
Aveva una grande accelerazione, un dribbling irresistibile e una qualità tecnica decisamente superiore alla media. La muscolatura delle sue gambe era potente ma al contempo elastica, permettendogli di eccellere anche nel gioco acrobatico. Francesco Moriero da Lecce è stato senza dubbio una delle ali italiane più importanti fra fine anni Ottanta e anni Novanta.
Dopo gli esordi con il Lecce si conferma ad alti livelli con il Cagliari, con cui è protagonista anche in Coppa UEFA, prima di approdare alle grandi: la Roma e poi l'Inter, con cui arrivano il trionfo nella solita Coppa UEFA nel 1998 e la chiamata in Nazionale.
In azzurro gioca i Mondiali del 1998 in Francia e passa al Napoli, ma il ginocchio più volte infortunato, dopo le tante botte prese in carriera, lo induce al ritiro a 32 anni. Diventato allenatore, ha lavorato finora con squadre di Serie C e Serie B e fatto alcune esperienze all'estero, tra le quali quella di commissario tecnico delle Maldive.
DAI TORNEI AL MARE ALL'ESORDIO DA TITOLARE CONTRO CABRINI
Francesco 'Checco' Moriero nasce a Lecce il 31 marzo 1969. Inizia a giocare a calcio nelle Giovanili della squadra della sua città, con cui fa tutta la trafila fino ad arrivare alla Prima squadra. Le prime presenze arrivano nel 1986/87, una in campionato nel derby con il Bari, in Serie B, e 2 in Coppa Italia, ma è dal 1987/88, con l'arrivo in panchina di Carlo Mazzone, che la talentuosa ala destra entra in pianta stabile in Prima squadra.
"Il mio esordio assoluto è stato in Serie B, in un derby contro il Bari. L’allenatore del Lecce, in quell’anno, era Santin. - racconterà più volte l'ex giocatore pugliese - Ma il debutto da titolare è arrivato l'anno successivo in Coppa Italia contro la Juventus. Quella convocazione è stata del tutto inaspettata".
"Quattro ragazzini della Primavera erano stato aggregati per il ritiro estivo. Eravamo io, Garzya, Petrachi e Conte. Ci allenavamo con la prima squadra dall'età di 15 anni, venivamo da quartieri umili. Finito il ritiro saremmo dovuti rientrare con i giovani. Il giorno della Festa di Sant'Oronzo c'era un torneo sulla spiaggia, a Frigole. Mazzone fa la rifinitura a Via del Mare, un calciatore si infortuna, Palese o Raise, non ricordo. Serve un esterno. Neri, il secondo di Mazzone mi fa cercare. Mio padre viene a chiamarmi con la 126. Ero in costume, sudato. Mi faccio una doccia e vado in ritiro".
"C'era la colazione prepartita, esco dalla stanza e incrocio Mazzone in ascensore. Ero in soggezione. Mi fa: 'Sei emozionato? Tanto a me nun me ne frega un cazzo, giochi titolare lo stesso'. Io pensavo di andare in panchina e invece mi ritrovo titolare davanti a 40 mila persone. Scendo in campo in mezzo a quei campioni di cui fino a quel momento collezionavo le figurine: Tacconi, Mauro, Brio, Rush, Laudrup... I primi minuti non tocco palla".
"Avevo soltanto 17 anni e pesavo appena 52 chili.- ricorda - Dalla mia parte c'era Cabrini che andava e veniva. Io gioco quasi sulla linea laterale, e quando passo davanti alla panchina Mazzone fa: 'Guarda che la partita è cominciata da 10 minuti e non te ne sei accorto.Devi fare anche il biglietto di ritorno, non solo quello di andata'. Da allora ho capito che dovevo impegnarmi nella fase difensiva".
"Dopo quella sua frase, il primo pallone che mi arriva faccio tunnel e controtunnel a Cabrini. Lui, imbufalito per la mia irriverenza, mi falcia da dietro e mi tira su prendendomi per i capelli. Succede il finimondo, il pubblico impazzisce ed inizia a gridare. La panchina, Carletto Mazzone in testa, si precipita in campo gridando. Finisce con un sonoro 3-0 per la Juventus, nel Lecce, nel secondo tempo, entrò in campo un altro giovane: Antonio Conte, mio coetaneo. Da quel giorno, io non sono più uscito dall’undici titolare".
