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Vanden Borre AnderlechtGetty

Anthony Vanden Borre, il fenomeno mancato diventato leggenda solo nei videogames

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“Vanden Borre è il più grande talento che abbia mai visto nella mia carriera”.

A leggere oggi questa frase viene quasi da sorridere, ma attenzione, a pronunciarla non è stato uno qualunque. Sono infatti queste parole di Paul Van Himst, ovvero la più grande leggenda del calcio belga.

Tra l’inizio degli anni sessanta e la fine degli anni settanta, si è imposto come uno dei più forti campioni della sua epoca. Il fatto che si sia guadagnato il soprannome di ‘Pelé bianco’ vuol dire più di qualcosa.

Attaccante dotato di una classe sopraffina, e autentica icona dell’Anderlecht, è stato una stella di primissima grandezza a livello mondiale e proprio con Pelé ha tra l’altro condiviso più che un talento fuori dal comune. Insieme al leggendario fuoriclasse brasiliano, ma anche ad altri campioni come Ardiles e Bobby Moore, oltre a stelle di Hollywood del calibro di Michael Caine e Sylvester Stallone, si è meritato un posto nel cast di ‘Fuga per la vittoria’, uno dei più bei film a tema calcistico dell’intera storia del cinema.

Van Himst insomma nel corso del suo lungo cammino nel mondo del calcio di campioni ne ha visti e sfidati tanti ed il fatto che si sia lanciato in un giudizio così ‘definitivo’ nel parlare di Anthony Vanden Borre, non deve essere visto come una semplice boutade.

Sì, perché c’è stato un momento nel quale realmente l’esterno belga, che ha appeso gli scarpini al chiodo nel 2020, ha dato l’impressione di essere un giocatore dalle potenzialità più uniche che rare. Esploso giovanissimo con la maglia dell’Anderlecht, a sedici anni ha fatto, il 28 aprile 2004 in occasione di un’amichevole giocata a Bruxelles contro la Turchia, il suo debutto in Nazionale maggiore, diventando il secondo giocatore più giovane della storia dei Diavoli Rossi a riuscirci (meglio di lui ha fatto il solo Fernand Nisot nel 1911).

Anthony Vanden BorreGetty

Velocità, potenza e buona tecnica di base, il tutto abbinato a precisione e ottime capacità balistiche. Vanden Borre ha avuto le caratteristiche perfette dell’esterno moderno, ovvero del calciatore capace di giocare a tutta fascia. Quella destra, per la precisione. Con l’Anderlecht ha iniziato a vincere prestissimo e lo ha fatto al fianco di un altro talento che poi farà parlare molto di sé: Vincent Kompany.

Come Vanden Borre anche il centrale, che poi diventerà una bandiera del Manchester City, viene visto ad inizio anni 2000 come la grande speranza di un movimento che punta a tornare ai fasti di un tempo, ma non ci sono dubbi su chi sia il più forte tra i due: un terzino con le potenzialità di AVB, in Europa non lo si vedeva da tempo.

Le carriere dei due prenderanno però presto direzioni diverse e se la stella di Kompany inizierà gradualmente a brillare di una luce sempre più forte, quella di Vanden Borre si spegnerà come quella delle più classiche meteore del calcio.

Se sulle qualità del ragazzo infatti nessuno può dire nulla, le cose cambiano se l’attenzione viene spostata sul lato caratteriale.

“Per quella che è la mia personalità - spiegherà a ‘Voetbalkrant’ - penso di aver ottenuto anche più di quanto mi potessi aspettare. Lo sanno tutti come sono fatto”.

Anthony Vanden Borre è il classico caso del giocatore che ‘sarebbe potuto essere… ma non è stato’, il prototipo del campione al quale è mancato più di qualcosa per arrivare dove sarebbe potuto arrivare. Eppure le occasioni per fare il grande salto non gli sono mancate e la più importante gli si è presentata nel 2007 quando, dopo aver vinto tre titoli di campione del Belgio con l’Anderlecht, per lui è arrivato il momento di spingersi oltre.

