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Eusebio, la 'Pantera nera' che incantò il Mondo con Benfica e Portogallo

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Si muoveva in campo con grande eleganza, come un felino pronto a sbranare la sua preda. Aveva una velocità fuori dal comune, tanto da correre i 100 metri in 11'' e un tiro devastante, con entrambi i piedi, soprattutto il sinistro, con il quale terrorizzava i portieri avversari. Eusebio da Silva Ferreira, per tutti semplicemente Eusebio, è stato il primo grande fuoriclasse di origine africana della storia del calcio.

Lasciato il suo Paese natale, il Mozambico, troverà nel Benfica la squadra della sua vita. Pallone d'Oro nel 1965, nel 1966 con il Portogallo conquista il 3° posto ai Mondiali di Inghilterra 1966, oscurando il campione più atteso, Pelé, e conquistando con 9 reti il titolo di Capocannoniere del torneo. Resterà il capocannoniere all-time della Nazionale lusitana, fin quando Pauleta prima e Cristiano Ronaldo poi non lo supereranno. 

DAL MOZAMBICO AL PORTOGALLO

Eusebio nasce con sicurezza nel gennaio del 1942, in una modesta abitazione del 'bairro' Mafalala, situato alle porte della capitale del Mozambico, all'epoca colonia portoghese, allora denominata Lourenco Marques (in onore dell'esploratore che nel XVI secolo aveva scoperto e consegnato quelle terre al Portogallo), oggi conosciuta come Maputo. Il giorno di nascita resta tuttavia un'incognita. Convenzionalmente si considera come valido da parte dei biografi più autorevoli il 25, ma il diretto interessato ha indicato il 5 e altre fonti riportano il 21.

Del resto il Mozambico all'epoca era un Paese disastrato, con una situazione resa ancora più complessa dalla presenza alla guida del Portogallo della dittatura fascista di Antonio de Oliveira Salazar, che guiderà il Paese lusitano dal 1932 al 1968. Negli anni Quaranta, la società portoghese è suddivisa per ceti, le poche infrastrutture sono riservate ai bianchi e agli 'asimilados' africani, e non ci sono uffici di anagrafe.

È figlio di Laurindo António,un angolano bianco che lavora nelle ferrovie coloniali e aveva giocato come centravanti nel Ferroviario Mozambico, e mamma nera mozambicana, Elisa Anissabeni, di cui è il quartogenito. Quest'ultima rimane vedova dopo la morte del marito, colpito dal tetano, quando Eusebio è ancora un bambino.

In una situazione di grande povertà, senza la presenza del padre, il piccolo Eusebio inizia a praticare il calcio giocando con gli amici in grandi spazi aperti, spesso a piedi scalzi, con palloni fatti di calze e carta di giornale, senza avere idea di cosa sia un campo di calcio regolare fino all'età di 12 anni. Parallelamente eccelle nell'atletica: da Juniores vince i 100, i 200 e i 400 metri. Con gli altri ragazzi del suo quartiere, fonda la squadra degli 'Os Brasileiros ', ovvero 'I brasiliani', così chiamata in onore del grande Brasile. 

In quel periodo i suoi compagni lo chiamano 'Ninguém', ovvero 'Nessuno'. Presto invece sarà conosciuto da tutti. Le sue qualità lo portano a 15 anni ia firmare il primo contratto con un club, lo Sporting Clube Lourenco Marques, dove esordisce segnando una tripletta. La società dove gioca è legata allo Sporting Lisbona, ma lui avrebbe preferito il Desportivo, club dove milita il suo idolo Mario Coluña, legato invece al Benfica.

Quest'ultimo però lo boccia in due occasioni non certo per una questione di abilità calcistica: il diniego arriva un po' perché il Desportivo è la squadra simbolo della dittatura di Salazar, in cui i neri non sono ammessi, un po' perché Eusebio non dispone dell'attrezzatura necessaria per allenarsi. Quel rifiuto il futuro centravanti se lo porterà sempre dentro, e sarà una delle grandi leve motivazionali che lo spingeranno sempre a dare il meglio di sé e a presentarsi subito alla squadra rivale.

Allo Sporting è allenato da Ugo Amoretti,ex portiere dell'Italia e della Juventus, che resta subito colpito dal talento del ragazzo e ne parla con alcuni club italiani: la Juventus, il Torino, il Genoa e la Sampdoria. I bianconeri rompono gli indugi e provano a portarlo in Italia ancora minorenne: ma la mamma si oppone al trasferimento in un altro Paese e non se ne farà nulla, con grande rimpianto della Vecchia Signora, che a lungo inseguirà invano negli anni successivi il campione di origini mozambicane.