"Con mister Mazzone ho avuto un rapporto straordinario. È stato il mio papà adottivo. Mi ha insegnato come dovevo comportarmi, cosa dovevo mangiare, a che ora dovevo andare a dormire. Mi ha insegnato i valori dello sport, fondamentali anche nel calcio di oggi".
WikipediaQuell'anno, con 35 presenze e i primi 3 goal della sua carriera, dà un prezioso contributo ai giallorossi per la promozione in Serie A. Sta nascendo un nuovo ciclo e Moriero cresce sotto gli insegnamenti del Sor Magara e si ritrova spesso in campo fianco a fianco a quegli amici con cui spesso aveva condiviso il cammino nelle giovanili e i tornei in spiaggia. Fra questi anche Antonio Conte, di cui ricorda qualche gustoso aneddoto.
"Con Antonio - rivela in un'intervista a 'Il Giornale' nell'aprile 2020 - eravamo come fratelli. Io, lui, Gigi (Garzya, ndr) e Gianluca (Petrachi, ndr) vivevamo insieme. Eravamo una grande famiglia: Antonio già all’epoca era un capitano-allenatore. Studiava gli avversari e sapeva tutto: ci riempiva di informazioni e consigli, era preparatissimo. Poi voleva sempre vincere: non ci stava a perdere neanche in allenamento. Da ragazzino si è rotto tibia e perone, eppure ha fatto una grandissima carriera. Aveva una forza di volontà incredibile. Per noi il calcio era tutto: non c'era una lira e volevamo sfondare per dare un futuro alle nostre famiglie”.
"Quando avevo 17 anni mi ero fatto prestare una Porsche. Andiamo in giro tutto il giorno e la sera quando torniamo a casa Antonio mi dice: ‘Checco, ma tu ce l’hai la patente?’. Ero minorenne, non potevo averla. Quando gli dissi di no, non vi dico la sua incazzatura. Ho rischiato grosso quella sera (ride, ndr)”.
Arrivano 2 salvezze consecutive in Serie A, e quel ragazzino mingherlino dai capelli ricci e biondi è spesso decisivo e segna anche alcuni goal pesanti.
"Il mio primo goal in Serie A l'ho segnato ad Ascoli. È stato veramente bello, io avevo unicamente voglia di diventare calciatore del Lecce, non pensavo ad altre squadre. È stata una storia stupenda. Sette giorni dopo trascino il Lecce nella prima vittoria giallorossa contro la Juve. Una partita storica: 2-0, segnammo io e Pasculli. Cross di Nobile dalla sinistra e feci goal di testa a Tacconi. È stata una giornata fantastica".
Dopo l'addio di Mazzone, nel 1990/91 la stagione con Boniek al timone si conclude con la retrocessione in Serie B.Una delusione per Moriero, che resta anche l'anno seguente, con Bigon in panchina. La squadra non riesce a conquistare la Serie A, ma per 'Checco' arriva la sua migliore stagione in Salento sul piano personale: 34 presenze e 6 goal che lo proiettano verso una carriera di successo lontano da casa.
CAGLIARI: IL 6° POSTO E LA CAVALCATA IN COPPA UEFA
Nell'estate del 1992 il nome di Moriero è fra quelli caldi nel calciomercato. L'ala sembra destinata a restare in Puglia con il Foggia, invece è il Cagliari del nuovo presidente Massimo Cellino a spuntarla. Seguito già durante la gestione degli Orrù dal Direttore sportivo Carmine Longo, i sardi mettono sul piatto 5 miliardi e mezzodi Lire e bruciano la concorrenza dei Diavoletti.
La carriera della talentuosa ala, che in parecchi già accostano a Bruno Conti e Franco Causio, riparte dalla Sardegna.
"Arrivò l’offerta del Foggia di Zeman. - racconterà in un'intervista a 'Calcio Casteddu' dell'aprile 2020 - Il Lecce aveva già l’accordo per 4 miliardi, io non volevo andare. Poi arrivò la chiamata del Cagliari, c’era Mazzone in panchina. Mi fece: 'A Francé, ‘a ‘ndo vai, vieni con me, farai la tua carriera’. Cellino mi pagò 5 miliardi e mezzo. Una cifra impressionante per l'epoca. Arrivai lì e all'inizio non mi trovavo bene.Per me il calcio era il Lecce. Io ero questo: vedevo solo Lecce”.
