Giocare in Serie A durante gli anni '90 del secolo scorso era quanto di meglio potesse capitare ad un giocatore: approdare in Italia, magari nel fiore della carriera, era qualcosa di auspicabile per spiccare definitivamente il volo, un punto d'arrivo e non transitorio come purtroppo avviene nell'epoca attuale.
Quando nell'estate del 1997 Massimo Moratti sborsa sull'unghia la bellezza di 48 miliardi di lire (più un indennizzo di 3 ulteriori miliardi, stabilito dalla FIFA) per pagare la clausola rescissoria di Ronaldo, tutti sono concordi: a Milano è arrivato il campione del momento, semplicemente il calciatore più forte del pianeta. Un brand vivente, l'incarnazione perfetta dell'atleta capace di modificare a proprio piacimento l'andamento delle partite, in grado di catturare la scena lasciando soltanto qualche briciola a compagni ed avversari.
E' per tutti questi motivi che quando l'Inter annuncia ufficialmente l'acquisto di Ronaldo, il suo sbarco nel capoluogo milanese viene immediatamente paragonato a quello di un alieno in visita al genere umano, il centro di gravità permanente da cui dipendono le sorti di una squadra e di un intero popolo pendente dalle labbra (o sarebbe meglio dire, dai piedi) del suo vate.
In tale contesto, ogni altra operazione di mercato in entrata perde quasi d'importanza, relegata nelle retrovie: eppure, se si ha a che fare con un cultore del bello come Massimo Moratti, tutto assume un sapore diverso. E' il caso di Alvaro Recoba, probabilmente il pupillo per antonomasia dell'ex presidente nerazzurro: la leggenda narra che Moratti sia rimasto vittima di innamoramento fulmineo alla visione di una videocassetta, ritraente uno smilzo uruguaiano intento a segnare un goal da fenomeno scartando gli avversari come birilli, uno dietro l'altro.
Un biglietto da visita che basta a convincere l'ex numero uno interista a staccare un assegno da 7 miliardi delle vecchie lire al Nacional: non saranno i 48 necessari per strappare al Barcellona Ronaldo, ma questo ha poca importanza. Ciò che conta di più, è l'amore quasi viscerale provato da Moratti per Recoba: i più informati rivelano che il petroliere milanese pagherebbe altro denaro pur di vederlo palleggiare all'interno del proprio giardino, pur di gustarsi 24 ore su 24 quel mancino da sogno.
Sì, perché se c'è una peculiarità di Recoba, questa è proprio la tecnica di tiro col piede sinistro: potenza devastante abbinata ad una precisione da cecchino, mostrate in tutto il loro splendore al debutto assoluto in gare ufficiali.
Il 31 agosto 1997 il campionato dell'Inter parte con la sfida casalinga al neopromosso Brescia, sulla carta più che abbordabile: l'ideale, insomma, per cominciare col piede giusto la stagione. San Siro freme nell'attesa di fare definitivamente conoscenza con Ronaldo, schierato ovviamente nell'undici titolare dal mister Gigi Simoni in coppia con Maurizio Ganz.
Flash fotografici e telecamere sono tutte per la stella brasiliana che, in verità, brilla ad intermittenza: la difesa bresciana gli riserva (e sarebbe strano il contrario) tutte le attenzioni del mondo e Cervone (portiere arrivato soltanto due giorni prima) gli nega la gioia del goal con un volo plastico che fa le fortune dei fotografi. Ronaldo attira a sé anche fino a quattro avversari contemporaneamente, ragion per cui è costretto a districarsi in spazi ridottissimi.
Risolvere la partita in queste condizioni è affare complicato anche per il più forte di tutti, fermato da una mira non eccezionale a inizio ripresa e, soprattutto, dalla traversa su cui si stampa la punizione calciata di destro. Ronaldo fa conoscenza con la Serie A, il campionato più difficile al mondo per un attaccante, dove le marcature possono risultare asfissianti al punto di perdere tutta la concentrazione accumulata.
