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Darko Kovacevic: dai goal all'agguato a colpi di pistola

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Da dove partire? Beh, dalla fine. Dal grosso spavento che, a gennaio del 2020, ha visto Darko Kovacevic (suo malgrado) protagonista. Un'aggressione a tutti gli effetti, a suon di proiettili, accaduta a Glyfada, un comune della Grecia situato nella periferia dell'Attica.

Un agguato, nei pressi dell'abitazione dell'ex calciatore della Juve, sfociato nel ferimento di una gamba. Sicari che non hanno ancora un volto, così come la motivazione del gesto resta tuttora ignota. Insomma, una vicenda in mano agli inquirenti che, comunque, sembrerebbero sulla strada giusta circa la risoluzione del caso.

A oltre due anni di distanza resta la grande paura, ma anche il buonumore di chi, attraverso gavetta e meritocrazia, ha saputo costruire una carriera di livello; nata nel Proleter Zrenjanin, consacrata alla Stella Rossa. Piazza, questa, in cui Darko ha saputo segnare 40 reti in un anno e mezzo.

Una prima punta fisica, letale in area di rigore, perfetta potenzialmente per il calcio inglese. Musica per le orecchie dello Sheffield Wednesday che, senza tergiversare, nel 1996 decide di assicurarsi il gigante serbo. Acquisto, tuttavia, fallimentare.

Insomma, usi e costumi differenti che non riescono a coinvolgere un centravanti, all'epoca, di belle speranze. Morale della favola? 4 lampi e addio inevitabile.

A 21 anni, si sa, le cose possono anche non andare per il verso giusto. Altro giro, altra esperienza: Real Sociedad. La Spagna chiama, Kovacevic risponde. Ed è subito feeling alle stelle, con un ruolino di marcia impressionante: 91 gettoni e 41 goal.

Il ragazzo c'è, è forte, ed è munito di ampi margini di miglioramento. Tutti ingredienti che convincono Luciano Moggi, ex direttore generale della Juve, sempre a caccia di talenti da svezzare e lanciare per poi, magari, attuare cessioni corpose.

Dalla vecchia sede di piazza Crimea parte un bonifico di 37 miliardi di lire. E' una Signora già extra lusso, pronta a consolidare i dettami di Carlo Ancelotti, con un attacco formato da grandi stelle: Zidane, Inzaghi, Del Piero, Fonseca, Amoruso e, appunto, Kovacevic. Senza dimenticare un certo Henry, arrivato a gennaio dal Monaco e ceduto nell'estate del 1999 all'Arsenal. Rimpiantone.

Durante la sua militanza a Torino, Darko fa bene. Roba da 71 gare e 26 reti. Da contestualizzare, però, tra coralità e occasioni. Mai prima stella, ma sempre utilissimo.

Basti pensare all'Europa, ai 10 goal trovati in 8 partite, roba da diventare capocannoniere della Coppa Uefa. Nonostante un brutto andamento generale, con annessa umiliazione fuori casa contro il Celta Vigo: 4-0 e rissa con gli ultras, al ritorno, all'aeroporto di Caselle.

Di Kovacevic si ricorda, inoltre, la doppietta rifilata all'Inter di Marcello Lippi. Prima, un soffice pallonetto di sinistro a superare inesorabilmente Peruzzi. Dopo, uno stacco imperioso a sfiorare il cielo. 1-2, datato 16 aprile 2000. Annata che, al fotofinish, consegnerà lo scudetto alla Lazio. Ultima curva, diluvio a Perugia, beffa vera e propria.

Stufo di recitare un ruolo da comprimario, Darko preme per la cessione. E, scherzi del destino, approda alla Lazio nell'ambito dello scambio con Marcelo Salas. A Roma l'impatto non è dei migliori, motivo per cui il gigante di Kovin decide ripartire dall'usato sicuro, ovvero dalla Real Sociedad. 

Dopodiché, il passaggio all'Olympiacos. Che segna, così, la parte conclusiva della carriera di Kovacevic, avviandone parallelamente un'altra in qualità di dirigente. Ad Atene, sponda biancorossa, Darko è amatissimo. Ma è costretto a fare un passo indietro, a causa di un'arteria occlusa con conseguente operazione al cuore.

Tacchetti appesi al chiodo. Il resto è storia recente, con il ruolo di direttore sportivo della Serbia. Un'avventura durata un anno, formativa, necessaria per capire cosa fare da grande. Alla ricerca della tanto agognata serenità, con una brutta vicenda lasciata ormai definitivamente alle spalle.

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