"Finché un giorno Longo mi chiamò e mi disse: 'Abbiamo sbagliato acquisto, vediamo di farti tornare a Lecce'. Lì fui colpito nell’orgoglio. Indossai sotto la casacca da gioco una maglietta che mi fece mamma con la foto dei miei genitori e della mia ragazza. Pensavo di avere addosso la maglia del Lecce. Mi sbloccai e fu una stagione bellissima, con Pusceddu, Matteoli, Francescoli. Grandi giocatori. Sulla carta eravamo normali ma vincevamo a Torino, battevamo anche l’Inter. Quel Cagliari lo ricordano tutti".
InternetPian piano però Moriero si inserisce nella squadra rossoblù, e, anche grazie ai tifosi sardi, che lo adottano come un figlio, riesce a giocare ad alti livelli e a dare un contributo prezioso nella conquista di uno storico 6° posto. In campionato l'ala leccese colleziona 27 presenze e 4 goal, più 4 gare e una rete in Coppa Italia.
"Se a Lecce ero 'Lu piccinnu', a Cagliari ero invece 'Su pippiu', il loro bambino".
Fra i goal particolarmente bello e importante è quello dell'ultima giornata contro il Pescara: una mezza rovesciata volante che sigilla la vittoria casalinga del Cagliari sugli abruzzesi e consegna ai rossoblù la certezza matematica del ritorno in Europa dopo 23 anni. La seconda stagione di Moriero in rossoblù lo vede fra i protagonisti di un'entusiasmante cavalcata europea in Coppa UEFA sotto la guida di Bruno Giorgi.
Moriero diventa uno dei pilastri della squadra isolana, e nel ritorno dei sedicesimi di finale contro il Trabzonspor è autore di una prova rimasta nella memoria collettiva. Dopo l'1-1 dell'andata, ai turchi basta un successo di misura per qualificarsi, ma devo fare i conti con un Moriero in versione duracell. L'ala salentina logora con le sue accelerazioni la difesa avversaria, e anche quando il campo del Sant'Elia nel secondo tempo diventa pesantissimo per un grosso temporale, lui sembra volare.
Il Cagliari pareggia 0-0 e avanza nel torneo. Eliminerà anche Malines e Juventus, prima di essere battuta in semifinale dall'Inter.
"Sfiorai i Mondiali di USA '94 giocandomi fino alla fine la convocazione con Nicolino Berti. Vincemmo a Torino il quarto di Coppa dopo un rigore per loro scandaloso. Nella semifinale ci fu l’Inter e perdemmo il doppio confronto”.
Dopo due stagioni l'avventura in rossoblù di Moriero termina con 67 presenze e 5 goal complessivi: ad attenderlo nella calda estate del 1994 ci sono le big, pronte a contenderselo a suon di miliardi.
TRE ANNI DI ROMA: TOTTI, I DERBY E LO SLAVIA PRAGA
Il copione per Moriero si ripete: è Zeman a muoversi per primo per provare a portarlo alla Lazio, ma 'Checco' andrà alla Roma, dove lo aspetta a braccia aperte, ancora una volta, Carlo Mazzone.
"Fu una trattativa un po’ particolare. - spiega l'ala leccese - Il Cagliari voleva cedermi alla Lazio dove c’era Zeman che spingeva per avermi, ma appena seppi della Roma non esitai: scelsi ancora una volta di raggiungere Mazzone. Così sbarcai nella Capitale”.
In giallorosso il numero 7 conferma di essere ormai un esterno in grado di coprire tutta la fascia, anche se il meglio di sé lo dà sempre dalla metà campo in su, con quella facilità di dribbling che fa esaltare i tifosi. Nei tre anni della sua permanenza la Lupa ottiene soltanto due quinti posti e una 12ª posizione nel 1996/97.
Moriero riesce però a lasciare il segno e a farsi amare dai tifosi, collezionando in totale 88 presenze e 11 reti.
