato prestissimo.

Suo padre è stato allenatore di una scuola calcio brasiliana a Leeds ed il pallone ha sempre fatto parte della sua vita. E’ partito come attaccante, poi è stato arretrato in mediana e infine ha trovato sulla fascia destra il suo habitat naturale. E’ accaduto tutto in fretta, sebbene inizialmente non venisse considerato propriamente il migliore tra i ragazzi che facevano parte del settore giovanile del Manchester City.

Ha esordito in prima squadra a diciassette anni da poco compiuti e di lì a pochi mesi si è preso quella maglia da titolare che, nel pensiero suo e di molti tifosi dei Citizens, sarebbe dovuta essere di sua esclusiva proprietà per oltre un decennio.

Il Richards che si affaccia nel grande calcio è un ragazzo che ha ancora molto da apprendere dal punto di vista tattico, ma di contro riesce ad imporsi grazie ad un fisico che gli permette di ‘vivere di prepotenza’. E’ alto un metro e ottanta e pesa oltre ottanta chili, a vederlo da vicino sembra più un pugile che un calciatore, ma quando parte in velocità fa paura e quando viene sfidato nell’uno contro uno generalmente non lascia scampo all’avversario.

In Inghilterra in tanti fanno in fretta ad intravvedere in lui l’erede naturale di Gary Neville, tanto che si innesca subito il dibattito se sia giusto portarlo ai Mondiali del 2006. In Germania, per rappresentare l’Inghilterra, non ci andrà, ma quando qualche mese dopo, a novembre, fa il suo esordio con la maglia della Nazionale maggiore, diventa il più giovane difensore della storia del calcio inglese a rappresentare i ‘Tre Leoni’.

Micah Richards EnglandGetty

Richards ha solo diciotto anni e ad Amsterdam, contro l’Olanda, sfodera una prestazione perfetta. E’ solo un’amichevole, è vero, ma resta in campo per tutti e novanta i minuti e soprattutto annulla Arjen Robben, ovvero uno degli esterni più forti in assoluto dell’ultimo ventennio.

In una squadra che può contare su campioni del calibro di Terry, Lampard, Gerrard e Rooney, lui rappresenta il vero astro nascente, il ragazzo al quale viene pronosticato un futuro da fuoriclasse.

“E’ grande, forte, atletico, velocissimo ed è migliorato in maniera fantastica - dirà dopo la partita il commissario tecnico inglese Steve McClaren- E’ entrato in questo ambiente tutto nuovo per lui e la cosa non lo ha affatto turbato”.

Come già accaduto con il Manchester City, Richards anche in Nazionale si prende di prepotenza una maglia da titolare che sembra non dover lasciare più. Entra nella lista dei desideri dei migliori club d’Europa e in un periodo storico nel quale i Citizens non sono ancora la superpotenza che conosciamo oggi, trattenerlo diventa un’impresa al limite dell’impossibile.

“E’ fantastico - spiegherà il suo allenatore Sven-Goran Eriksson- Non mi sorprende il fatto che il suo nome sia stato accostato a quello di club come il Chelsea. Io spero davvero che il City riesca a trattenerlo e credo che convincerlo a firmare un nuovo contratto rappresenterebbe il miglior acquisto di sempre per il nostro club”.

In meno di due anni, Micah Richards è passato dal calcio giovanile ad essere una delle stelle più ambite del calcio mondiale. La sua è stata un’ascesa fulminea, una di quelle che raramente si vedono in ambito calcistico e non solo.

Quando nel 2008 il Manchester City viene acquisito dall’Abu Dhabi United Group, a tutti diventa subito chiaro che il futuro del ragazzo resterà per sempre legato a quello dei Citizens. Il principe emiratino Mansur bin Zayd Al Nahyan immette nel club una quantità tale di denaro da rendere inattaccabile ogni suo gioiello e la cosa si traduce ovviamente in contratti ricchissimi.

