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Cuauhtémoc Blanco, l'attaccante con la pancetta che stupì ai Mondiali con 'la tenaglia'

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È il pomeriggio del 13 giugno 1998 e allo Stade de Gerland di Lione si apre il Gruppo E dei Mondiali di Francia 1998 con la sfida fra Messico e Corea del Sud.  Gli asiatici passano in vantaggio al 28' con una rete su punizione di Ha Seok-Ju, ma El Tricolor inizia ad attaccare con una certa intensità e dopo il rosso esibito dall'arbitro all'autore del primo goal, nella ripresa perviene al pareggio con Pelaez al 51'.

Serve una scintilla che dia ai centroamericani lo slancio emotivo per produrre il massimo sforzo e conquistare i 3 punti. Questa scintilla arriva grazie a una giocata mai vista prima di allora in un campionato del Mondo ed eseguita dal suo inventore, Cuauhtémoc Blanco.

L'attaccante messicano, che porta sulle spalle il numero 11, riceve palla sulla fascia sinistra e punta Lee Min-Sun, che attende l'arrivo del suo compagno di squadra Lee Sang Yoon per raddoppiare l'avversario. A quel punto, però, il giocatore del 'Tricolor' mette in atto quella che oggi i più giovani appassionati di videogames chiamerebbero la sua skill.

Così si porta la palla fra i piedi e compie un balzo in avanti, liberandosi dei due marcatori, sempre trattenendo la sfera fra gli arti inferiori, per poi rilasciarla appena ricaduto a terra. A quel punto tenta il cross in area, ma la palla viene intercettata dalla difesa.

L'incredibile giocata, che viene ribattezzata in italiano  'tenaglia' o 'salto del canguro' , fa sobbalzare sulla sedia tutti i telespettatori che guardano la sfida in tv. E viene ripetuta una seconda volta qualche minuto dopo, lasciando intendere che non sia stata casuale. Anche quel dribbling speciale, che in diversi si chiedono se sia effettivamente regolare (il regolamento del giuoco del calcio vieta di trattenere a lungo il pallone fra gli arti inferiori con lo scopo di impedire agli avversari di giocarlo), dà la carica ai compagni.

Luís Hernández firma una doppietta, con il secondo goal propiziato proprio da un assist di Blanco, che regala ai centroamericani l'importante successo per 3-1. In Messico, in realtà, conoscono già bene quella giocata, che era stata definita in onore del suo autore 'la Cuauhtemiña' e aspettava solo di essere 'internazionalizzata'.

Blanco la ripeterà molte volte in carriera anche a livello internazionale, come quando, nel Mondiale 2002, la usò per liberarsi di Zambrotta e Cannavaro che lo avevano chiuso sulla fascia sinistra. In quei Mondiali del '98, i primi della sua lunga carriera, va a segno nel pareggio successivo con il Belgio 2-2 e dopo un altro pareggio con l'Olanda, anche in questo caso per 2-2, accede agli ottavi di finale.

Qui però 'El Tricolor' deve arrendersi alla Germania, e nonostante il vantaggio iniziale con il solito Luis Hernández, deve poi arrendersi al ritorno dei teutonici con i panzer Klinsmann e Bierhoff sugli scudi. Pur non essendo il capitano del Messico, prima di scendere in campo fa ai compagni un celebre discorso:

" Abbiamo due occhi, due gambe e due braccia. Siamo proprio uguali, l’unica differenza è che loro giocano in Europa".

Cuauhtémoc Blanco Mexico 2010Archivo

Nato a Città del Messico il 17 gennaio 1973, Cuauhtémoc, che in lingua azteca significa 'l'aquila cadente', deve quel suo nome particolare all' ultimo imperatore azteco, che secondo la storia, nel XVI secolo D.C., successivamente alla morte di Montezuma, a soli 25 anni guidò valorosamente la disperata e strenua difesa di Tenochtitlán, la capitale imperiale, dall'assalto del conquistador Hernán Cortés, il quale, quando la città cadde, dopo oltre 2 mesi, lo fece arrestare e impiccare.

Con un simile omonimo, la sua carriera non poteva essere che di altissimo livello. Questo nonostante a un primo sguardo il giocatore messicano fosse lontano mille miglia dal prototipo del giocatore bello e palestrato tanto in voga al giorno d'oggi. Blanco, infatti, non era nulla di tutto questo: bruttino, tarchiato, con un collo cortissimo e la pancetta. Ma aveva qualcosa in più degli altri che spesso lo faceva eccellere.