In quattro anni la sua media-goal è impressionante, visto che ne segna 77 in 42 partite, e con la sua squadra vince nel 1960 un Torneo distrettuale e un Campionato provinciale. Così quando Carlos Bauer, ex centromediano del Brasile ai Mondiali del 1950 e del 1954, approda in Mozambico come allenatore del Ferroviario, con cui sta facendo una tournée in Africa, si annota il nome del regazzo e lo segnala a Bela Guttman, allora tecnico del Benfica, che capisce di avere a che fare con un potenziale fuoriclasse.

Ne nasce una vera e propria guerra fra le due opposte sponde del Tago: lo Sporting, in quanto affiliato alla società in cui il ragazzo è cresciuto, ritiene di avere diritto al suo cartellino, ma le Aquile lo fanno arrivare a Lisbona e lo nascondono per alcuni giorni in un piccolo albergo di Lagos, cittadina dell'Algarve, villaggio di pescatori del Portogallo del Sud, temendo un sequestro da parte dei rivali, per fargli fare un provino e fargli firmare un contratto con la squadra riserve.

Eusebio, che viene chiamato con il nome in codice Ruth Molosso, è spaventato e in quel momento pensa a tornare in patria. Ma sua madre, cui il club lusitano corrisponde un cospicuo assegno, lo convince a restare e a tener duro. Avrà ragione. Nonostante lo Sporting contesti la validità del trasferimento e lo impugni, dopo alcuni mesi di diatriba la Federazione portoghese dà ragione al Benfica.

"Il Benfica voleva pagarmi un contratto per andare in Portogallo, - spiegherà il calciatore - mentre lo Sporting Lisbona voleva portarmi lì come un giocatore junior per fare esperienza e senza alcuna retribuzione monetaria. Il Benfica ha avuto un migliore approccio: hanno parlato con mia madre e mio fratello, hanno offerto l'equivalente di circa mille euro per tre anni, mio fratello ha chiesto il doppio e loro hanno accettato facendo firmare il contratto a mia madre, che ha preso i soldi".

Il centravanti di origini mozambicane, disputata una stagione con la formazione giovanile del club, cresce rapidamente, adattandosi al calcio europeo, nel quale inizialmente si sente spaesato, e nel 1961 è pronto al salto in Prima squadra.

Eusebio BenficaGetty Images

CAMPIONE PRECOCE COL BENFICA

Guttman lo testa facendogli giocare alcune amichevoli non ufficiali, poi, quando capisce che è pronto, lo lancia, sempre in amichevole, contro l'Atletico Clube de Portugal. La partita finisce 4-2 per le Aquile ed Eusebio segna una tripletta. Il 1° giugno 1961, contro il Vitoria Setubal, gara valevole per il ritorno del 3° turno di Coppa del Portogallo, a 19 anni Eusebio fa l'esordio in Prima squadra.

La Federazione non aveva rinviato la gara nonostante il Benfica avesse appena conquistato la sua prima Coppa dei Campioni battendo in finale il Barcellona. Le Aquile sono così costrette a giocare con le riserve, perdono 4-1 e sono eliminate, ma l'unica rete la realizza proprio Eusebio, che fallisce anche un rigore (in tutta la carriera ne sbaglierà appena 5).

È l'inizio di un binomio fortunato e vincente che segnerà la storia del Benfica ma anche del calcio europeo e mondiale, dato che sboccia un campione universale. Eusebio, in una squadra che schiera nelle sue fila anche il suo idolo Coluña, più grande di lui di 7 anni, inizia a segnare con una regolarità devastante e per le difese avversarie sono dolori ogni volta che se lo trovano di fronte.

Il suo mito inizia il 15 giugno, quando Guttman lo schiera titolare nell'amichevole del Torneo di Parigi contro il Santos di Pelé. I brasiliani vincono 6-3, ma Eusebio incanta segnando tutti i 3 goal dei lusitani. Per tutti diventa 'La Pantera nera', 'A Pantera negra' in lingua portoghese, per contrapporlo a 'O Rey', definito ai tempi 'La Perla nera'.

Grazie alle prodezze del suo centravanti, nel 1962 il Benfica torna in finale di Coppa dei Campioni per il 2° anno consecutivo e la rivince, avendo la meglio in una leggendaria finale con il Real Madri di Puskas e Di Stefano, decisa nel secondo tempo proprio da una doppietta di Eusebio, a segno su rigore e con un calcio di punizione di potenza. Diventa così campione d'Europa a soli 20 anni.

Con la divisa biancorossa l'attaccante di origine mozambicane resta per ben 15 anni, e i numeri testimoniano la sua grandezza. Segna 473 goal in 440 presenze in gare ufficiali. Vince 11 campionati portoghesi, 5 Coppe nazionali e 7 titoli di capocannoniere. In Europa al titolo del 1961/62 aggiunge altre 3 finali perse contro il Milan (1-2 nella leggendaria sfida di Wembley in cui apre le marcature), contro l'Inter (1-0 per i nerazzurri a San Siro in un terreno reso molto pesante per la pioggia) e contro il Manchester United (1-4 ai supplementari nella sfida che consacrò George Best), ma anche tre titoli di capocannoniere del torneo.

