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Christian Manfredini GFXGoal

Christian Manfredini, la 'freccia' del Chievo di Delneri

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Christian Manfredini da Battipaglia. O meglio: dalla Costa d'Avorio con la Campania nel destino. Christian arriva nel Bel Paese grazie a una famiglia dal cuore d'oro, che decide di adottarlo e dargli una vita felice. Che poi si riveli una vita col pallone tra i piedi, questo è merito dell'uomo che con Gigi Delneri è capace di stupire e regalare gioie a Verona sponda Chievo.

Ma prima di arrivare nella città di Giulietta c'è dell'altro, perché Manfredini è un prodotto del vivaio Juve. Madama lo forma, lo alleva, gli impartisce i dogmi e gli fa fare le ossa in giro per lo Stivale. Quanta gavetta per Christian, ma che sarà mai per chi è dovuto crescere prima del previsto e vanta spalle larghe così? In bianconero Christian non esordisce mai, però si fa apprezzare nella Primavera allora trascinata da Alex Del Piero - colui che della Juventus diventerà una bandiera - per poi essere spedito qua e là in prestito.

Poco più che ventenne, Manfredini si ritrova tra Pistoia, Viterbo, Avezzano e Fermo a calcare i campi piccoli e fangosi della C, ma gli sarà tutto utile, tutto fieno in cascina per ciò che il Dio del pallone gli riserverà. Sì, perché basta un anno in Serie B per far capire a tifosi e addetti ai lavori di che pasta è fatto. Una 'freccia', mancino di piede (qualcosa di raro), rapido, una spina nel fianco per gli avversari. A Cosenza Manfredini comincia la sua scalata, disputa un ottimo campionato e al Genoa conferma gli ottimi numeri mostrati sotto alla Sila.

Christian Manfredini ChievoGetty

Lo sa Delneri da Aquileia, friulano tutto d'un pezzo, che a Chievo costruisce un miracolo sportivo con vista sull'Europa e getta nel mischione anche Manfredini. Il club di Campedelli decide di acquistarlo a titolo definitivo regalandosi un gioiello della fascia, l'uomo giusto al momento giusto per far brillare il pirotecnico 4-4-2 del proprio allenatore. Christian e i 'Mussi' nel 2001 volano in Serie A, ma il bello deve ancora venire.

Luciano 'alias' Eriberto a destra , Manfredini a sinistra e cavalli del motore che rombano: il Chievo disputa la sua prima storica stagione nel massimo campionato proprio come l'ivoriano, che a 26 anni si erge a pezzo da novanta di quella rosa.

"Una folgorazione. Il Chievo è questo - confessa Manfredini in un'intervista a 'L'Arena' - Capimmo di non avere passato alle spalle. Ma sapevamo di avere un futuro davanti. Il direttore Sartori ebbe l’intuizione di mettere insieme gente piena di fame. Il Chievo era fatto di giocatori alla ricerca di rivincite personali e di giocatori che volevano trovare una loro dimensione definitiva. Pure Delneri era di fronte ad una grande scommessa".

Per l'esterno 69 partite e 9 goal in due stagioni da favola, di quelle che ti restano dentro e non puoi che portare nel cuore a vita: troppo bello e di qualità l'exploit di Manfredini per non catturare interesse, ecco perché ad accendere i fari su di lui è la Lazio. La Lazio lo cerca, lo fa sentire importante, gli prospetta il salto sognato da sempre: giocare in Serie A con una big del nostro calcio. E allora sì, ciao Verona, grazie di tutto: si va nella Capitale tinta di biancoceleste. D'altronde, i treni bisogna prenderli.

Cragnotti lo consegna a Roberto Mancini in un progetto ambizioso, ne rileva il cartellino in comproprietà dal Chievo e rinforza le fasce. Un investimento da 5 milioni di euro. Ma sapete quando fate un incubo e vi svegliate tutti sudati? A Manfredini accade un po' la stessa cosa, perchè alla Lazio il sogno si trasforma in un percorso ad ostacoli. Pochissime presenze lo portano in Spagna, all'Osasuna, la prima tappa di una serie di prestiti proseguita con le cessioni alla Fiorentina e al Perugia.

Alla Lazio, che nel frattempo ne aveva acquisito il 100% dal Chievo, Manfredini torna in pianta stabile dal 2004/2005, alla soglia dei 30 anni. E' da quel momento in avanti che nella sua permanenza a Formello comincia ad intraverdersi la luce: Christian non fa più le valigie e resta in biancoceleste per ben sette stagioni. Non tutte felici, è bene evidenziarlo, ma nel mezzo dell'avventura capitolina qualche gioia arriva.

Christian Manfredini LazioGetty
Tra il 2005 e il 2008 Manfredini trova maggiore spazio e il suo nome emerge anche in campo internazionale, perchè dopo aver sperato senza frutti la chiamata dell'Italia, l'esterno fa valere le proprie origini e dice 'sì' alla Costa d'Avorio di Didier Drogba e Yaya Touré. Il commissario tecnico Vahid Halilhodzic lo vuole in organico, anche se tra infortuni e scelte tecniche le convocazioni con gli 'Elefanti' saranno appena due: contro Spagna e Israele, per un totale di 45 minuti giocati.

Nel 2007 Manfredini si toglie anche la soddisfazione di calcare il palcoscenico della Champions League, trovando l'unico goal nell'Europa dei grandi in terra tedesca: Lazio ko in casa del Werder Brema ma Christian - rilanciato e galvanizzato dalla gestione Delio Rossi - dal punto di vista personale ha di che esultare, perchè entra nel tabellino marcatori.

Le pagine finali del libro che racconta la liaison tra Manfredini e la Lazio però riservano un epilogo amaro, sommesso: l'ala finisce ai margini per scelte societarie, vive due anni da separato in casa, non mette più piede in campo e arriva allo scontro frontale con Lotito.

"Non ero fuori rosa, semplicemente il presidente aveva deciso che dovevo smettere di giocare e quindi non mi permetteva neanche di allenarmi con la squadra - si legge in alcune sue dichiarazioni rilasciate alla 'Gazzetta dello Sport' - A 34 anni avevo già fatto la mia carriera, perciò ho scelto di stare fermo pur di non dargliela vinta. Però la stessa cosa è capitata anche a ragazzi di 24-25 anni. Hanno persino tolto il mio nome dalla rosa".

"Sono stato per anni il più giovane, ora sono il più vecchio ma mi alleno con l’entusiasmo di un ragazzino. Non è ancora ora di lasciare il calcio...".

E allora, una volta mandata in archivio la dolorosa fine del matrimonio con la Lazio, Manfredini ricarica le batterie scendendo di due categorie. Una sorta di ritorno al passato, in Serie C alla Sambonifacese. Un binomio nato sotto grandi auspici ma rivelatosi un flop, in quanto a metà stagione le strade si separano cogliendo di sorpresa Christian.

"L'ho saputo nell'ultima settimana di gennaio. Sono rimasto senza parole - spiega a 'L'Arena' - Calcio capitolo chiuso? Assolutamente no. Continuo ad allenarmi e voglio tornare in campo. Ho tanta voglia di divertirmi correndo dietro ad un pallone e rimettermi in discussione".

Gli scampoli conclusivi del Manfredini giocatore si consumano nel Salernitano, la terra che lo ha adottato da piccolo una volta giunto dall'Africa: parentesi ad Agropoli e Pontecagnano, poi il ritiro. Dopo un tentativo-lampo come allenatore, infine, Christian si dedica a far crescere i giovani tra incarichi federali, vivai e scuole calcio: l'habitat giusto per chi conosce i sacrifici.

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