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Raffaele Palladino FiorentinaGetty

La Fiorentina ritrova Palladino: da un amore mai veramente nato, alla disperata necessità di fare punti

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L’ultima prestazione, quella sfoderata in Conference League contro l’AEK Atene, ha lasciato dietro di sé tanta delusione e soprattutto tanta paura.

La stessa paura che fa una classifica di Serie A che parla di un ultimo posto e nessuna vittoria dopo dodici partite, ma anche del peggior inizio di stagione della storia del club.

La Fiorentina, per l’ennesima volta negli ultimi mesi, è chiamata a ripartire. Tutte le volte che è stata chiamata ad affrontare un bivio non è riuscita ad invertire quella rotta che l’ha spinta fino al centro di un incubo dal quale sembra oggi impossibile uscire.

Ad attenderla adesso c’è l’ennesimo esame, questa volta in casa dell’Atalanta e di un allenatore che la scorsa annata si è seduto proprio sulla panchina dei gigliati: Raffaele Palladino.

Un intreccio da brividi in una domenica che, per i cuori viola, per forza di cose sarà da brividi. Il tecnico che, solo fino a pochi mesi fa, ha lavorato duramente per portare la Fiorentina ad un livello successivo, ora può darle un’altra spinta verso il baratro.

  • UNA SCINTILLA CHE NON È MAI SCOCCATA

    Quella di Raffaele Palladino alla guida della Fiorentina è stata un’avventura tanto breve quanto intensa.

    Pochi mesi vissuti tutto d’un fiato nel corso dei quali la scintilla non è mai scoccata. Pochi allenatori, nel corso degli ultimi anni, in riva all’Arno hanno diviso quanto lui, che da alcuni era visto come un giovane in rampa di lancio, da altri invece (probabilmente la maggioranza) come un’ancora destinata a frenare una squadra dall’ottimo potenziale.

    A Palladino in molti hanno contestato il fatto di far giocare sostanzialmente male una Fiorentina che non difettava in qualità. Una critica che è stata mossa fin dalle prime partite e dal doppio confronto contro la modesta Puskas Akademia nei preliminari di Conference League, poi superati solo ai calci di rigore.

    I primi pareggi, un avvio stentato in campionato e le prime lamentele di una piazza che già a settembre ha iniziato a chiedere a gran voce l’immediato esonero. Il rapporto non è migliorato nemmeno quando i risultati sono iniziati ad arrivare e quando lo stesso Palladino si è trovato a gestire una situazione complicata come quella legata al grave malore che ha colpito Bove.

    Firenze, o parte di essa, di fatto non ha mai adottato Palladino che, anzi, nelle sue ultime partite della scorsa stagione ha dovuto fare i conti con striscioni e cori che invocavano la sua partenza.

    Anche per questo motivo, quando lo scorso 30 maggio ha annunciato le sue dimissioni, nessuno si è strappato i capelli. Certo, allora in pochi avrebbero potuto immaginare che, quando le strade si sarebbero incrociate di nuovo, la Fiorentina lo avrebbe fatto portandosi dietro il pesantissimo fardello della paura di retrocedere.

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  • Fiorentina players Fiorentina AEK Conference LeagueGetty

    IN DODICI MESI IL MONDO SI È RIBALTATO

    La Fiorentina, nella scorsa stagione, è partita a rilento e su questo non ci sono dubbi, ma a Palladino va dato il merito di essere riuscito a tirarsi fuori da una situazione che ad un certo punto era parsa quasi compromessa.

    Lo ha fatto cambiando il volto della sua squadra, ridisegnandola dal punto di vista tattico e avendo quelle che poi si sono rivelate ottime intuizioni.

    La Fiorentina che oggi si presenta nel dodicesimo turno di campionato senza una sola vittoria all’attivo, un anno fa, di questi tempi, stava celebrando il settimo di otto successi consecutivi che l’avevano catapultata nelle zone altissime di classifica.