Si laurea infatti re dei bomber europei nel 1964/65 (9 goal), nel 1965/66 (7 goal) e nel 1967/68 (6 goal). Nel 1965 France Football lo premia assegnandoli il Pallone d'Oro, con il portoghese che precede in classifica gli interisti Giacinto Facchetti e Luis Suarez, e per 2 volte, nel 1962 e nel 1966, si piazza al 2° posto. A livello personale si aggiudica per 2 volte anche la Scarpa d'Oro, vinta nel 1968 e nel 1973, e nel 1970 e nel 1973 è votato come 'Calciatore portoghese dell'anno'.

Eusebio Portugal Bulgaria 1966 FIFA World CupGetty

IL BOOM AI MONDIALI DEL 1966

Entrato a far parte fin da subito anche della Nazionale portoghese, a suon di goal Eusebio nel 1966 la trascina alla sua prima partecipazione ai Campionati del Mondo, che in quell'edizione si disputano in Inghilterra. I lusitani vincono il Girone di qualificazione precedendo la Cecoslovacchia e sono inseriti in un gruppo C apparentemente proibitivo dove ci sono anche il grande Brasile di Pelé, l'Ungheria di Florian Albert, futuro Pallone d'Oro, e la Bulgaria del bomber Asparukhov. 

Il Portogallo travolge 3-1 i magiari nel match inaugurale, che vede stranamente Eusebio non andare a segno. Ma il centravanti del Benfica si rifarà con gli interessi. Il 16 luglio ad Old Trafford realizza la sua prima rete nel torneo nel secco 3-0 contro la Bulgaria, mentre il 19 luglio, in una gara passata alla storia e disputata al Goodison Park di Liverpool, con una spettacolare doppietta travolge il Brasile di O'Rey, azzoppato e infortunato dopo pochi minuti, e lo condanna all'eliminazione a sorpresa, in un'epoca in cui ancora non esistevano i cartellini gialli, che saranno introdotti soltanto nel 1970.

Va avanti invece il Portogallo, che vinto il girone a punteggio pieno, ai quarti pesca la sorprendente Corea del Nord. Una squadra solo sulla carta di 'Ridolini', come li aveva definiti con superficialità il Ct. azzurro Edmondo Fabbri, e che invece aveva inflitto proprio alla quotata Nazionale italiana una sconfitta che per la sua importanza resterà per sempre sinonimo di clamorosa debacle.

Il 23 luglio, al Goodison Park di Liverpool, gli asiatici sono scatenati e partono a mille, portandosi sul 3-0. Il sogno lusitano sembra finito, ma è in quel momento che Eusebio si carica sulle spalle il peso della squadra e come una pantera ferita per 4 volte trafigge la difesa nordcoreana, con l'ausilio di 2 calci di rigore. José Augusto completa l'opera con il goal del definitivo 5-3 che porta il Portogallo dritto in semifinale.

L'asticella si alza e i portoghesi, stanchi anche dalle fatiche del match precedente, giocato a ritmi molto alti, cadono 2-1 a Wembley contro l'Inghilterra padrone di casa. La scena se la prende Bobby Charlton, autore di una doppietta, e non basta ai lusitani la rete nel finale su rigore del proprio fuoriclasse per raggiungere la finalissima. Eusebio, dopo il fischio finale, lascia il campo in lacrime per la delusione.

Ma il pianto si trasformerà presto in sorriso, perchè battendo l'U.R.S.S. di Lev Jascin per 2-1 (con goal su rigore del solito Eusebio ad aprire le marcature), il Portogallo coglie il 28 luglio del 1996 un 3° posto che rappresenta ancora oggi il suo miglior risultato di sempre ai Mondiali.

Eusebio, autore di un torneo strepitoso, in cui ha segnato 9 reti in 6 partire, vince il titolo di capocannoniere ed entra nella leggenda. Quella del 1966 resterà l'unica partecipazione ad una fase finale, anche se parteciperà alle Qualificazioni anche nel 1970 e nel 1974. Con il Portogallo il campione mozambicano chiuderà la sua avventura nel 1973 con 41 goal segnati in 64 presenze, che gli valgono ancora oggi il 3° posto assoluto fra i bomber all-time della Nazionale lusitana dietro Cristiano Ronaldo e Pauleta.