La genialità, innanzitutto, che lo portava ad inventare giocate che gli altri nemmeno pensavano: oltre alla  Cuauhtemiña, la più celebre, anche i passaggi di spalla o di schiena per i compagni, battezzati con il nome di 'Jorobinha', e lo stop effettuato con il sedere,  denominato 'Nalguiña'. Alla storia l'attaccante ha lasciato addirittura la sua esultanza in ginocchio a braccia distese, il 'Témo Señal'.

A questa estrosità abbinava doti balistiche importanti, che gli hanno consentito di andare in goal un po' in tutti i modi: di potenza, con soluzioni dalla distanza, di rapina, di testa e in acrobazia. I riconoscimenti più importanti li ha ottenuti proprio con il Messico, con cui ha partecipato e segnato, unico fra i calciatori messicani, in 3 Mondiali diversi : oltre a Francia ’98, anche Giappone e Corea 2002 e Sudafrica 2010, in cui è andato in rete nella sfida contro la Francia su calcio di rigore. In Nazionale è il  3° marcatore all-time con 39 reti dietro Javier Hernández e Borgetti.

Nel 1999, proprio con 'El Tricolor', ha vinto  la Confederations Cup, laureandosi anche capocannoniere del torneo con 6 goal. Inoltre, assieme a Ronaldinho, è al momento il miglior bomber di sempre della competizione con 9 marcature complessive, di cui 3 risalenti all'edizione 1997. Nella sua bacheca con il Messico anche due Gold Cup conquistate nel 1996 e nel 1998. 

A livello di club, invece, Blanco cresce calcisticamente nel Club America, con cui fa tutta la trafila nelle Giovanili e debutta in Prima squadra a 19 anni nel 1992. Con la società che è per lui come una seconda pelle e disputa le gare casalinghe nel mitico Stadio Azteca, gioca 5 stagioni di fila, segnando tanti goal e servendo molti assist. Poi una parentesi in prestito al Necaxa e il ritorno all'America per altre 2 stagioni (con 51 goal in 67 gare). Dal 2000 al 2002 tenta l' avventura nella Liga con il Valladolid, ma senza grandi risultati. 

Torna così per la terza volta al Club America nel 2002, ritrovando goal e assist in quantità e indossando la maglia n°10. Segue una nuova parentesi al Veracruz, e ulteriori 3 stagioni al Club America. Prima di sbarcare nel 2008 nell'MLS con i Chicago Fire , ha una proposta del Catania per venire a giocare in Serie A, ma alla fine l'operazione sfuma perché il club etneo non ha posti liberi nelle caselle degli extracomunitari.

Conquista i playoff e con le sue prestazioni di alto livello  si guadagna il soprannome di 'The King' , datogli dai suoi tifosi dopo il goal dell'anno che segna contro il Real Salt Lake. A fine stagione è nella Top11 del campionato nordamericano. Scaduto il contratto con la franchigia statunitense, si diverte ancora con  Club Deportivo Irapuato, Dorados e Puebla.  Il 10 giugno 2014 si ritira dal Messico, mentre il 21 Aprile 2015 va in goal e vince la finale di Coppa del Messico. 

Annuncia così il suo ritiro a 42 anni, dopo 23 anni di carriera e oltre 800 partite giocate. L'ultima gara la disputa però nella Liga mexicana il 6 marzo 2016, a oltre 43 anni, con la maglia della squadra del suo cuore, il Club America, contro il Monarcas Morelia, e per poco non va a segno, colpendo una traversa.

"Ho sempre detto che avrei voluto chiudere bene la carriera, ritirarmi nello stadio Azteca e giocare lì la mia ultima partita con la Nazionale", dichiara dopo il fischio finale.

Cuauhtémoc BlancoJonathan Daniel / Getty Images

Alle qualità in campo Blanco ha peraltro abbinato spesso le sue intemperanze caratteriali. Nella sua lunga carriera non mancano in tal senso episodi controversi. Dopo i Mondiali 2002, nel 2004 vive il periodo più grigio della sua carriera quando sferra una gomitata ad Anderson Lima  durante una partita degli ottavi di finale di Coppa Libertadores tra Club Ámerica e São Caetano. Espulso dall'arbitro, è poi squalificato per un anno da tutte le competizioni internazionali.