Lo stesso Brescia, nonostante qualche timore reverenziale accusato nella prima parte della partita, non sta a guardare: Hubner è l'uomo da tenere d'occhio, arrivato sul palcoscenico della Serie A a 30 anni suonati dopo caterve di goal tra C e B. E' proprio lui a stappare il risultato: assist di un 18enne Andrea Pirlo e girata pazzesca che lascia di sasso Pagliuca. Siamo al 73' e le 'Rondinelle' conducono a San Siro.
Appena un minuto prima ha fatto il suo ingresso in campo Recoba al posto di uno spento Ganz, che avrebbe terminato la stagione tra i 'cugini' del Milan: non lo scenario ideale per testare l'impatto con un calcio totalmente diverso da quello uruguaiano, ma tant'è.
Adesso il canovaccio adottato dalla squadra guidata da Giuseppe Materazzi (padre del Marco che avrebbe vinto tutto in nerazzurro) è piuttosto chiaro: baricentro basso e difesa ad oltranza di una vittoria che sarebbe clamorosa, in casa della squadra che può vantare tra le proprie file il più forte di tutti. Per far saltare il banco, l'Inter necessita di uno spunto personale, del guizzo della domenica: la logica lascia pensare all'estro di Ronaldo che, in realtà, viene offuscato da Recoba.
GettyAl 'Chino' (così ribattezzato per i lineamenti asiatici del volto) bastano otto minuti per far strabuzzare gli occhi ai presenti sulle tribune: Cauet (altro subentrato) resiste al pressing di Antonio Filippini e lascia l'incombenza del tiro a Recoba che, dai 30 metri, esplode un sinistro terrificante, dritto direttamente sotto l'incrocio alla sinistra del povero Cervone. Boom.
Il primo ad abbracciare Recoba è un numero 4 che avrebbe scritto la storia dell'Inter, un certo Javier Zanetti: di tempo per festeggiare ulteriormente però non ce n'è, alla luce di un risultato che non può ancora soddisfare i ragazzi di Simoni. L'1-1 sarebbe paragonabile quasi ad una sconfitta, l'ennesima delusione incapace di ripagare un mercato orchestrato senza badare a spese, come da tradizione per quanto riguarda l'era targata Moratti.
E' dunque quasi naturale che le sofferenze emotive del presidente siano inibite dal giocatore per cui stravede, dal mancino che gli ha preso il cuore riducendolo in tanti pezzettini. All'85' c'è una punizione da distanza ancora più elevata rispetto alla zona di campo da cui è scaturita la rete siglata pochi minuti prima: stavolta parliamo di almeno 35 metri, tanto che quando Cervone sistema gli uomini in barriera sono in pochissimi a credere ad un'altra prodezza.
Sul pallone si presenta con decisione Recoba, e chi sennò: lo stesso Ronaldo sembra capire che quello è in realtà il pomeriggio del compagno e, che per lui, ci sarebbero state altre partite da ricordare. Ma non questa.
Sugli spalti serpeggia una sorta di 'scetticismo', immediatamente cancellato: Recoba calcia nuovamente col sinistro ma, stavolta, centra l'incrocio opposto, alla destra di Cervone. Il pallone si alza per poi scendere all'improvviso, al momento più opportuno: altra traiettoria imprendibile, meritevole di un festeggiamento che non lascia spazio all'immaginazione.
Pagliuca si 'scomoda' e lascia la porta per celebrare come si deve Recoba, omaggiato anche da Moriero che gli lustra lo scarpino sinistro con un gesto poi divenuto iconico e replicato anche con altri compagni, a partire proprio da Ronaldo.
Inter-Brescia decisa dai lampi di un singolo che, contrariamente alle previsioni, non è 'Il Fenomeno': l'alieno atterrato sul prato verde di San Siro in quell'afoso pomeriggio del 31 agosto 1997 si rivela essere Recoba, il più amato da Moratti. Senza voler cadere in esagerazioni, alla stregua di un figlio.