Eusebio of PortugalGetty Images

IL MANCATO PASSAGGIO ALL'INTER E IL DECLINO

Prima dei Mondiali in Inghilterra, l'Inter di Angelo Moratti aveva avviato le trattative per il trasferimento in Italia del fuoriclasse portoghese. In Primavera le parti si erano accordate sul Lago di Como. Per il centravanti era pronto un triennale, mentre i milanesi avrebbero sborsato complessivamente 500 milioni di Lire, da dividere metà al Benfica e metà al calciatore. 

L'accordo sarebbe stato formalizzato dopo il torneo inglese ma le cose andarono diversamente dal preventivato. La brutta sconfitta contro la Corea portò infatti la Federcalcio a chiudere le frontiere, vanificando l'intesa raggiunta. 

"Maledissi i nordcoreani, - rivelerà Eusebio - strappai il contratto e rimasi al Benfica".

A partire dal 1974 il dolore al ginocchio sinistro, logorato dalle tante botte prese dai difensori, inizia a diventare insopportabile per l'attaccante portoghese, che negli anni era finito per ben 6 volte sotto i ferri per operarselo. Nel 1975, nell'anno dell'indipendenza ottenuta dal suo Mozambico, saluta così il Benfica,accettando le sirene nordamericane come tanti altri campioni dell'epoca. Gioca con i Boston Minutemen e i Toronto Metros, con cui vince un campionato NASL nel 1976, segnando anche una rete nella finalissima dei playoff, il 'Soccer Bowl', vinta 3-0 sui Minnesota Kicks.

Negli anni seguenti alterna esperienze in Nordamerica con i messicani del Monterrey, i Las Vegas Quicksilvers, a brevi comparse in Portogallo con il Beira Mar e l'União de Tomar. Chiude nel 1979, a 37 anni, con i New Jersey Americans, dopo aver fatto anche un'esperienza nel calcio indoor.

Ufficialmente gli vengono attribuiti 623 goal in 639 gare ufficiali, ma tenendo conto delle amichevoli il computo salirebbe a 727 reti in 715 partite. Numeri, in ogni caso, impressionanti.

Eusebio Goal GermanyGoal

LA MORTE E IL MITO

Dopo il ritiro, Eusebio resta nel Mondo del calcio lavorando per il Benfica e la Nazionale portoghese. Sposato dal 1965 con Flora Claudina Burheim, di fede cattolica, trascorre il resto della sua vita a Lisbona.

Spesso appare anche in tv nelle vesti di commentatore. All'esterno dell'Estadio da Luz, in occasione del suo 50° compleanno, è svelata una sua statua in bronzo che lo ritrae nell'atto di calciare la palla, con una scritta su una targa che recita: 

"A imperituro ricordo che fu un africano del Mozambico il miglior giocatore di tutta la storia del Portogallo: Eusebio, gambe lunghe, braccia cadenti, sguardo triste".

Nel giugno 2012 è colpito da un ictus. Due anni più tardi, il 5 gennaio 2014, poco prima di compiere 72 anni, un infarto se lo porta via per sempre, gettando nel dolore una Nazione intera. Il governo proclama tre giorni di lutto nazionale.

"Per sempre eterno, riposa in pace", lo commemorerà su Twitter Cristiano Ronaldo, colui che ne raccoglierà l'eredità.

Car with the coffin of Benfica football legend Eusebio da Silva Ferreira at Luz stadiumGetty

Ai funerali una grande partecipazione di folla omaggia un'atleta che con i suoi goal, al di là dei grandi successi, era diventato un'icona simbolo della lotta al razzismo, uno schiaffo continuo ai beceri stereotipi dell'ideologia fascista. Riuscendo a diventare un idolo dei suoi colonizzatori. La cerimonia, che dura oltre 5 ore, vede il feretro accompagnato in auto in diversi luoghi simbolici di Lisbona, dallo Stadio Da Luz, al parlamento, passando per la sede della Federcalcio, con un discorso finale tenuto dal Presidente della Repubblica.

"Eusebio è immortale, è una delle grandi figure del Portogallo, sappiamo bene cosa significhi per il Portogallo e per il calcio portoghese. - commenterà José Mourinho - Come Amalia Rodrigues, artista scomparsa nel 1999 e considerata la voce del Portogallo. Non dico che sia stato fonte di ispirazione, ma è sempre stato un punto di riferimento per valori, principi e sentimenti anche dopo aver chiuso la carriera. Lascia un vuoto enorme, ma preferisco pensare alla prospettiva dell'immortalità. Eusebio apparteneva ad un'altra generazione. Se si provasse a fare un paragone con il calcio attuale, lui sarebbe al livello dei migliori in assoluto. Se oggi avesse 20 o 30 anni, sarebbe qualcosa di meraviglioso".

Le sue spoglie sono state tumulate nel Pantheon nazionale, ma il suo ricordo sarà sempre vivo nel cuore di ogni portoghese e, in generale, di ogni amante del calcio.

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