"La prima cosa che mi dissero quando firmai il contratto, fu: 'Mi raccomando il derby’. - racconta in un'intervista a 'Centro Suono Sport ' - Poi mi resi conto solo entrando all’Olimpico e guardando la Curva Sud cosa volesse dire, cosa significasse il derby in questa città".
"Ricordo ancora la carica che ci diede mister Mazzone prima del famoso derby vinto per 3-0, tanti giornali ci davano per spacciati, preparammo quella partita sul piano caratteriale, volevamo dimostrare il nostro valore. Mazzone ci attaccò dentro lo spogliatoio gli articoli che ci davano per sconfitti, quando scendemmo in campo le gambe andavano da sole. Fu una partita meravigliosa, molti tifosi ancora me lo ricordano, nessuno si aspettava quella vittoria".
Getty ImagesNella capitale l'ala destra vive da vicino anche il primo Totti.
"Totti l'ho visto crescere, - afferma - era piccolo ma talentuosissimo. Mazzone mi mise con Gigi Di Biagio a fare da tutor a Francesco, ma aveva già la testa giusta. A 17 anni faceva già giocate impressionanti.È rimasto il ragazzo umile e fantastico che conoscete. Fa strano vedere la Roma senza Totti in campo, così come mi sarebbe piaciuto per lui una carriera dirigenziale alla Zanetti. È il simbolo della Roma e meritava un trattamento diverso per quello che ha dato alla Roma, serviva più rispetto per Francesco. Invece l’hanno mandato a quel paese…”.
Anche in giallorosso Moriero si esalta in Europa nella Coppa UEFA 1995/96, che vede i giallorossi arrivare ai quarti di finale ed essere eliminati rocambolescamente dallo Slavia Praga ai tempi supplementari. 'Checco' segna il goal del 3-0 che sembra chiudere i giochi, ma una rete di Vavra getta nello sconforto i tifosi giallorossi.
"Durante il lockdown mi sono rivisto la partita contro lo Slavia Praga. - svela l'ala leccese - L’ho fatto per i miei figli. Fu una beffa incredibile, io non avevo più avuto il coraggio di rivederla. Eppure quella sera venne fuori lo spirito di quella squadra con tanti romani. I miei figli sono innamorati della Roma. Con Totti sono rimasto molto amico. Marco, il più piccolo, è nato a Roma ed è tifoso. Lo portai qualche anno fa a Trigoria. Francesco stava per smettere e gli ha detto: 'Devi continuare, adesso io sono piccolo, voglio diventare capitano della Roma e tu devi esserci'. Alla scuola calcio ha sempre la fascia di Totti al braccio".
L'INTER E LA COPPA UEFA CON SIMONI
Il 1997 è l'anno della svolta nella carriera di Moriero. Sembra fatta per il passaggio dell'ala dalla Roma alMilan a parametro zero, invece i rossoneri lo girano in prestito all'Inter per assicurarsi André Cruz.
"Ero svincolato dalla Roma e dovevo partire per l’Inghilterra per firmare un contratto con il Derby County. - spiega - Invece arrivò la chiamata di Galliani, che mi invitava a Milano per firmare il contratto con il Milan. Io accettai. Ora, André Cruz si era accordato con entrambe le due milanesi: per risolvere la situazione, mantenendo buoni i rapporti tra i due club, i rossoneri proposero una serie di giocatori che potevano interessare ai nerazzurri. Fu Gigi Simoni a scegliermi tra quei nomi. Così, dopo quindici giorni, passai all’Inter. E mi innamorai di quella maglia”.
L'estrosa ala salentina non metterà mai piede a Milanello, andando a vestire direttamente la casacca nerazzurra, fortemente richiesto dal tecnico Gigi Simoni. Il giocatore firma un triennale a un miliardo e 600 milioni di Lire a stagione.Il prestito viene poco dopo trasformato in comproprietà alla cifra simbolica di un milione di Lire, poi a novembre il Milan, per avere Maurizio Ganz, paga all'Inter tre miliardi più la seconda metà del cartellino dell'ala destra, valutata 5 miliardi.