Non ha ancora venti anni, ma il suo nome è già sul taccuino di club importantissimi come Real Madrid e Juventus. Lo vogliono in tanti, compreso il Betis, ma a muoversi più rapidamente di tutti è Pantaleo Corvino che, già a marzo, fa arrivare il ragazzo a Firenze e, dopo le visite mediche di rito, gli fa apporre la firma su un contratto che dal giugno successivo lo legherà alla Fiorentina.

Quella nella quale approda il talento belga è una squadra forte ed ambiziosa, che punta ad ottenere risultati importanti in campionato e in Coppa UEFA.

Vanden Borre, che è reduce da un Europeo U21 vissuto da protagonista, lo sa e fin dal suo arrivo in Italia mette in chiaro le cose.

“Difesa o centrocampo, io gioco dove mi mette l’allenatore. Ho scelto la Serie A perché è il campionato dei campioni del mondo e perché sono ambizioso. Firenze è una città bellissima, ma non sono venuto qui per fare il turista. Sono qui perché mi è stata data una grande occasione e perché voglio dimostrare il mio valore sul campo”.

L’approdo di Vanden Borre viene accolto da tutti come un colpo importante, di quelli di caratura superiore, ma all’ombra della Maratona, del talento esaltato solo pochi anni prima da tutti gli osservatori europei non si vedrà nemmeno l’ombra.

Messo a disposizione di Cesare Prandelli per diventare l’indiscusso padrone della fascia destra, troverà pochissimo spazio, tanto che già nel gennaio successivo, dopo una manciata di presenze in viola e 34 minuti di campo in totale in campionato, verrà ceduto al Genoa nell’ambito di uno scambio con Papa Waigo. Vanden Borre per Papa Waigo: solo qualche mese prima la cosa avrebbe avuto il senso della battuta.

Vanden Borre GenoaGetty Images

La realtà poi dirà che agli ordini di Gian Piero Gasperini l’esterno belga riuscirà a dimostrare qualcosa in più, ma nulla rispetto a ciò che era stato prospettato ad inizio carriera.

Colui che doveva diventare l’esterno più devastante del calcio europeo, non si spinge oltre ad essere un onesto mestierante e, quando nel 2009 lascerà l’Italia per ripartire dal Portsmouth, di lui si perderanno le tracce. O quasi.

Da questo momento in poi infatti, il Vanden Borre calciatore lascia spazio al Vanden Borre personaggio. Di lui si inizia a parlare sempre più per ciò che fa fuori dal campo, piuttosto che per ciò che fa in campo. Prova a rilanciarsi prima con il Genk e poi con il suo Anderlecht, ovvero nella periferia del calcio che conta, e sebbene nel 2014 riesca anche a guadagnarsi una convocazione per i Mondiali, per lui le luci dei riflettori sono ormai spente da tempo.

“Mi sono fatto male contro la Corea del Sud - ha raccontato a ‘Canal+’ - mi hanno detto subito che ne avrei avuto per almeno tre mesi e che il mio Mondiale era già finito. Io sono un credente e penso che a volte si deve pagare per ciò che si è fatto. Ho pagato per tutto ciò che ho fatto in gioventù. Sono stato punito ancora una volta. Ricordo che ero con Witsel, Ciman e Dembele e avevo le lacrime agli occhi”.

E’ l’inizio della fine. Vanden Borre scende sempre meno in campo e un anno e mezzo dopo si chiude la sua avventura all’Anderlecht. Si infortuna spesso, prende peso e fatica a portare avanti una vita da atleta.

Di lui si torna a parlare in Italia nell’estate del 2016, quando sale agli onori della cronaca per un fatto assurdo accaduto all’aeroporto di Bruxelles, che solo pochi mesi prima prima era stato colpito da un attacco terroristico nel quale erano rimaste uccise dodici persone.

Arrivato in ritardo all’imbarco per un volo che avrebbe dovuto portarlo a Creta, prima minaccia un membro del personale della compagnia di volo “Io un aereo me lo compro se voglio…” e poi urla la parola “Bomba!” gettando nel panico molte delle persone presenti. La JetAir lo bandirà per sempre dai suoi voli.

Dopo un ennesimo tentativo di rilancio con il Montpellier, Vanden Borre, a soli ventinove anni, annuncerà il suo addio al calcio.

