
Esploso nel Cagliari, dove ha avuto una crescita esponenziale negli anni, diventando uno dei cannonieri principi della Serie A, David Suazo approda all'Inter di Mancini dopo un triangolo di calciomercato con il Milan che vede spuntarla i nerazzurri.
La parabola della 'Pantera nera', a causa di una serie di infortuni muscolari, lo porterà da lì a pochi anni a un finale di carriera in tono minore. Vinto lo Scudetto con l'Inter, giocherà con il Benfica, ancora in nerazzurro, con il Genoa e con il Catania, senza più poter dimostrare quello strapotere fisico che lo aveva reso uno degli attaccanti più forti del calcio italiano degli anni Duemila.
Diventato allenatore, dopo l'esperienza da secondo di Ivo Pulga e nel Settore giovanile del Cagliari, avrà la sua prima occasione nel calcio professionistico in Serie B con il Brescia. Non riuscirà però a dimostrare il suo valore e dopo un'avvio di campionato negativo, sarà esonerato da Massimo Cellino, colui che era stato il suo presidente in rossoblù.
DALL'HONDURAS AL BOOM CON IL CAGLIARI
Nato a San Pedro Sula, nella zona Nord-Occidentale dell'Honduras, il 5 novembre 1979, Suazo dopo aver iniziato a giocare a calcio in strada con i suoi amici, entra a far parte di una società affiliata al Settore giovanile dell' Olimpia Tegucigalpa . Diventa un componente della Nazionale Under 20 e viene convocato per i Mondiali di categoria nel 1999. Qui viene notato da Oscar Washington Tabarez. Il 'Maestro' lo nota nel torneo in Nigeria e lo vuole con sé nella sua nuova avventura sulla panchina del Cagliari nella stagione 1999/00.
Al suo sbarco in Sardegna Suazo è un diamante grezzo. Dal punto di vista atletico non è secondo a nessuno: percorre i 100 metri piani in 11'' ma spesso difetta nel controllo di palla e quando è lanciato a rete fa fatica a 'scalare le marce' e ad essere freddo sotto porta.
"Quando arrivai in Italia avevo 19 anni. - ha ricordato qualche anno fa in un'intervista su 'Calcio2000' - Per me era come un mondo a parte. C'erano tante differenze, prima fra tutte la lingua. Quello che mi aiutò fu la fiducia che mi diede il presidente Cellino e il fatto che mi fu concesso molto tempo per crescere".
Uno degli ostacoli più duri fu adattarsi al tatticismo del calcio italiano.
"Non sapevo minimamente cosa fosse la tattica. A quei tempi la Serie A era uno dei campionati più difficili al Mondo, arrivarci per un ragazzino honduregno rappresentava già una vittoria".
Suazo apprende in fretta, e nonostante l'esonero di Tabarez, anche con Renzo Ulivieri riesce a ritagliarsi il suo spazio in Prima squadra, oltre che nella Primavera rossoblù. Nella sua prima stagione, molto difficile per il Cagliari, che retrocede in Serie B, colleziona 13 presenze e un goal. Dopo un po' di gavetta nel torneo cadetto, l'anno della svolta arriva nel 2004, quando sulla panchina rossoblù arriva Edy Reja e in campo un campione come Gianfranco Zola.
Con i lanci precisi del numero 10 ex Chelsea a innescarlo in velocità, l'honduregno è spesso letale per le difese avversarie e con 19 reti dà un contributo tangibile al ritorno in Serie A dei sardi. Nel massimo campionato completa la sua maturazione. Dopo i 7 goal del 2004/05, l'anno seguente, nel quale compone un tridente fra i più importanti della Serie A con Mauro Esposito e Antonio Langella, trova la sua consacrazione.
Arriva a 22 goal segnati nel 2005/06, superando il mito Gigi Riva per numero di reti in campionato in una sola stagione.
"La realtà è che i 22 goal sono stati una statistica casuale, perché nel cuore dei tifosi del Cagliari i veri grandi restano Gigi Riva e Gianfranco. Loro sono la storia di questo club, io mi accontento di farne parte. Il mio segreto? Non ce ne sono, l'unico sta nel mio DNA, nelle doti rare che mi hanno trasmesso mamma e papà".
IL TRIANGOLO DI MERCATO CON INTER E MILAN
Nell'estate 2007 gli occhi delle big si concentrano su di lui. Le due milanesi, in particolare, sono pronte a darsi battaglia per strappare l'honduregno al Cagliari.