Richards resiste alla rivoluzione apportata dalla nuova proprietà, tanto che si guadagnerà un posto in quel gruppo ristretto che in Inghilterra verrà definito dei ‘Survivors’, ma se la sua permanenza a Manchester diventa scontata, è anche vero che si ritrova costretto a fare i conti con un qualcosa di totalmente nuovo per lui: la concorrenza.

In un City così forte nessuno ha il posto assicurato e questo vale anche per lui. Da ogni angolo del mondo arrivano flotte di nuovi giocatori destinati a rafforzare la squadra in ogni settore, compresa la fascia destra.

Richards inizialmente riesce a conservare il suo status da titolare, ma pian piano alle sue spalle si fa largo un altro terzino che è meno giovane di lui, meno veloce e appariscente, ma che è dotato di un’intelligenza tattica che gli permette come pochi di interpretare tanto la fase difensiva quanto quella offensiva: Pablo Zabaleta.

Intanto alla guida dell’Inghilterra è arrivato Fabio Capello che fin da subito non intravede in lui il terzino destro adatto alle sue idee di gioco. Richards, che sin lì aveva giù totalizzato undici presenze in Nazionale, tornerà a rappresentare i ‘Tre Leoni’ solo nel 2010, entrando nella ripresa di un’amichevole contro la Francia. Sarà questa la sua penultima partita con la maglia della rappresentativa inglese addosso.

Mario Balotelli Vicent Kompany Micah Richards Samir Nasri Manchester CityGetty

Non molto meglio vanno le cose con un altro allenatore italiano che di lì a poco siederà sulla panchina del Manchester City: Roberto Mancini.

Non gli nega spazio in squadra, anzi è convinto di poter estrarre da quel ragazzo qualcosa in più rispetto ai suoi predecessori, ma a differenza del passato gli vengono perdonati meno certi errori. Sì perché Richards di tanto in tanto incappa in amnesie che non sono ammesse quando si è arrivati al livello di poter lottare per il titolo contro i rivali di sempre del Manchester United.

“Avevamo un grande rapporto - ha ricordato Richards alla ‘BBC’ - ma all’inizio mi odiava. Credo però che alla fine sia arrivato ad adorarmi. E’ una grande persona”.

Mancini porta nello spogliatoio del Manchester City una nuova mentalità, quella che serve ad un grande club per vincere. Deve usare il bastone e la carota per arrivare lì dove lui e il club si sono imposti di arrivare, ma la strada scelta è di quelle in salita.

“Era un duro che diceva sempre ciò che pensava - ha raccontato a ‘The Guardian’ - Mi chiamava Swarovski, perché diceva che ero fatto di vetro. Non era mai soddisfatto, ma la cosa in un certo senso ci ha aiutato a vincere il campionato. Posso parlare solo bene di Mancini”.

Sarà infatti proprio Mancini a condurre il City nel 2012 ad uno storico trionfo in Premier League atteso dal 1968, ma per Richards, il momento più alto della sua carriera, coinciderà anche con quello dell’inizio della discesa.

Lo spazio in campo si fa sempre più ridotto e di lui si inizia a parlare più per ciò che sarebbe potuto essere, ma non è stato. Vede sempre più spesso i compagni trionfare dalla panchina e quando si guadagna le prime pagine dei giornali lo fa per episodi che con il talento poco hanno a che fare.

Nel 2011 rimbalzano in tutta Europa le immagini di una sua lite in allenamento con Mario Balotelli e la cosa ovviamente non lo aiuta.

“Mario pensa di essere il migliore in tutto, anche il più bello. Stavamo giocando una partita a cinque e stavamo perdendo perché lui non dava una mano. Ha iniziato a dirmi qualcosa in italiano pensando che non lo capissi, ma io conosco un po’ il gergo. Quando gli ho chiesto di ripetere, lui l’ha fatto. Abbiamo perso tutti e due la testa, lui è un matto, ma è anche uno dei ragazzi più buoni che abbia mai conosciuto”.

