I più giovani lo conoscono soltanto per le celebri sfuriate in conferenza stampa, per alcuni atteggiamenti sopra le righe, le espressioni colorite e forse per la sua passione per il vino, che è diventato il suo lavoro. Ma tanti ignorano che Alberto Maesani è stato prima di tutto un ottimo allenatore.
IL RITIRO PRECOCE E IL PERCORSO FORMATIVO
Nato a Verona, nel quartiere di San Michele Extra, il 5 giugno 1954, da calciatore Alberto Malesani era un tornante dotato di notevole senso tattico ma piuttosto macchinoso nei movimenti e per questo non molto veloce. Cresce nelle Giovanili dell'Audace San Michele, con una breve parentesi a 16 anni con gli Allievi del Vicenza. L'esperienza è però negativa così torna a indossare la maglia rossonera.
Negli anni Settanta è promosso in Prima squadra e disputa alcune stagioni nell'allora Serie D, partecipando, con 14 presenze, anche alla storica promozione dell'Audace in Serie C nel 1976/77. Ma resosi conto di non poter sfondare nel calcio professionistico, decide di ritirarsi a soli 23 anni.
Si sposa con sua moglie Daniela e lavora come funzionario della Canon nella sezione logistica. La multinazionale nipponica pretende da lui la disponibilità per i viaggi all'estero ed è qui che Malesani inizia a formarsi come allenatore. Va ad Amsterdam, e inevitabilmente finisce per innamorarsi del modello Ajax, che diventa per lui il prototipo del suo modo ideale di concepire il calcio, sia come tipo di gioco, sia come gestione manageriale.
Il rapportarsi quotidianamente con i giapponesi, inoltre, gli insegna l'importanza della cura dei dettagli, e questo diventerà un principio base del suo calcio e una vera e propria filosofia di vita. L'inizio della sua carriera da tecnico arriva quasi per caso: è infatti un suo amico, Silvano Domiro, a puntare su di lui affidandogli la panchina degli Allievi dell'Olimpia Montorio.
IL CHIEVO COME TRAMPOLINO DI LANCIO
Il giovane allenatore dimostra di avere idee valide e grande talento naturale, visto che poco tempo dopo il Chievo Verona lo contatta per offrirgli la gestione del suo Settore giovanile. Lui inizialmente tentenna e ci pensa un po' su, l'allenatore Carlo De Angelis insiste e gli offre anche la possibilità di fargli da aiutante e alla fine Malesani cede e dice sì, dopo essersi dimesso dalla Canon.
Inizia così a lavorare per il Chievo, dove è un po' un factotum e si occupa un po' di tutto: dalla campagna abbonamenti ai contratti dei giocatori, dimostrando di saperci fare. Il passaggio in panchina è quasi inevitabile e nel 1990/91 eccolo alla guida della Primavera. È promosso quindi a vice-allenatore e successivamente a tecnico della Prima squadra nel 1993, quando i Mussi volanti militano in Serie C1.
Tatticamente è un innovatore e gioca un calcio che in Italia diventerà diffuso soltanto negli anni Dieci del Duemila: il suo modulo base è infatti il 3-4-3, che con il tempo negli anni si evolverà in 3-5-2, cui lui, che ha sempre ben presente il modello Ajax, dà però una connotazione decisamente offensiva. E i risultati gli danno subito ragione: conquista subito la promozione in Serie B vincendo il campionato.
Apre, di fatto, quello che passerà alla storia del calcio come il 'Miracolo Chievo'. Alla promozione seguono tre tranquille salvezze consecutive (13°, 14° e 7° posto), la terza addirittura arrivando a ridosso della zona promozione. Si iscrive ufficialmente a quella nuova generazione di tecnici di cui fanno parte Sacchi, Zeman, Ventura e Zaccheroni, che, pur non avendo avuto una grande carriera da calciatore, portano idee nuove nel calcio italiano.