Che sia un tipo dal caratterino non semplice lo si capisce anche quando apostrofa Virginia Tovor, prima donna a fare il guardalinee in Serie A messicana, come ragazza di facili costumi e aggiungendo un'infelice frase sessista: "Ponete a lavar platos", "Vai a lavare i piatti", non proprio il massimo per un campione della sua levatura. O quando, prima dei Mondiali 2006, ha un duro scontro verbale con il suo ex compagno di squadra Jorge Campos e non viene convocato dal Ct. La Volpe per quello che sarebbe potuto essere il suo terzo Mondiale.

"Non so perché non sono stato convocato  - sbotta ai microfoni del quotidiano 'Record' - Se mi dici di correre 20 km, lo faccio. Vorrei che La Volpe avesse il coraggio di dirmi le cose in faccia. Campos si è sempre calato i pantaloni di fronte a La Volpe, ma se lo incontrassi un giorno, gli farei tremare le gambe".

Contro La Volpe, poi, si vendica un anno dopo i Mondiali 2006 in un Club America-Atlas (allenato dall’ex ct del Tricolor): dopo aver segnato il goal del 2-0 l'attaccante corre davanti alla panchina del suo rivale sdraiandosi in stile Platini dopo il goal annullato in Coppa Intercontinentale e lo guarda fisso negli occhi sorridendo. Ancora in un'altra sfida fra Club America e Atlas minaccia il portiere avversario Hernández:

"Prega che non ti segni, perché il mio goal ti macchierà la carriera per sempre".

Detto, fatto: dopo aver trasformato un rigore, Blanco si lancia in un'esultanza discutibile nella quale si mette a quattro zampe con una gamba alzata, mimando un cane che fa pipì. Ma l'attaccante è stato spesso poco tenero anche con i suoi compagni o ex compagni di squadra.

"In campo parla, ma gli mancano le palle: deve essere più crudele dentro lo spogliatoio", dice del capitano del Messico Rafa Marquez.

Tutti eccessi che lo hanno reso un personaggio antipatico e supponente agli occhi di molti, ma che i tifosi messicani gli hanno sempre perdonato, eleggendolo a vero e proprio mito. Nel 2008 diventa testimonial della 'Pepsi' e, tanto basta per capire la grandezza del personaggio per i messicani, dopo aver sbagliato la pronuncia della bevanda, dicendo: "Pecsi", il noto marchio lancia nel Paese centroamericano la sua bevanda anche con il nome datogli dall'attaccante:

"Se dici Pecsi è come dire Pepsi", recita nello spot l'ironico calciatore.  

Dopo esser riuscito a partecipare, in ritardo di 4 anni, al 3° Mondiale della sua carriera nel 2010, fa anche l'attore per una telenovela messicana, 'Triunfo del amor', classica serie con una trama tipicamente latinoamericana. Ma diversamente dalle sue prestazioni in campo, le sue performance da attore non convincono, la produzione è costretta a correre ai ripari e il suo personaggio, Juanjo, è fatto morire tragicamente.

Appese le scarpette al chiodo, si dà alla politica, entrando nelle fila del Partito di Incontro Sociale, di matrice progressista, e diventa  sindaco di Cuernavaca. L'assassino di un noto imprenditore locale, tuttavia, lo tira in ballo con la pesante accusa di essere il mandante dell'omicidio e Blanco viene persino arrestato. L'ormai ex attaccante, contestato dagli avversari politici, si difende strenuamente dalle accuse, avviando uno sciopero della fame.

"Si tratta di dichiarazioni assolutamente infondate ed assurde da parte delle istituzioni di Morelos. Sono profondamente addolorato dall’essere accusato di qualcosa che non ho assolutamente commesso. Ribadisco il mio impegno a lavorare con le agenzie federali per riuscire a capire cosa sia effettivamente successo. Vengo accusato da persone che in questo momento detengono il potere a Morelos”.

Nel 2017 riesce a dimostrare in sede giudiziaria la sua innocenza e viene scagionato da ogni accusa, mentre il suo accusatore, esecutore materiale dell'omicidio, prende una dura condanna a 45 anni di carcere. Fisico molto più asciutto e tirato di quando in campo la sua silhouette somigliava più a quella di un amatore che a quella di un calciatore professionista, senza più la pancetta, Blanco è stato poi eletto governatore dello Stato di Morelos, ruolo che ricopre ancora oggi.

'El gordito', come lo chiamavano spesso, oggi non è più tale, ma le sue gesta calcistiche, le sue giocate e in particolare 'la tenaglia' esibita in mondovisione ai Mondiali del 1998 lo hanno reso per sempre una leggenda del calcio.

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