
Didier Deschamps, per la Juventus, ha rappresentato molto. Prima da calciatore e, successivamente, anche da allenatore. Protagonista di una squadra che nel 1996 alzava la sua, fin qui, ultima Champions League. Protagonista - in Serie B - alla guida della Vecchia Signora. Perché, si sa, al cuor non si comanda.
E in piena tempesta, causata dall'uragano Calciopoli, il francese non se l'è sentita di rifiutare la Signora. Accettando, così, di assumersi un impegno complicato. In gergo calcistico? Drammatico. Via gli scudetti, via la dirigenza, via tanti campioni. Via, sostanzialmente, tutto.
Ecco, quindi, la chiamata effettuata in prima persona da Alessio Secco. Promosso, nel 2006, da team manager a direttore sportivo. Un salto di qualità importante. Con Madama , dal nulla, a ricostruire un'intera società facendo i conti, nel vero senso del termine, con un impatto tremendo. Quindi, fiducia nel manager torinese. Che, dal canto suo, optò subito per portare Didì in panchina.
Un matrimonio inizialmente felice. Caratterizzato dalla permanenza del nucleo storico rappresentato da Del Piero, Buffon, Camoranesi, Nedved e Trezeguet. Rimasti all'ombra della Mole, in maniera professionalmente del tutto anacronistica, anche grazie alla mediazione del tecnico francese.
Inizio complicato, con l'ormai celeberrimo pareggio di Rimini, dopodiché strada in discesa. Tutto molto semplice per una corazzata del genere in esilio nella cadetteria. Tutto troppo semplice per un mister già sulla cresta dell'onda, con tanto di finale disputata alla guida del Monaco.
Dopodiché, le prime crepe. Con Deschamps a immaginare, rispetto alla società, un altro tipo di rientro nell'élite nostrana. Il suo pensiero: pochi acquisti ma di livello assoluto. Linea guida maturata nella vecchia sede di corso Galileo Ferraris: rivoluzione. Il risultato? Impossibile andare avanti assieme.
" Fu una mia scelta lasciare la Juve - così il francese a distanza di anni a Tuttosport - pensavo fosse una decisione giusta, ma comunque non ho rimpianti. Non si può vivere nel passato. Sono molto orgoglioso di quello che ho fatto come giocatore. Da allenatore, sono arrivato in una condizione molto difficile in Serie B e ho riportato la Juve in A. E' stata una annata sportivamente e umanamente molto positiva. Purtroppo non è finita come immaginavo. Ma è stata una scelta mia. Sul momento era l'unica scelta giusta secondo me, col tempo si pensa, si ripensa e si riflette. Non voglio tornare sugli argomenti che mi hanno spinto a prendere questa decisione, ma mi rendo conto che il mondo del calcio non ha capito e non poteva capire ".
Dunque, vittoria aritmetica della B con tre giornate d'anticipo. Dunque, cinque giorni dopo, l'addio di Deschamps. Clima di tensione, programmi per il futuro non condivisi, volontà (reciproca) di non andare oltre. Con i piemontesi a scommettere su Claudio Ranieri.
La sensazione è che, se potessero tornare indietro, gli ex dirigenti bianconeri opterebbero per un altro tipo di scelta, prevalentemente all'insegna della continuità. Basti vedere, balbettante, la rinascita juventina fino alla stagione 2011-2012. Basti vedere, soprattutto, il palmarès di Deschamps.
