“Mourinho in una parola? Padre. Il modo in cui mi ha convinto ad andare all’Inter, a firmare per l’Inter, è stato davvero speciale. Lui si definiva ‘speciale’ e lo è sicuramente. Dopo mesi di quella stagione 2010, un lunedì mattina mi chiamò nel suo ufficio. Quel fine settimana avevamo una partita e mi chiese: ‘Wes, come ti senti?’. Gli dissi che mi sentivo bene, mister. Ero emozionato. Continuavamo a vincere partite. Ma Mourinho disse: ‘No, vedo che sei un po' stanco’. Risposi: ‘No, mister. Sto bene’. Lui disse: ‘No, no, no, no, no. Vai a trovare tuo figlio’. Mio figlio viveva in Olanda. Gli dissi che non volevo andarci perché volevo giocare quel fine settimana. Lui disse: ‘No, ti sto dicendo di andare e tornare giovedì sera, abbiamo la partita sabato". Gli dissi che questo significava che potevo allenarmi solo una volta venerdì. Lui rispose: ‘Esatto’. Così andai in Olanda e in quel momento sentii che era come un padre. Non so se un altro allenatore avrebbe fatto lo stesso per me, ma dovevo ricambiare il favore sabato, ed è quello che ho fatto. Aveva quel ruolo paterno con tutti i giocatori, non solo con me”.