La Juventus, si sa, mal digerisce il concetto di sconfitta. È questione di DNA. È questione, soprattutto, di non essere abituata a farsi esultare in faccia. A maggior ragione in un periodo storico in cui i bianconeri hanno consolidato un’egemonia nostrana composta da otto scudetti di fila e svariati trofei nazionali.
Tuttavia, anche i grandi possono inciampare: una volta. Se le sconfitte diventano già quattro stagionali, con annessa Supercoppa consegnata alla Lazio, la situazione può diventare potenzialmente preoccupante. Pur considerando, e constatando, come la squadra guidata da Maurizio Sarri sia prima in campionato, in semifinale di Coppa Italia e agli ottavi di Champions League. Insomma, bicchiere mezzo pieno.
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EQUILIBRI DA BRIVIDI
La Juventus difende male. Concetto, questo, che non contempla unicamente il pacchetto arretrato. Ma anche e soprattutto gli altri reparti. Distanze complicate, movimenti errati, con la prima linea a farsi trovare spesso e volentieri impreparata. I campioni d’Italia prendono sempre goal: 23 in altrettante gare di campionato. Mentre l’anno scorso, di questi tempi, gli uomini guidati da Allegri si facevano perforare 12 volte. Dunque, il doppio. Ma c’è di più. C’è, ad esempio, che il tecnico livornese era riuscito a mantenere la porta inviolata per 6 partite di fila. Usi e costumi differenti, ma con una netta regressione a prendere piede. Da un’invidiabile difesa posizionale a concetti completamente smarriti, messi crudamente a nudo sulle palle inattive. E se la coppia Bonucci-De Ligt complessivamente non sta sfigurando, nel mirino entra inevitabilmente il rientro di Chiellini. Tutti gli indizi portano a un ritorno in campo leggermente anticipato rispetto alla tabella di marcia. Un leader. Un capitano. Una colonna portante in termini di applicazione e attenzione. Proprio ciò che serve ora a Madama.
ABOLIRE IL CONCETTO DI IBRIDO
Vorrei ma non posso. La Juve di Sarri dà questa sensazione, ovvero il voler sfoggiare determinate idee che, però, non sfociano nella proposta. Saranno le caratteristiche della rosa. Sarà il volerle rispettare. Nessuna rivoluzione, graduale evoluzione. Tutto comprensibile, fino a un certo punto. Esempio: ereditando l’operato di Conte, Allegri salvaguardò la difesa a tre in lungo e in largo. Dopodiché, alternandolo, diede fiducia al 4-3-1-2, con tanto di sbarco a Berlino per affrontare il Barcellona in finale di Champions League. Questa Juve, invece, si sta limitando a vivacchiare tra 4-3-3 e 4-3-1-2, ma senza andare oltre di pensiero. Inusuale, specialmente considerando come gli uomini della Continassa abbiano deciso di puntare su un allenatore dogmatico. In parole povere, occorre che Sarri faccia qualcosa di sarriano. Accollandosi, ovviamente, i rischi del mestiere. Al momento, sebbene manchi ancora pressoché l’intera seconda parte di annata, di innovativo s’è visto poco. Appunto, che Sarri faccia qualcosa di sarriano.
Getty ImagesPIU’ TESTA E MENO CAMPO
Dipendesse da Sarri, probabilmente, vivrebbe 24 ore su 24 alla Continassa. Un professionista esemplare, dedito come pochi al lavoro. Non sorprende, dunque, che il mister bianconero – attraverso una preparazione metodica – stia cercando le giuste chiavi di lettura alla ricerca dell’esaltazione collettiva. Ma, probabilmente, il gruppo in questa fase necessita più di un fine motivatore anziché di un abile stratega. Uno che sappia entrare nella mente dell’individuo, portandolo alla massima espressione da proiettare sul rettangolo di gioco. Non passano inosservate le parole di Sarri, rimarcate in quasi tutte le interviste: mentalità, approccio, voglia di vincere. Concetti che dovrebbero rappresentare la normalità per chi ha saputo scrivere una delle pagine più leggendarie del calcio italiano. E, invece, non è così. Emblematiche, a tal proposito, le trasferte di Verona e Napoli. Con la Juve messa alle corde, incapace di mettere in pratica quanto provato in allenamento. Parola di Sarri. E non è cosa buona e giusta.
DOUGLAS COSTA? MEGLIO DISAFFEZIONARSI
Se fornisse garanzie atletiche, il brasiliano – nel suo ruolo – non avrebbe rivali al mondo. Tuttavia dietro quel “se” c’è un mondo. Altro giro, altro stop. Da valutare in queste ore. Ma la sostanza non cambia: Douglas Costa è un campione di inaffidabilità. Vietato, quindi, affezionarsi. Autore fin qui di 17 apparizioni stagionali, l’11 juventino avrebbe dovuto rappresentare un'arma letale in funzione del 4-3-3. Detto ciò, gli infortuni hanno condizionato le scelte di Sarri, poco incline nell'affidarsi – nella stessa zona del campo – ad altri interpreti. Insomma, scommessa persa e, soprattutto, strategia (assai) rischiosa. A bocce ferme, e non potrebbe essere altrimenti, sul verdeoro verranno effettuate le valutazioni di rito. Nell’ultima sessione invernale, timidamente, il Bayern Monaco ha provato a percorrere la soluzione del prestito. Quella a titolo definitivo, a meno di colpi di scena, dovrebbe diventare in estate la via maestra. Da credito infinito a finito, alle volte, il confine è sottile.
Getty ImagesLE ALTERNATIVE, FORSE, CI SONO
“La rosa non è costruita per un modulo unico, non abbiamo coppie nello stesso ruolo. In base alle condizioni e alla disponibilità dei singoli bisogna adottare le soluzioni”. Così Sarri al termine della sconfitta di Verona, una dichiarazione da non sottovalutare. Al netto della costruzione (lacunosa) dell’organico, la sensazione è che i concetti vertano più sui gusti personali anziché sulla profondità. In parole povere: il tecnico bianconero non vede Bernardeschi come esterno d’attacco nel 4-3-3. Dunque, senza Douglas Costa, tasto verde sul 4-3-1-2. Come se non bastasse, per un (doppio) discorso di natura fisica, il tecnico bianconero non può proporre in pianta stabile né De Sciglio né Danilo. Quindi, Cuadrado relegato a tempo pieno in versione laterale basso. Detto ciò, considerando quanto proposto dal carrarino e dal colombiano con Allegri, qualche dubbio rimane. E, forse, il tempo porterà consigli.
CARNE O PESCE?
Si scrive Aaron Ramsey, non si capisce ancora come lo si debba leggere. Trequartista? Mezz’ala? Boh. Sbarcato sotto la Mole come acquisto di grido, con tanto di stipendio da oltre 7 milioni netti annui, il gallese con il trascorrere del tempo è diventato un oggetto misterioso. Qualche apparizione di livello, feeling speciale con l’infermeria, condizione approssimativa e ingressi impalpabili. Nell’idea di Sarri, per sua stessa ammissione, il gallese potrebbe diventare un interno di centrocampo. Sì, proprio in quella zona in cui già figurano Bentancur, Khedira e, all’occorrenza, pure Rabiot e Bernardeschi. Ennesimo equivoco tattico.