Malesani è ambizioso, ha poco più di 40 anni e punta in alto.
Getty Images"Mi sento pronto a gestire i grandi campioni", dichiara.
UNA FIORENTINA SPUMEGGIANTE
Vittorio Cecchi Gori punta su di lui e gli affida la panchina della Fiorentina, Malesani lascia la guida del Chievo dopo 4 stagioni e approda in Serie A per allenare grandi campioni del calibro di Batistuta, Rui Costa ed Edmundo. Fa giocare ai viola un bel calcio, la squadra piace ai tifosi e quando alla prima giornata supera 3-2 in trasferta l'Udinese con una doppietta del bomber argentino va sotto la curva a festeggiare con i tifosi, venendo definito 'L'allenatore ultrà'.
Il suo è in realtà un modo genuino di concepire il calcio, fa tutto spontaneamente. Dai calciatori pretende professionalità e disciplina, ma non è uno che gli urla contro. Per questo si guadagna la loro stima. Meno bene le cose vanno con la società, con il rapporto con il patron viola che per tutta la stagione è sempre molto conflittuale.
"Il mio calcio è fatto di tre ingredienti, - ama ripetere - ordine, disciplina e idee semplici".
A queste si aggiunge però il coraggio, che è quello che lo porta a far giocare ai toscani, all'epoca fra le 7 sorelle della Serie A, un calcio speculare a quello che faceva al Chievo. In campo la squadra alterna grandi vittorie a inattese debacle, spesso con formazioni sulla carta meno forti della Fiorentina. Ma a fine anno i viola conquistano un 5° posto che vale la qualificazione alla Coppa UEFA.
Dai calciatori arrivano continui attestati di stima, vorrebbero che mister Malesani restasse per continuare il progetto. Cecchi Gori invece ha già deciso: via Malesani, per consegnare la panchina a Trapattoni.
Getty ImagesI SUCCESSI COL PARMA
Malesani è comunque al top della sua carriera da allenatore e non tarda ad arrivare per lui la chiamata del Parma di Callisto Tanzi, un'altra delle cosiddette 'sette sorelle'. Quella emiliana è una squadra molto forte, che ha fra le sue fila grandi campioni: in porta Gianluigi Buffon, Thuram e Cannavaro in difesa, Veron a centrocampo, Crespo e Chiesa in attacco.
Lui si affida al 3-5-2 che a seconda della posizione di Veron diventa 3-4-1-2 e il primo anno è da urlo, con un finale da favola. È il 1998/99 e i ducali si qualificano in Champions League grazie al 4° posto finale, poi vincono 3 Coppe nell'arco di 4 mesi. Il 5 maggio la Coppa Italia, pareggiando 2-2 a Firenze dopo l'1-1 del Tardini, il 12 maggio a Mosca la Coppa UEFA, surclassando per 3-0 il Marsiglia di Blanc e Pires, con Crespo mattatore.
Quel trionfo resta a tutt'oggi l'ultimo di una formazione italiana in Coppa UEFA/Europa League, chiudendo un decennio magico per le formazioni della penisola nella competizione.
"È stato il momento più bello della mia carriera. - dirà a 'Specchio', il settimanale de 'La Stampa' nel 2021 - Mi tremavano le gambe e avevo la pelle d'oca. Auguro a tutti un momento così".
Il tris di Coppe è completato infine il 21 agosto 1999, quando a Milano i gialloblù superano 2-1 il Milan campione d'Italia di Zaccheroni e mettono in bacheca anche la Supercoppa Italiana.
Sembra l'inizio di un ciclo d'oro, ma non sarà così. Il secondo anno a Parma è caratterizzato da continui alti e bassi, con la squadra che manca l'accesso alla Champions uscendo ai playoff con i Rangers e fatica a trovare un suo equilibrio. In campionato chiude ancora al 4° posto, stavolta però non è sufficiente ad andare in Champions perché a Verona gli emiliani cedono 3-1 all'Inter nello spareggio.