"All'Inter ho tanti bei ricordi - ha detto in più occasioni Moriero - Ho giocato assieme a tantissimi campioni, da Ronaldo 'Il Fenomeno', il più grande, fino a Bergomi, Zamorano, Simeone, Zanetti. In ritiro mi accorsi che sulla fascia destra giocava già un campione come Pupi e temevo di non giocare. Nelle partitelle di calcio-tennis però legai tantissimo con Ronaldo, Zamorano e Recoba: nasce subito un feeling tecnico incredibile così come con Simeone".
"Quanti goal ho fatto fare al Cholo nelle partitelle con i miei cross! Simoni capisce che devo giocare e così Pupi con intelligenza accetta di traslocare a sinistra per il bene della squadra. Sarebbe stato un peccato se uno dei due fosse rimasto in panchina. Zanetti oltre a essere un calciatore straordinario è un uomo incredibile".
In nerazzurro Moriero è fra i protagonisti di una prima stagione molto positiva, con 44 presenze e 6 goal totali in tutte le competizioni, di cui 3 in campionato e 3 in Coppa UEFA. Due dei suoi goal sono spettacolari, uno in Serie A e l'altro in Europa.
Il 30 settembre 1997, in Svizzera, contro il Neuchatel Xamax, su cross dalla destra di Sartor, Moriero insacca con una spettacolare rovesciata all'incrocio dei pali. È il goal del vantaggio dei nerazzurri, che bisseranno il successo dell'andata cogliendo un altro 2-0.
In campionato segna invece un goal capolavoro nel gennaio del 1998 al Garilli di Piacenza. Con la gara inchiodata sullo 0-0, l'ala leccese recupera palla nella propria metà campo e si lancia in una serie incredibile di dribbling in velocità, per poi depositare il pallone in rete con un tiro angolato dopo aver saltato cinque avversari.
"Il mio goal più bello credo sia stato la rovesciata contro il Neuchatel Xamax in Coppa Uefa nel 1998. Ma ho a cuore tanti altri goal, tra cui quello realizzato contro il Piacenza, una giocata di puro istinto, il goal che sognavo di fare fin da quando ero bambino. E pensare che Simoni aveva mandato a scaldarsi Cauet e urlava dalla panchina: 'Checco passala, passa sta palla'. Dopo il goal, dissi a Simoni, ridendo, che potevo passarla. Ed entrò Cauet. Feci appena in tempo...".
Ma l'ala leccese è anche un grande assistman: è suo, fra gli altri, il lancio nel derby del 22 marzo 1998 per l'inserimento del 'Fenomeno' alle spalle della difesa rossonera, che sfrutta l'occasione segnando in pallonetto.
"Lo vedo partire a razzo e dentro di me dico: 'Ndo va questo?'. Così metto una palla tagliata forte dietro la linea difensiva del Milan e Ronaldo si inventa un pallonetto meraviglioso".
"Per me Ronaldo dell'Inter era più forte di Cristiano Ronaldo.- dichiara a 'RMC' - C'è stato un Fenomeno vero ed era il brasiliano, con tutto il rispetto per il centravanti della Juventus. Fuori dal campo Ronnie ogni volta si prendeva in prestito i miei DVDe non me li ha mai restituiti. Mi avrà portato via 50 film (ride, ndr).".
"Una volta mi disse: 'Con Figo pensavo di aver visto l’esterno più forte del mondo, ma poi ho visto te'. Esagerava".
Ad ogni goal del Fenomeno segue l'immancabile esultanza, inventata dal salentino, che lo vede nei panni del lustrascarpe del brasiliano e del 'Chino' Recoba. Per tutti diventa lo 'Sciuscià'.
"In una partita contro il Brescia perdevamo e Recoba, che era partito dalla panchina segnò due goal. Il secondo fu una punizione clamorosa sotto l'incrocio, a tre minuti dalla fine. Mi misi in ginocchio e gli lustrai lo scarpino: il mio era un gesto di ammirazione, che simboleggiava l’umiltà di un giocatore per il fantastico gesto tecnico di un compagno di squadra. Ce lo siamo portati indietro per anni. Qualche volte l’hanno fatto anche a me: ho costretto il Cholo a lucidarmi lo scarpino".