"Fu un momento particolare. Milan e Inter mi volevano , ma il passo in più l'aveva fatto l'Inter, con mister Mancini che mi aveva chiamato prima . Aveva già parlato con me e mi aveva detto che mi voleva e che mi considerava parte del progetto che aveva in mente. Cellino chiaramente faceva gli interessi del Cagliari e così poi si inserì il Milan. Il presidente mi chiamò e per una notte non riuscì a dormire, ma avevo già deciso".
In poche ore Suazo passa dall'essere un giocatore dell'Inter a essere un giocatore del Milan, alla fine però la spunta la volontà del calciatore.
"Io avevo dato la mia parola a Mancini e all'Inter. Per la mia carriera sarebbero state entrambe due situazioni positive e sono contento della scelta che ho fatto".
GettySCUDETTO CON L'INTER, POI IL DECLINO
All'Inter Suazo ha tanta concorrenza. Nonostante ciò si ritaglia il suo spazio e dà un buon apporto alla conquista dello Scudetto 2007/08 con 7 reti in 22 gare (8 in 25 tenendo conto di tutte le competizioni). L'avventura in nerazzurro però finisce presto.
Ad agosto infatti l'attaccante è ceduto in prestito al Benfica. Torna all'Inter con Mourinho nel 2009, e, complici una serie di problemi muscolari, colleziona 4 presenze, una in ogni competizione, ma non fa in tempo a festeggiare il Triplete perché viene ceduto a gennaio in prestito al Genoa. Quel suo modo di giocare, con scatti perentori e ripetuti, mette a dura prova quei muscoli che lo avevano reso una delle punte più temute del campionato.
Con i rossoblù totalizza 16 presenze e gli ultimi 3 goal in Serie A, poi torna in nerazzurro, senza mai vedere il campo. Nell'estate 2011 non si concretizza il ritorno in Sardegna, con Cellino che decide di non tesserarlo per le condizioni fisiche non ottimali nonostante un lungo lavoro Gli ultimi lampi di classe gli regala così al Catania, dove nel 2011/12 chiude la carriera da calciatore.
"Nel secondo anno con l'Inter ho iniziato ad accusare una serie di problemi fisici , - spiega, sempre a 'Calcio2000' - che alla lunga mi hanno portato a lasciare il calcio. Sicuramente con un pelino di fortuna avrei potuto fare qualcosa in più. L'esperienza in Portogallo con il Benfica è stata bella e importante, mi sono cimentato con un campionato diverso, ho vinto la Coppa di Lega e ho giocato in Europa League. Genoa e Catania, invece, purtroppo sono state esperienze condizionate dagli infortuni, nelle quali non potevo più dare quello che avrei voluto".
L'annuncio dell'addio al calcio giocato arriva nella Primavera 2013.
"Ho deciso di smettere di giocare a calcio perché i miei infortuni non mi consentono più di rendere ad alti livelli. - annuncia - Sono un giocatore che ha sempre dato il massimo, e mi fa male pensare di scendere in campo sapendo di non essere più lo stesso".
IL FLOP IN PANCHINA A BRESCIA
Finita la carriera da calciatore a 33 anni, Suazo, dopo un breve periodo da osservatore rossoblù, entra nello staff tecnico di Ivo Pulga, chiamato nel 2014 a sostituire Diego Lopez a fine stagione. L'honduregno ricopre lo stesso ruolo nel 2015, quando affianca Gianluca Festa sempre a fine campionato. Nel 2015 allena gli Allievi Nazionali rossoblù e due anni dopo prende il patentino come tecnico professionista a Coverciano.
Il grande salto lo fa nel 2018/19, quando Cellino lo chiama a guidare il Brescia. Anche in questa occasione è affiancato da Pulga, perché non può ancora guidare una squadra in Serie B. C'è entusiasmo e le aspettative sono alte, ma i risultati non danno ragione alla 'Pantera nera'. Fallisce il debutto in panchina, con un esonero che arriva dopo appena 5 gare alla guida delle Rondinelle: 2 in Coppa Italia, dove sono eliminate al 2° turno, e 3 in campionato, nelle quali ottiene 2 pareggi e una sconfitta. Nel 2021/2022 è l'allenatore del Carbonia, che però retrocede in Eccellenza: il 27 giugno arriva la risoluzione consensuale del contratto.
Con 102 goal segnati in rossoblù resta nella storia del Cagliari, dietro Gigi Riva e Gigi Piras, come terzo miglior bomber di sempre degli isolani, dai cui tifosi è ricordato sempre con grande affetto. Per quanto riguarda la sua carriera da allenatore, invece, dopo il flop di Brescia, ecco la panchina del Carbonia in Serie D.
"Il mio obiettivo è arrivare in alto, - spiegava qualche anno fa - ma preferisco fare le cose un passo alla volta. Ho ancora tanto da imparare". L'umiltà a 'Re David' non è mai mancata.
