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 MATTEO AMOROSO HDGOAL

L'eredità di Marcio e i sogni all'Internacional: "Papà è il mio idolo", la crescita di Matteo Amoroso

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“Ogni tanto quando lui gioca gli rompo un po' le scatole perché gli dico, quando fa il mio stesso ruolo: 'Ma Dio buono, per piacere guarda le azioni che facevo io, come rientravo, come saltavo l'uomo e calciavo'”:Marcio ha gli occhi lucidi e sorridenti, quando parla di Matteo. Il gene del calcio è proprio della loro storia: sono padre e figlio, ma anche rappresentanti di un cognome, Amoroso, che in Brasile non lascia indifferenti.

Si alza e va a prendere la maglia della Copa America vinta con la Seleçao, Marcio, mentre Matteo resta seduto, ma la osserva come si fa con le rarità: è la numero sette, quella del giocatore che ha alzato al cielo uno dei trofei più sentiti al mondo al fianco di Ronaldo, battendo in finale l’Uruguay nel '99. E poi sorride anche Matteo, che questa storia l’ha sentita un milione di volte, ma non è mai stanco.

“Ho visto i video di papà con Ronaldo e i miei amici mi chiedono sempre 'Ma tuo papà ha giocato con Ronaldo, com'è stato?'”, racconta a GOAL Italia.

È un classe 2003, Matteo: ciò vuol dire che della carriera di suo padre Marcio, ha vissuto con coscienza l’ultima parte: tutto ciò che è venuto prima o a cavallo della sua nascita, l’Udinese, il Parma, la Copa America, ecco tutto questo lo ha recuperato in video, riprendendo quando ha potuto ciò che le immagini trasmettono. Segreti di un giocatore rimasto nell’immaginario collettivo come “O Amoroso”, l’unico capocannoniere brasiliano della storia della Serie A italiana.

Non importa: o, comunque, conta il giusto. Perché Matteo Amoroso sta crescendo sulle sue gambe, facendosi le ossa: la sua formazione calcistica è avvenuta all’Udinese, dove ha giocato per un anno e mezzo, facendo propri aspetti del calcio che in Italia sono fondamentali. La tattica soprattutto.

“Ho iniziato la mia formazione calcistica nell'Udinese, apprendendo tanto del calcio italiano: dalla tattica all’importanza dell’aspetto fisico, tant’è che quando sono arrivato qui in Brasile l’ho fatto con un'altra mentalità. Se sto facendo bene in Brasile è anche grazie a quell'esperienza lì”, spiega a GOAL Italia.

Dal 2021 si è trasferito all’Internacional de Porto Alegre: non è andata male in bianconero. Solo che il calcio, a volte, ti porta semplicemente altrove, per poter crescere. Si è laureato due volte Campione Gaucho, con il titolo del 2022 con l'Under 20 che spicca tra gli altri. Sul ruolo c'è ancora da far chiarezza: dinamico e duttile, può giocare sia in mediana che nel reparto offensivo.

"Nell'Internacional quest'anno ho giocato mezz'ala e ala sinistra: quando sono stato all'Udinese ho capito tanto dal punto di vista tattico; quindi, quando sono arrivato qui avevo una capacità di lettura delle situazioni diversa rispetto ai miei compagni. In Italia pensano a costruire dei giocatori che sembrano macchine, pensando alla parte tattica e a quella fisica, a differenza che in Brasile, dove si predilige la tecnica".

Il fisico, comunque, non tradisce le apparenze: è esplosivo. I video che lo ritraggono in azione sono chiari e diretti: c’è un giocatore, in particolare, che lo ricorda alla lontana. O, almeno: come si fa da piccoli, prova a seguirne le orme.

“Mi piace Rafael Leao: vedo il gioco del Milan e lo osservo. Dal punto di vista tecnico-tattico mi ci rivedo”, racconta a GOAL Italia.

Ma c’è tanta strada da fare: suo padre, Marcio, lo invita a non dimenticare l’italiano e, anzi, a coltivarlo discutendo. Perché, in fondo, la nazionalità di Matteo non è solo verdeoro: è anche tricolore. Al resto penserà il calcio, in futuro: almeno finché non sarà lui a dover scegliere.

“Se arriva la chiamata dell'Italia sono felice, perché la mia famiglia è tutta italiana, siamo cresciuti qui anche calcisticamente. Mio padre ha detto che in caso di doppia chiamata dell’Italia e del Brasile dipende tutto da me? No: mio papà ha scritto una bella storia nel mondo del calcio, quindi devo ascoltarlo”.

Non lo dice per caso, mentre sorride. Lo dice perché ci crede: è un rapporto forte, saldo, quello che lega gli Amoroso, votati al calcio dalle logiche che muovono le dinastie. Il pallone è più di un gioco: sotto i panni di “sport” mostra le vesti di una questione puramente sociale, umana. Fatta di legami.

“Tifo Udinese: la mia storia è lì, in Italia.Ho visto un po' del finale della carriera di mio padre, poi ho recuperato i video: è il mio idolo. Sono orgoglioso di quello che è stato, per il calcio”.

A gennaio compirà 20 anni, ma sembra già essere pronto per il salto che realizzerebbe con concretezza la prima parte del suo percorso.

“Devo fare bene qui in Brasile, arrivando in prima squadra: è il mio sogno. Poi voglio giocare in Italia”,afferma a GOAL Italia.

Nel segno di Marcio, ma non solo: di un cognome da portare in alto, come quello di José, l’altro Amoroso. Con altri ruoli, altre caratteristiche, ma la stessa passione che li lega. Sperando di riaprire presto quella che finora è stata solo una parentesi in Italia: Matteo non si tira indietro.

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