Getty ImagesSe in campionato l'Inter di Simoni perde il duello Scudetto con la Juventus, con grandi polemiche arbitrali, e deve accontentarsi del 2° posto, in Coppa UEFA i milanesi trionfano superando 3-0 la Lazio nella finale di Parigi il 6 maggio 1998. Per Moriero è il primo titolo della sua carriera.
"Gigi era un gestore straordinario dello spogliatoio. Sapeva tenere il gruppo come nessuno. Era bravissimo a capire ogni tua esigenza o problematica. Inoltre aveva dei modi per i quali, anche quando eri arrabbiato, diventava impossibile discutere o litigare con lui. Il merito di quel gruppo così solido e unito è senza dubbio suo. Poi ogni tanto sapeva smorzare la tensione, come quel martedì ad Appiano quando entrò nello spogliatoio tutto serio, facendoci un po’ preoccupare. Rimanemmo tutti in silenzio, pronti ad ascoltarlo. Simoni ci disse così ‘Qui all’Inter siete tutti uguali tranne uno: Ronaldo che è più uguale degli altri!’. Qualche secondo di silenzio e tutti giù a ridere".
Fra i suoi compagni anche il difensore nigeriano Taribo West.
"Era un matto scatenato, - dice Moriero - entrava a forbice su tutti. Prima di ogni partita ci faceva posizionare in cerchio, poi metteva una mano sulla testa di Ronnie, diceva una preghiera e andavamo a giocare. Se lo prendevamo in giro si arrabbiava da morire, diventava cattivo".
Le successive due stagioni sono meno fortunate per l'ala destra e per l'Inter. Nell'estate 1998, in camera con Baggio ai Mondiali, Moriero lo convince ad accettare la proposta di Moratti.
"In Nazionale stavo sempre in camera con Roby e gli raccontavo com’era l’Inter, di Moratti e Simoni. Diciamo che un piccolo merito per il suo trasferimento me lo prendo. Anche con Di Biagio la stessa cosa, ho cercato di farlo pure con Totti. Mi ricordo che non stava bene alla Roma e ho cercato di pressarlo per portarlo all’Inter. Fosse arrivato Totti insieme a Baggio e Ronaldo, non oso immaginare cosa sarebbe successo”.
Con l'esonero di Simoni il 1998/99 vede alternarsi quattro tecnici alla guida dell'Inter, che a fine anno non si qualifica per le coppe.Appena 18 presenze e una rete per l'ala leccese, che inizia anche ad accusare problemi fisici.
"Vinciamo in 4 giorni con Real e Salernitana, - ricorda Moriero a 'Napoli Magazine' - eppure il lunedì sera mi chiama Pupi e mi dice che Simoni era stato esonerato. Credo che a distanza di anni Moratti si sia pentito di quella scelta, che fu un errore tanto che poi cambiammo 4 allenatori e la squadra non riuscì a riprendersi".
Nel 1999 arriva Lippi, sembra la stagione giusta per vincere ma le cose non vanno come Moriero e i tifosi nerazzurri sperano.
"Insieme a Moratti ha formato una delle squadre più forti in assoluto. Era arrivato pure Vieri, ce n’erano tantissimi. Eravamo primi in classifica all’inizio, poi ci fu un derby e Ronaldo venne espulso subito. Il mister ebbe l’idea di farmi uscire, la stampa criticò Lippi e da lì in poi non ho più giocato. Ma erano decisioni sue, io ero un calciatore che vivevo di emozioni. Messo da parte ho sofferto tanto, ho fatto qualche goal ma non ero più io. Non so come mai quell’Inter non abbia vinto tanto e come mai io sia stato messo da parte".
Nell'estate del 2000 l'avventura di Moriero con l'Inter è praticamente conclusa dopo 83 presenze e 10 goal complessivi in tre stagioni.
AFPLA NAZIONALE E I MONDIALI DI FRANCIA '98
Grazie alle brillanti prestazioni con la maglia nerazzurra, l'ala leccese approda anche all'ambita Nazionale azzurra. Il debutto avviene il 28 gennaio 1998 nell'amichevole contro la Slovacchia, 8 anni dopo l'unica presenza con l'Italia Under 21, e sforna subito due assist che danno un contributo decisivo per il 3-0 finale.