    Oggi quei momenti e quelle soddisfazioni sembrano lontani anni luce, tanto che nel giro di dodici mesi si è passati dal sogno al più terribile degli incubi.

    Proprio contro Palladino la Fiorentina adesso cercherà di dare un senso diverso ad un inizio di stagione disastroso, anche perché un’ulteriore battuta d’arresto vorrebbe dire rendere ancora più difficile quella che negli ultimi tempi ha pian piano assunto i contorni di un’impresa.

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  • Moise Kean Fiorentina Bologna Serie AGetty

    NESSUNO HA VALORIZZATO KEAN PIÙ DI PALLADINO

    Nonostante le tante critiche che gli sono state rivolte, il gioco raramente all’altezza delle aspettative e qualche delusione di troppo, non si può negare che Palladino, nel corso della sua avventura in viola, si sia guadagnato anche tanti meriti.

    Le soddisfazioni legate alle vittorie contro squadre del calibro di Lazio, Inter, Atalanta, Juventus, Roma, Milan e Bologna non si possono cancellare, così come i ben 65 punti totalizzati in campionato che sono valsi il miglior piazzamento non solo dell’era Commisso, ma anche degli otto anni precedenti.

    A Palladino va anche dato il merito di aver valorizzato tanti giocatori, tra i quali uno su tutti: Moise Kean.

    Lo ha accolto quando era reduce da un’annata da zero goal con la Juventus e tanti dubbi, ha instaurato con lui un rapporto quasi fraterno ed ha trovato il modo di farlo rendere al massimo, garantendogli tutto il peso dell’attacco e soprattutto tanto spazio intorno a sé.

    Ha aiutato un giocatore del quale si parlava come di un talento ormai destinato a non sbocciare mai definitivamente, ad imporsi e a diventare uno dei centravanti più ammirati d’Europa. Un lavoro certosino certificato dai 25 goal in 44 partite stagionali e soprattutto da prestazioni da urlo.

    Di fatto, nessun allenatore è riuscito a fare con Kean ciò che ha fatto Palladino: non ci sono riusciti nemmeno Pioli e Vanoli, tanto che al momento la sua annata parla di appena due reti in quattordici partite.

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  • DA “PALLADINO COME UN FIGLIO”, ALL’ADDIO

    Nel corso della sua esperienza alla Fiorentina, Raffaele Palladino ha potuto contare su un estimatore su tutti: Rocco Commisso.

    Lo ha difeso quando buona parte della tifoseria e ha accettato di buon cuore l’idea che gli venisse rinnovato il contratto prima della semifinale di ritorno di Conference League che ha poi sancito l’eliminazione dei viola.

    Una scelta di cuore, quella presa da Commisso, che ha colto di sorpresa anche lo stesso allenatore quando gli è stata annunciata con una telefonata arrivata direttamente dagli Stati Uniti.

    Un sigillo che sembrava il preludio di una lunga avventura da vivere insieme, ma anche una prova d’affetto da parte di un presidente che poi, poco più di un paio di settimane dopo, nel corso della conferenza stampa di fine stagione, avrebbe detto: “Ho un bel rapporto con lui, per me è come un figlio”.

    Quello che Commisso non poteva sapere, e che a Firenze nessuno poteva immaginare, è che un paio di giorni dopo Palladino avrebbe rassegnato le sue dimissioni.

    Una decisione forte, insolita nel calcio di oggi, frutto di divergenze con parte della dirigenza (si è parlato soprattutto di un rapporto non propriamente idilliaco con Daniele Pradé) e forse anche di quel rapporto mai veramente nato con la tifoseria.

    Nelle scorse settimane, dopo l’esonero di Pioli, si è parlato con forza di un possibile ritorno di Palladino a Firenze, ma forse la ferita era troppo fresca per essere rimarginata.

    Oggi il tecnico e la Fiorentina si ritrovano, ma da avversari: in palio ci sarà molto più dei semplici tre punti.

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