A porre realmente fine alla sua avventura con il City saranno però alcuni infortuni e soprattutto l’arrivo di Manuel Pellegrini in panchina. Il tecnico cileno gli preferisce Zabaleta e Sagna e così, dopo due anni nei quali totalizza appena nove presenze in campionato, nell’estate del 2014 decide che è arrivato il momento di rilanciarsi altrove.

In Premier League sono in tanti a volerlo, ma lui preferisce provare a scrivere un altro capitolo della sua carriera lontano dall’Inghilterra. Sceglie l’Italia e la Fiorentina e lo fa convinto di aver trovato una squadra pronta a garantirgli tutti i minuti dei quali ha bisogno.

Il club viola se lo assicura in prestito oneroso con diritto di riscatto e il suo acquisto viene da subito accolto come un grande colpo. La Fiorentina, che da anni vive ‘un rapporto complicato’ con i suoi terzini destri, sembra aver finalmente trovato il giocatore pronto a colmare una ‘storica’ lacuna.

Richards sbarca in riva all’Arno con tutto l’entusiasmo possibile, è ancora giovane e sa di avere tutto per imporsi, le cose non andranno però come lui e tanti altri avevano immaginato. In Serie A la fisicità è importante, ma l’aspetto tattico lo è ancora di più e per chi arriva da un calcio totalmente diverso, adattarsi non è semplice.

“Abbiamo una lavagna tattica e Montella nelle riunioni ci spiega come dobbiamo giocare - dirà ancora a ‘The Guardian’ - Io lo guardo e penso ‘Non capisco nulla di quello che sta dicendo’. Chiedo quindi ad uno dei miei sette compagni che parla inglese e poi scherzando dico ‘Ha giocato nel Fulham, sicuramente ce lo può spiegare anche in inglese’. Poi arrivano altri compagni che mi dicono più o meno così: “You player… shoot!’”.

Montella gli preferisce Tomovic, giocatore certamente meno dotato e non amatissimo dai tifosi che però sa come si sta in campo, e gli riserva dei minuti soprattutto in Europa League. Quando il tecnico viola deciderà poi di cambiare modulo e di passare al 3-5-2, per Richards, che intanto è stato anche frenato da alcuni infortuni, i giochi saranno definitivamente chiusi.

Micah Richards | Fiorentina | Serie A | 210115Getty Images

Il campione arrivato dall’Inghilterra per imporsi come uno dei migliori esterni dell’intera Serie A, nel corso della sua breve avventura italiana collezionerà diciannove presenze in tutto. Perlopiù si tratterà di scampoli di partita.

Richards deciderà dunque di spostarsi verso lidi per lui più sicuri e si legherà all’Aston Villa. Il ritorno nella sua Birmingham dovrebbe rappresentare quanto di meglio ci sia per rilanciarsi, ma proprio nel momento in cui ritrova a casa il suo angolo di paradiso, su di lui si abbatte l’infortunio che porrà fine a tutto.

Si ritaglia il suo spazio in una stagione nella quale i Villans non riescono ad evitare la retrocessione, ma da lì in poi sarà un calvario. Passa mesi ai margini della squadra e trascorre ben due stagioni da semplice spettatore.

Il ginocchio non ne vuole sapere di dargli tregua e così, dopo una lunga inattività, il 26 luglio 2019 annuncia il suo addio al calcio giocato.

“Quando ero bambino - dirà dopo il ritiro alla ‘BBC’ - il mio sogno era vincere la Premier League e vestire la maglia dell’Inghilterra. Sono molto orgoglioso di essere riuscito a fare entrambe le cose”.

Quella di Richards è stata una carriera vissuta alla velocità della luce: tanto rapida è stata la sua ascesa, quanto improvviso è stato il suo declino. Puntava a diventare uno dei migliori della storia del calcio inglese, ma il destino aveva già deciso che le cose sarebbero dovute andare in maniera diversa.

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