Toglie al Ct. Cesare Maldini ogni dubbio per essere inserito nella lista dei Mondiali di Francia '98 quando contro il Paraguay, il 22 aprile, firma una spettacolare doppietta: il primo goal è un'altra delle sue incredibili 'cilene', il secondo un gran tiro dalla distanza.
"Mister Maldini non aveva ancora dato delle indicazioni precise, - sottolinea a 'Calcionapoli24' - io ero in ballottaggio con Di Livio e Chiesa, cercai di giocare e lasciare il segno come ho sempre cercato di fare. Firmai una doppietta e strappai il biglietto per il Mondiale".
A Francia '98 parte titolare, e gioca 4 gare su 5, alternandosi sulla fascia destra con Angelo Di Livio. Il cammino degli azzurri si arena ai quarti di finale, quando ai calci di rigore è la Francia a prevalere.
"Uscimmo ai quarti di finale ed è stato un vero peccato. - ricorda Moriero al 'Corriere dello Sport' - Avevamo una Nazionale di grandissimi campioni. Peccato, se fossimo passati avremmo vinto il Mondiale. Quanta sfortuna: Vieri sbagliò da un metro di testa sul mio cross e l’azione di Baggio con il pallone uscito per cinque centimetri. Di Biagio calciò il rigore sulla traversa e scoppiò a piangere. Andammo tutti a consolarlo, anche Candela, che giocava con la Francia".
Dopo la sfida con i Bleus, l'ala leccese gioca in azzurro soltanto un'altra partita, con Dino Zoff Ct., il 9 ottobre del 1999 a Minsk, valida per le qualificazioni ad Euro 2000 e terminata 0-0. Il suo breve cammino in azzurro si conclude con un bilancio di 9 presenze e 2 goal.
IL NAPOLI E IL RITIRO
Nell'estate del 2000 si corona l'inseguimento di Zdenek Zeman a Moriero, con l'ala destra che si trasferisce al Napoli, guidato proprio dal tecnico boemo.
"Peccato che fra noi non ci fu grande feeling. - dice l'ex ala destra - Quando arrivai dall’Inter purtroppo mi feci male subito al ginocchio, in ritiro, e non ho potuto dare continuità, e dopo poche partite mi sono di nuovo infortunato, tra l'altro proprio a Lecce. Quando rientrai c'era Mondonico che giocava col 3-5-2 e non era il modulo adatto a me. Io gli dissi che non avrei fatto il terzino e così giocai pochissimo. Siamo retrocessi immeritatamente e l'anno dopo con De Canio non riuscimmo a salire".
In due stagioni con i partenopie Moriero colleziona appena 26 presenze e un goal, senza riuscire a lasciare il segno.
"La mia esperienza al Napoli è il grande rimpianto della mia carriera,- afferma - perchè giocare a Napoli di fronte a sessantamila spettatori era un obiettivo importante della mia carriera".
Gli infortuni al ginocchio hanno lasciato il segno, e nonostante alcune proposte importanti, fra cui una della Juventus e una dalla Cina, Moriero decide di ritirarsi dalle scene nel 2002 a soli 32 anni.
"Dopo Napoli, nel 2002 mi cercò la Juve, ma il ginocchio non rispondeva più perciò alla fine non se ne fece nulla. Quell'estate dissi no anche a una offerta dalla Cina e decisi di smettere".
GettyALLENATORE IMPEGNATO NEL SOCIALE
Dopo il ritiro 'Checco' vuole restare nel Mondo del calcio e studia da allenatore. Preso il patentino a Coverciano, la sua esperienza in panchina inizia curiosamente lontano dall'Italia, in Africa.
"C'eravamo incontrati con il presidente della Federazione della Costa d'Avorio. - ricorda il classe 1969 a 'Calciomercato.com' - Ma prima di darmi la Nazionale voleva che facessi un'esperienza con un club. Così accettai l'offerta dell'Africa Sport. Ogni giorno avevo tantissimi ragazzi da visionare, avrò fatto mille provini. Poi il traduttore mi ha lasciato dopo 4 mesi ed io non conoscevo il francese. È stata una bella esperienza, ma sembravo Lino Banfi nell'Allenatore nel Pallone".
