Presentarsi alla firma del contratto con la Juventus sfoggiando una maglia di Paperino? Fatto. Il protagonista della storia, e della sobrissima scelta, è Sergio Bernardo Almiron. Ex calciatore, ora direttore sportivo in rampa di lancio.
Ottima visione di gioco, piedi di qualità, un passato tra le fila della Vecchia Signora. Rapido, impalpabile, dimenticato. Da tutti.
Anni complicati per Madama che, distrutta dall'uragano Calciopoli, nel 2007 - al rientro nella massima serie - effettuava una vera e propria rivoluzione. Caratterizzata dalle linee guida imposte da Giovanni Cobolli Gigli, Jean-Claude Blanc e Alessio Secco. Ovvero coloro che presero il posto della Triade.
Da qui, con l'intento di rinforzare il parco centrocampisti, la scelta di puntare sul regista argentino. Il tutto, versando 9 milioni nelle casse dell'Empoli. Cifra non banale, ovviamente se contestualizzata al periodo. Alle prese con il grande salto, dunque, Almiron si presenta in corso Galileo Ferraris - vecchia sede bianconera - per apporre la firma sul contratto.
Outfit: jeans e maglietta di Paperino. Già, proprio così. T-shirt bianca con al centro lo stemma dei cartoni animati e dei fumetti della Disney. A stringere la mano del mediano sudamericano, anch'egli fresco di approdo nel capoluogo piemontese, Tiago. Insomma, due acquisti non propriamente azzeccati.
Schierato da Claudio Ranieri, ex tecnico juventino, nel canonico 4-4-2, Almiron fatica fin da subito. Movimenti poco oculati senza palla, compitino in fase di possesso. Contributi intangibili che, per l'appunto, portano l'uomo di Rosario a lasciare Madama nel mercato invernale dopo appena 11 presenze e un lampo su punizione trovato in Coppa Italia. Spedito, senza grossi tentennamenti, al Monaco.
"Nel periodo in cui sono stato alla Juve ho dato il massimo, ma non so cosa mi sia successo....".
Terminata l'esperienza con i monegaschi, la Signora decide di trovare ad Almiron un'altra collocazione temporanea, parcheggiandolo così alla Fiorentina. Altro giro, altra esperienza non entusiasmante. Mentre al Bari, tra voglia di riscatto e dente avvelenato, le cose vanno decisamente meglio:
"ll goal contro la Juventus è stato il più importante, fu messo a segno dopo il ‘no’ incassato dai bianconeri che, in estate, preferirono non riconfermarmi. Fu un colpo abbastanza duro. Ma da questo rifiuto sono riuscito a ritrovare serenità ed affetto da parte dei tifosi baresi".
Una partita non banale, datata 12 dicembre 2009, con Almiron in prima linea. Prima per un fallo da rigore, commesso su Grosso, e sbagliato da Diego. Dopo, all'insegna della dura legge del'ex, con un destro chirurgico dalla distanza. Nessuna esultanza, nel rispetto dei vecchi compagni, ma grande goduria per il 3-1 rifilato a Buffon e compagni.
In definitiva, il fallimento sotto la Mole segna indelebilmente la carriera di chi non ha saputo effettuare il salto decisivo. Un buon giocatore, rimasto tale anche al Catania, dove hanno avuto modo di gustarsi 84 presenze condite da 9 reti.


