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Marco Negri - RangersGetty Images

Prima le caterve di goal, poi la partita di squash che ha cambiato tutto, Marco Negri: “Un disastro, lo spartiacque della mia carriera”

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Marco Negri è stato, alla fine degli anni ’90, uno degli attaccanti italiani più prolifici in assoluto.

Esploso in Serie B con il Cosenza, si è poi confermato ad alti livelli con il Perugia, tanto da meritarsi un trasferimento ai Glasgow Rangers.

Proprio nel corso dei suoi primi mesi passati in Scozia, cattura le attenzioni di tutta Europa segnando goal a ripetizione ma, proprio quando ormai era diventato un idolo assoluto di Ibrox, la sua carriera ha preso un corso inaspettato.

Negri ha improvvisamente smesso di segnare e di stupire e, in un’intervista rilasciata a ‘La Gazzetta dello Sport’, a svelato che a cambiare il corso delle cose è incredibilmente stata una partita di squash.

  • “IL BUIO DOPO LA LUCE”

    “Prima una luce fortissima, poi il buio più cupo. Rende l’idea? Nell’estate del 1997 il presidente del Perugia Gaucci mi vende per 10 miliardi di lire ai Rangers di Glasgow. Avevo chiuso quel campionato segnando, al primo anno di A, 15 reti senza rigori. In B l’anno prima ne avevo fatti 19 col Perugia e prima ancora 18 con il Cosenza”.

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  • “IBROX ERA UN TEMPIO”

    “Mi portano a vedere Ibrox: rimango incantato, un tempio. Scelsi i Rangers per la proposta economica e per giocare in Champions. E scopro un mondo nuovo: alimentazione bizzarra, pasta, pollo e fagioli tutto insieme, allenamenti solo la mattina, in partita l’arbitro fischiava 5-6 volte, compreso l’inizio e la fine. In quella squadra ci sono anche altri italiani, un giovanissimo Gattuso, Porrini e Amoruso, l’idolo del club McCoist, Thern, Brian Laudrup, che era più veloce con la palla al piede che senza”.

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  • “23 GOAL IN 10 PARTITE”

    “Segno 23 gol nelle prime 10 partite, arrivo a Natale mettendo a referto 30 gol, una volta ne faccio 5 in un colpo solo contro il Dundee. Una magia e poi…”.

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  • “UNA PALLINA IN UN OCCHIO A 100 ALL’ORA”

    “Il 5 gennaio del 1998, un mercoledì, non ci alleniamo, così accetto controvoglia di andare a giocare a squash con Sergio Porrini. Era la seconda volta in vita mia. Mi arriva una pallina a 100 all’ora dritta sull’occhio e l’occhio mi esplode. Mi si stacca la retina, sanguino, non vedo più nulla. A Porrini ancora oggi dico che con le mani era persino peggio che con i piedi (ride) e ce ne vuole… C’è persino un lato comico: Porrini e Gattuso mi portano in ospedale, ma sbagliano reparto, finiamo in maternità. È stato lo spartiacque della mia carriera. Polmonite, infezione a un osso, due ernie. Feci gli esami del sangue: un disastro, avevo i globuli tutti sballati. Il medico del club mi disse: o è Aids o è il morbo di Hodgkin. Invece era stress, stavo male, ero dentro a un tunnel cupissimo. Ho passato altri due anni in Scozia, tra cliniche e tribunali, perché alla fine i Rangers smisero di pagarmi”.

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