Rientrato in Italia, Moriero inizia la sua gavetta fra Lega Pro e Serie B. Guida Lanciano,Crotone (con cui conquista la promozione in B), Frosinone e Grosseto fra i cadetti, poi il suo Lecce, per sole 4 gare, e ancora Catanzaro,Catania (che conduce ad una brillante salvezza), Sambenedettese e Cavese.
Particolare il ricordo dell'impresa con i siciliani.
"Arrivai nel marzo 2016 con la squadra terzultima e ci salvammo senza passare dai playout. Fu una bella impresa, anche se c'erano grandi aspettative e non tutti hanno compreso bene la rimonta che abbiamo fatto. Reputo il Catania una società importante che ha fatto la storia del calcio italiano. È una piazza che non centra nulla con la Serie C".
Non sono mancate ulteriori esperienze all'estero: nel 2011/12 in Svizzera con il Lugano (5° posto finale e mancata promozione in Super League) e nel dicembre 2020, assieme a Fabrizio Miccoli, in Albania con la Dinamo Tirana. Quest'avventura, che è anche la sua esperienza più recente da allenatore, termina il 1° marzo, con i due italiani che lasciano la squadra in 1ª posizione dopo aver ottenuto una sconfitta e una vittoria.
"Adesso c’è la cultura del possesso palla e il ruolo dell’ala è quasi sparito. - sottolinea - Non ci sono più giocatori che saltano l’avversario per portare maggioranza numerica sull’esterno e crossare. Oggi ci sono molti più centrocampisti e anche i moduli di gioco hanno fatto sparire questo tipo di giocatore, che era quello che faceva la differenza. Nel calcio di oggi c’è poca fantasia, ma questo è un discorso che parte dai settori giovanili dove bisognerebbe lasciare più libertà ai ragazzini di 8 e 9 anni e fare un po’ meno lavoro tattico".
A ottobre 2021, Moriero ha accettato l'incarico di commissario tecnico delle Maldive, avventura terminata due anni dopo tra le polemiche. Ai microfoni di GOAL, l'ex calciatore ha raccontato la scelta di intraprendere questa nuova avventura:
“Certo, ci sono posti peggiori dove fare calcio, ma io sono qui per lavorare, mica per piacere. Chi dice che il calcio maldiviano è di basso livello, parla senza conoscere, dovrebbe prima informarsi. Qui c’è tutto quello che serve ad un allenatore per fare bene, per insegnare calcio, e questo è quello che piace fare a me. Per questo, per me, è come essere in Paradiso. Al di là del mare e delle spiagge, che da uomo del Sud amo, qui si lavora duro, non sono venuto per divertirmi”.
Moriero ha raccontato un retroscena della sua nuova avventura:
“Ero alla ricerca di un’esperienza all’estero, avevo deciso che per un po’ in Italia non avrei più allenato. Nuno Gomes (ex giocatore della Fiorentina dal 2000 al 2002, ndr) è venuto a sapere di questa possibilità e me l’ha proposta. Io l’ho valutata, ho parlato con i responsabili della Federazione maldiviana ed ho accettato con piacere questa sfida. Il tutto è successo ad agosto, avrei dovuto cominciare il primo settembre, ma poi causa COVID è slittato tutto ad ottobre. Ed ora, finalmente, eccomi qui…".
Nella vita privata ha sposato Emilia, la donna della sua vita, che gli ha dato tre figli:Federico, Francesca e Marco, il più piccolo. Nonostante il calcio gli abbia regalato soldi e fama, Moriero non ha mai dimenticato i sacrifici fatti dalla sua famiglia e le origini umili.
Assieme a Miccoli, nel 2020, durante la pandemia, 'Checco' ha intrapreso, attraversi l'associazione 'Angeli di quartiere', una bella iniziativa di solidarietà: il ricavato della vendita all'asta di diverse maglie di calciatori importanti è stato usato per acquistare la spesa alle famiglie bisognose, che i due calciatori, indossati guanti e mascherine, andavano a consegnare personalmente con un camioncino o in motorino.
"A quei tifosi che ci hanno incitato, criticato, che ci hanno permesso di vivere il mondo del calcio come dei privilegiati, ora proviamo a dare qualcosa in cambio. - ha dichiarato al 'Corriere dello Sport' nel giugno 2020 - C'è tanta povertà in giro, abbiamo l’obbligo di aiutare la nostra gente".