E’ il 10 gennaio 2017 quando comunica di aver appeso gli scarpini al chiodo, ma meno di due mesi dopo torna sui suoi passi e sorprende tutti con la decisione di firmare per il Mazembe, club congolese diventato famoso nel 2010 per essere riuscito clamorosamente a raggiungere la finale del Mondiale per Club, poi persa 3-0 contro l’Inter.

“Mi sento ancora un calciatore e a ventinove anni sono lontano dal mio capolinea. Si è parlato di depressione e non nego che il calcio europeo mi aveva mentalmente stancato, ma in realtà non ho mai pensato di ritirarmi. Diciamo che mi sono preso solo una pausa. Il Mazembe è il club che mi ha fatto sempre sognare, io sono nato in Congo e vengo proprio da questa regione. Non sono qui per fare l’eroe o per fare la rivoluzione, sono qui per aiutare la squadra e per tornare a vincere”.
Anthony Vanden Borre MazembeGetty Images

Ad attendere Vanden Borre per le strade di Lubumbashi ci sono oltre trentamila persone in festa. Quella che gli viene riservata è un’accoglienza mai vista.

Sul volto dell’esterno belga torna a vedersi il sorriso dei tempi migliori e la serenità fatta trasparire dal suo volto lascia pensare all’inizio di una fase tutta nuova della sua carriera. Proprio nel momento in cui tutto sembrava finito, il calcio gli ha concesso un’altra occasione, ma ancora una volta Vanden Borre non riuscirà a sfruttarla.

Di fatto resterà al Mazembe solo per quattro mesi, un arco di tempo nel quale gli verrà data una sola occasione per mettersi in mostra. Viene schierato in una partita contro il Don Bosco, ma i compagni di squadra non gli passano mai la palla.

Secondo quanto riportato da ‘La Dernière Heure’, Trésor Mputu spiega al presidente del club, che l’esterno belga semplicemente non è in condizioni di scendere in campo “E’ troppo grasso e se continua a giocare gli verrà un infarto in campo”.

Tornato in Belgio, dopo tre anni trascorsi alla ricerca di un club, Vanden Borre trova ancora nel suo Anderlecht e nell’ex compagno di squadra Vincent Kompany, che intanto del club belga è diventato allenatore, chi è pronto a provare a rimetterlo in sesto, ma nel solo anno precedente ha messo su diciotto chili di troppo e l’impresa si rivela impossibile.

“Sono convinto che se mi avessero dato un mese in più la cosa sarebbero andate meglio - Dirà a ‘Voetbalkrant’ - Credo di poter tornare a giocare, ma accetto le loro decisioni. Non succede tutto in poche settimane, serve tempo, e anche qualche partita, per tornare in forma”.

E’ l’ultimo atto di una carriera scandita da alti e bassi, che lo ha visto eclissarsi con la stessa velocità con la quale era arrivato ad imporsi come uno dei più grandi talenti al mondo.

“Conosco me stesso e so cosa non ha funzionato. Per stare ai massimi livelli devi essere al top per anni, osservare una dieta ed essere sempre al meglio al punto di vista fisico. Oggi ci sono i social e non si può nascondere più nulla, tutti sanno che non sono quel tipo di persona lì. Ho giocato la Champions League, sono stato in Nazionale, ho partecipato ai Mondiali, alle Olimpiadi e sono stato in Premier League e Serie A. Per me è già molto”.

Paul Van Himst aveva evidentemente previsto un qualcosa di diverso per lui ma, incredibilmente, anche Vanden Borre si è guadagnato, a suo modo, lo status di leggenda.

Se non è infatti riuscito a ritagliarsi uno spazio nel grande libro della storia del calcio, ci è riuscito in quello dei videogiochi. Acquistabile ad una cifra bassissima a Football Manager 07/08, nel corso degli anni le sue qualità fisiche e tecniche miglioravano così tanto da fare di lui il difensore più desiderato in assoluto da tutti gli appassionati del famoso videogioco manageriale.

Non sarà diventato il campione che tutti immaginavano… ma è stato senza ombra di dubbio il più forte terzino destro ad aver mai calcato un campo virtuale. E’ anche così che si entra nel mito.

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