L'INCIDENTE E L'INIZIO DELLA DISCESA
Il terzo anno in Emilia le cose per il tecnico veneto iniziano a girar male, e l'11 novembre 2000 ha un terribile incidente sull'autostrada che da Verona conduce a Parma, con la sua Toyota Blu che esce fuori strada, si impenna, sfonda una rete di recinzione e termina la propria folle corsa in un campo vicino. L'auto è completamente distrutta ma le cinture di sicurezza e l'airbag salvano l'allenatore.
Malesani se la cava con alcune fratture alla spalla e contusioni varie, ma lo shock è notevole e ci mette diverso tempo per superarlo. Ne esce sostanzialmente cambiato, e dopo un avvio difficoltoso e timidi segnali di ripresa (5 vittorie in 6 partite), una dura contestazione dei tifosi porta al suo primo esonero nel gennaio del 2001.
Il tecnico veronese resta sei mesi senza allenare ma nell'estate successiva trova posto in Serie A, accettando l'offerta del Verona. L'essere passato agli scaligeri gli causa però l'inimicizia dei suoi vecchi tifosi del Chievo, che leggono quanto accaduto come un tradimento. Gli scaligeri hanno un avvio di campionato esaltante, si vocifera di un possibile passaggio al Milan l'anno seguente, e il giocattolo si rompe.
La squadra chiude il girone di andata nella parte sinistra della classifica, ma un disastroso girone di ritorno, con il tecnico che non riesce più a ottenere la disciplina dai suoi giocatori, uno dei suoi tre principi fondamentali del bravo allenatore, una crisi di gioco e di risultati, culminata con una pesante sconfitta col Piacenza (gara in cui sarebbe bastato un pareggio per salvarsi) porta all'incredibile retrocessione in Serie B.
Per Malesani, che resta alla guida degli scaligeri un'altra stagione, in Serie B, è un vero e proprio smacco, quello che lui stesso considererà uno spartiacque in negativo della sua carriera da tecnico.
Getty"Adesso so qual è stato il mio vero errore. - dichiarerà nel 2021 a 'Specchio' - Ero arrivato molto in alto quando ho deciso, per amore di Verona, di allenare l’Hellas. L’errore non fu solo la retrocessione di quell’anno, ma il fatto che nella vita non si deve mai tornare indietro. Me lo hanno detto diversi colleghi. Ho fatto una scelta sbagliata, avrei dovuto guardare avanti".
IL DECLINO E L'ADDIO AL CALCIO
Le esperienze successive al Verona, vedranno poche gioie e tante delusioni per il tecnico di San Michele. Malesani riparte dal Modena e l'avvio di campionato è esaltante per i Canarini, che dopo 3 successi di fila si ritrovano addirittura in zona UEFA in autunno. Presto però la squadra perde posizioni e si ritrova nella parte destra della classifica. Ci sono polemiche fra i giocatori e l'allenatore, e alla 26ª giornata dopo la sconfitta in casa con la Reggina è esonerato e sostituito con Gianfranco Bellotto.
Il tecnico veronese resta fermo per quasi un anno, poi a febbraio 2005 firma un biennale con i greci del Panathinaikos. Le aspettative sono molto alte, il progetto è ambizioso come piace al tecnico italiano ma presto lui stesso si renderà conto che i mezzi della squadra sono inferiori a quanto la società gli chiede. Malesani conduce comunque gli ateniesi al 2° posto, ad un punto dall'Olympiacos vincitore, e ottiene la qualificazione ai preliminari di Champions League.
Il secondo anno il Panathinaikos si qualifica alla fase a gironi della Champions, ed è inserito nel Gruppo con Barcellona, Udinese e Werder Brema. Se in Europa arrivano risultati positivi nonostante l'eliminazione (vittoria con i tedeschi e pareggio con i catalani), in campionato le cose non vanno bene e la squadra, dopo i k.o. negli scontri diretti con Olympiacos e AEK, perde anche con l'Atromitos e non va oltre un pareggio interno con l'Iraklis.
