Una leggenda ancora in piena attività. Questo l’incipit che potrebbe presentare al meglio Gianluigi Buffon, non solo un numero uno, non solo un uomo, ma una figura che, man mano che trascorrono le primavere, si ammanta sempre più di epica. Super Gigi ha riscritto pagine e modelli che sembravano immutabili per il ruolo di portiere. Un talento naturale, corroborato da tanto impegno, sacrificio e dedizione, lo hanno trasformato nel più forte di sempre o giù di lì.
Sicuramente, un punto di riferimento inossidabile per ogni ragazzino che voglia intraprendere il ruolo. Buffon ha modernizzato la funzione tra i pali, ha impresso il suo carisma e la carica di leader che non sempre un estremo riesce ad esercitare.
Ci ha messo la faccia nelle situazioni critiche, trascinando i compagni verso vittorie insperate e quasi irraggiungibili. Mostrando, lui per primo, che se non si molla mai la presa i sogni si realizzano: sia a livello sportivo che umano. Un fuoriclasse completo, pronto a coprire il perimetro di porta con ogni centimetro del proprio corpo da corazziere.
Un muro, pressoché invalicabile, che ha fatto le fortune della sua Juventus e della Nazionale Italiana. E, proprio la delusione dell’ultima esclusione eclatante degli azzurri dai prossimi Mondiali di Russia, ha lasciato il segno. Lo abbiamo visto piangere sul campo, disperato per una delusione cocente. Gigi, oltre ad aver vinto quasi tutto, ha saputo conquistare la stima dei suoi compagni. Palesando, con estrema naturalezza, grandezza nella grandezza.
“Sono stato primo alla Juventus ad essere il suo secondo quando è arrivato a Torino – afferma Michelangelo Rampulla – lui era un giovane campione già affermato, io alla fine della mia carriera. Avevo 40 anni: abbiamo instaurato subito uno splendido rapporto. Gigi è una persona stupenda, schietta e solare. Non c’è mai stato astio tra di noi, anzi, abbiamo costruito una connessione di spessore, eravamo anche compagni di stanza. Ricordo un episodio distintamente.
-Quando eravamo in serie B, ed io lavoravo nello staff di Deschamps come preparatore dei portieri, tutto sembrava strano. Lui era un fresco Campione del mondo e militava nella serie cadetta. Quando la Juve era praticamente ritornata in A, poco dopo la metà dell’annata, ci mettemmo a parlare di futuro e gli dissi che, se fosse rimasto alla Juventus, sarebbe diventato una leggenda; una delle pietre miliari nella storia bianconera. E così è accaduto.
Il nostro rapporto è rimasto invariato, anche se quando tornai come allenatore dei portieri qualcosina cambiò a livello professionale, per ovvi motivi di gerarchie, ma il nostro rapporto feeling è rimasto sempre ottimale. Cosa manca a Gigi? Mi spiace per lui, avrebbe meritato di disputare il suo sesto Mondiale. Se lo meritava, eccome. Gli manca la Champions. Spero sia l’anno buono per completare un palmarès incredibile”.
Sulla stessa lunghezza d'onda, un altro ex vice, Emanuele Belardi: “Quando sono arrivato a Torino l'impatto con Gigi è stato estremamente positivo, lui è un ragazzo d'oro sempre pronto alla battuta e a sdrammatizzare, ancora oggi è sempre disponibile nei mie confronti nonostante i suoi mille impegni. Mai ha fatto pesare il confronto tra un campionissimo come lui e il suo vice, che era il sottoscritto. C'è un aneddoto che mi piace riferire. Nella stagione della serie B vedevamo molti video, accadeva però che sia mister Deschamps che Buffon mi chiedessero di quello o quell'altro giocatore, che magari giocavano poco ed erano meno conosciuti, ma che poi entravano a partita in corso.
Getty ImagesIo, dall'alto della mia esperienza in cadetteria, ero pronto a snocciolare le caratteristiche di certi giocatori, facendo una relazione completa sulle abilità tecniche e sul piede che usavano. Cosa manca a Buffon? Sarebbe facile e scontato rispondere la Champions, che è ancora in tempo a vincere quest'anno, cosa che gli auguro di tutto cuore. Io, però, dico il Pallone d'Oro. Uno come Gigi si sarebbe meritato quel riconoscimento. E' il più forte portiere di sempre. Il Messi o il Cristiano Ronaldo dei pali. Un autentico fuoriclasse”.
Ad aver coperto le spalle del campione azzurro, dal 2008 al 2012, Alex Manninger: “Gigi è un uomo eccezionale, quando sono arrivato alla Juventus mi ha accolto alla grande e si è creato un rapporto speciale sin da subito. Siaamo ancora in contatto oggi e ci sentiamo spesso. I miei quattro anni a Torino sono stati un’esperienza di livello straordinario anche grazie a Buffon. Come portiere inutile aggiungere altro: un vero fuoriclasse, il vero modello per un ragazzino che vuole cominciare a fare il portiere.
Getty ImagesLui, insomma, è un punto di riferimento assoluto. Ricordo bene che da avversario lo esaminavo da distante, seguivo le sue mosse, lo ammiravo, poi arrivando alla Juventus ho avuto la fortuna di osservarlo ogni giorno in allenamento e lì ho capito ancor di più la sua grandezza. Da lui ho imparato davvero molto a riguardo del ruolo.
La sua presenza nello spogliatoio è sempre stata quella di un vero leader capace di stimolare tutti i compagni, di essere duro nei momenti in cui serviva e di grande sprone per migliorarsi. Siamo quasi coetanei e ci siamo capiti al volo. Il mio orgoglio è quello di aver condiviso quattro anni della mia calcistica con un vero e proprio mito”.