I tifosi lo contestano, in conferenza stampa i giornalisti ridacchiano e lui, da buon veneto, parte con uno sfogo cult passato alla storia. Spiega, a modo suo, che lui lavora seriamente "24 ore al giorno, tutti i giorni". E lo dimostra, con gli ateniesi che risalgono in graduatoria chiudendo al 3° posto.
In primavera annuncia il ritorno in Italia per motivi familiari, e così farà. Guida ancora Udinese, subentrando a Galeone nel gennaio 2007 e portando la squadra al 10° posto finale, l'Empoli, che lo esonera a marzo dopo 6 sconfitte in 7 gare, il Siena, di cui prende la guida nell'autunno 2009 e con cui retrocede, ottenendo però l'affetto dei tifosi toscani e il Bologna, che conduce ad un'importante salvezza, venendo però esonerato a fine anno dalla proprietà per la flessione finale avuta dalla squadra, non riuscendo a rilanciarsi.
Molto negative sono poi le ultime esperienze che lo vedono allenare in Serie A negli anni Dieci del duemila. Col Genoa dura pochi mesi. Dopo una sconfitta con il Cesena, la stampa lo accusa di essere ormai "demotivato" e "mollo". Lui scatta e in conferenza stampa è protagonista di un nuovo duro sfogo. Il successo per 2-1 sul Bologna gli vale la 100ª vittoria personale in Serie A, ma prima di Natale il pesante rovescio per 6-1 contro il Napoli gli costa il primo esonero. Torna a inizio aprile, ma dopo 3 settimane è nuovamente esonerato dal presidente Preziosi.
Getty ImagesNel febbraio 2013 eccolo accettare la panchina del Palermo, con Zamparini presidente. È un'avventura flash, il tempo di 3 pareggi e il vulcanico patron lo caccia via. Infine l'ultima esperienza col Sassuolo, estremamente negativa, nel 2014, quando subentra a Di Francesco, non riesce mai a trovare la quadra della squadra e viene esonerato dopo 5 k.o. in altrettante partite. Di fatto è la fine della sua carriera, perché dopo 6 anni senza allenare, nell'autunno 2020 annuncia il ritiro.
"Non allenerò più, ne sono certo. Ormai è così. - dichiara al sito ufficiale della Roma - La decisione è maturata con razionalità nel corso di questi anni. Quando senti che ti allontanano un po', è inutile insistere. A un certo punto mi hanno messo dalla parte degli allenatori che consideravano finiti e con il tempo l'ho accettato".
"A volte ho provato del dispiacere, ma non traumi - ha precisato - Quelli proprio no. Di una cosa sono rimasto male, invece... Che l'esperienza in questo Paese, e di conseguenza nel calcio, non venga premiata".
Il calcio ha messo da parte in fretta un allenatore che era stato capace di vincere in Italia e in Europa, mostrando un calcio offensivo e piacevole. Malesani se n'è fatto una ragione e oggi gestisce un'azienda vinicola, la 'La Giuva Winery', assieme alle figlie Giulia e Valentina.
"Mi va bene così. - assicura - Sono orgoglioso del mio quotidiano. Le ragazze hanno assorbito e fatto loro i miei concetti aziendali, li portano avanti nel migliore dei modi, avendo pure spunti brillanti ed io, da anziano, li ascolto".
"Se il calcio mi manca? Uno che ha fatto per 26-27 anni il professionista, ad alti livelli, il calcio non può sparirgli dall'anima. In particolare, a uno come me, che ha vissuto questo sport sempre a duecento all'ora, 24 ore su 24. La cosa che più mi è mancata finora è il prato verde, il pallone, l'aspetto didattico, la tattica che si fa giornalmente con la squadra, il creare qualcosa. L'allenamento globale, quotidiano. Altre cose non mi mancano".