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Dalla Svizzera alla Norvegia: i dodici mesi che hanno messo fine al ciclo Azzurro di Spalletti

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Dal 29 giugno 2024, all’8 giugno 2025. Dall’eliminazione da Euro 2024 per mano della Svizzera e dopo una prestazione a dir poco deludente, dall’annuncio che fondamentalmente non ha sorpreso più di tanto: quello della fine dell’avventura di Luciano Spalletti alla guida della Nazionale Azzurra.

Meno di un anno, 344 giorni in tutto nel corso dei quali si è prima respirato il sapore dolce della rinascita, poi ci si è ritrovati a fare i conti con una prestazione disastrosa, quella con la Norvegia, che ha fatto tornare quei fantasmi che dodici mesi fa avevano portato in molti a chiedersi dove l’Italia avrebbe potuto trovare gli uomini e la forza per agguantare quel pass per i Mondiali drammaticamente sfuggito nelle ultime due occasioni.

Dalla Svizzera alla Norvegia, le due partite che probabilmente tra tutte quelle vissute durante il ciclo Spalletti resteranno di più nella memoria di tutti.

La prima avrebbe potuto portare a quei titoli di coda che in tanti avevano reclamato, la seconda ha effettivamente chiuso un ciclo scandito più da delusioni che da soddisfazioni.

  • Gravina SpallettiGetty Images

    DA BERLINO AD OSLO

    Il 30 giugno 2024, il giorno dopo l’eliminazione da Euro 2024 per mano della Svizzera, Spalletti nello spiegare cosa non aveva funzionato, aveva spiegato di non avere alcuna intenzione di farsi da parte.

    In quelle ore concitare successive a quella che è stata una delle più brutte prestazioni dell’Italia nella sua storia recente, il commissario tecnico Azzurro, dopo aver incassato il pieno sostegno da parte della Federazione, aveva parlato di un evidente ed inaccettabile passo indietro, ma anche della volontà di proseguire il suo lavoro.

    “Ci sono delle differenze oggettive tra il fare l’allenatore e l’essere commissario tecnico, ma a me questo vestito sta benissimo. Devo completare il mio percorso e imparare cose nuove e devo farlo in fretta. Penso di sapere cosa fare”.

    Subito dopo il triplice fischio di quella sfida che si giocò a Berlino, Spalletti si prese le responsabilità della sconfitta, ma spiegò anche che a differenza dei suoi predecessori non aveva avuto molto tempo per conoscere i giocatori e plasmare la sua Nazionale.

    Parole che in quel frangente hanno fatto discutere, visto che in molti chiedevano le immediate dimissioni, e che sono tornate alla mente di tanti nel corso della sua ultima conferenza stampa da commissario tecnico.

    A porre fine alla sua avventura Azzurra è stata un’altra partita disastrosa, questa volta ad Oslo contro la Norvegia nelle qualificazioni ai prossimi Mondiali.

    Un 3-0 nettissimo che forse non ha nemmeno reso giustizia alla superiorità degli avversari. Quello che è cambiato è che questa volta la Federazione ha deciso di non confermargli la fiducia, anche se lo stesso Spalletti ha confermato: “Io non avrei mollato. Sono sicuro che al Mondiale ci sarei arrivato”.

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  • L’ILLUSIONE DEL PARCO DEI PRINCIPI

    Dopo la debacle contro la Svizzera, che ha posto fine alla deludente avventura a Euro 2024, l’Italia ha dovuto attendere il successivo 6 settembre per tornare in campo.

    Ad attenderla una partita sulla carta più che proibitiva: quella sul campo della Francia nella prima partita della Nations League 2024-2025.

    Una sfida, quella del Parco dei Principi, dalla quale era complicato attendersi qualcosa di positivo ma, proprio nel momento in cui la fiducia era ai minimi storici, l’Italia ha trovato il modo di sorprendere.

    Il goal siglato da Barcola dopo appena un minuto di gioco sembrava il preludio di qualcosa che poi non è stato. Gli Azzurri non solo hanno ribaltato la situazione e si sono imposti per 3-1 con le reti di Dimarco, Frattesi e Raspadori, ma hanno letteralmente dominato dando una piccola lezione di calcio.

    Una prestazione inaspettata e così bella da far pensare che il peggio fosse ormai passato e che Spalletti era finalmente riuscito a trovare la quadratura del cerchio.

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  • LA DIFESA A TRE E UN CENTROCAMPO RINNOVATO

    Quella di Euro 2024 è stata un’Italia anche affossata dai tanti dubbi tattici e quel continuo passare dalla difesa a tre a quella a quattro.

    Un balletto che ha mandato in confusione giocatori parsi a tratti irriconoscibili. Lo ha ammesso lo stesso Luciano Spalletti che, nel cercare la rinascita del suo progetto Azzurro, ha deciso di affidarsi ad un modulo che di fatto poi non ha più abbandonato.

    Meno esperimenti, meno tentativi di provare a ripetere con la Nazionale ciò che per tanti anni gli è splendidamente riuscito a livello di club, è meno nozioni da inculcare nei pochi giorni in cui ha avuto a disposizione i suoi uomini.

    Il commissario tecnico ha scelto la strada delle ‘cose semplici’, ha rafforzato il muro davanti a Donnarumma e inserito a centrocampo giocatori destinati a dare nuova linfa come i vari Tonali, Ricci e Rovella.

    Una cura che ha funzionato contro Israele (sempre a settembre), che non ha dato i frutti sperati contro il Belgio (2-2 interno che ha lasciato tanti rimpianti), che ha consentito di travolgere 4-1 Israele, di vincere a Bruxelles, ma che si è dimostrata insufficiente contro una Francia capace di vincere 3-1 a Milano, di prendersi dunque la sua rivincita e soprattutto il primato nel gruppo di Nations League.

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  • I PASSI INDIETRO

    Le due partite con la Francia hanno rappresentato l’inizio e la fine del miglior periodo della gestione Spalletti.

    Nei quarti di finale di Nations League contro la Germania, si è avuta la netta sensazione di un passo indietro. Prima la sconfitta ancora a Milano, poi il 3-3 nella sfida di ritorno a Dortmund figlio più del cuore che di altro.

    L’Italia, dopo un primo tempo al limite dell’imbarazzante e chiuso sotto di tre reti, ha avuto nella ripresa la forza di rimontare con la doppietta di Kean ed il goal su rigore di Raspadori.

    Un pareggio che ha segnato la fine del cammino in Nations League, ma che soprattutto ha riportato alla memora quei clamorosi passaggi a vuoto già visti a Euro 2024.

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  • spallettiGetty Images

    COSA RESTA DEL CICLO SPALLETTI?

    Quando l’Italia si è riscoperta a sorpresa orfana di Roberto Mancini, in tantissimi hanno immediatamente indicato in Luciano Spalletti l’uomo giusto al quale affidare la panchina Azzurra.

    Era reduce dalle cose straordinarie fatte col Napoli, dalla conquista di uno storico Scudetto e la Nazionale era il giusto premio per un allenatore dalla carriera importante.

    Un passaggio di consegne quasi naturale, ma le cose non sono andate come previsto. Ad ammetterlo, nel giorno in cui ha annunciato quello che di fatto è un esonero (anche se ci sarà una rescissione del contratto) è stato lo stesso Spalletti che ha visto non solo nella mancanza di risultati il motivo della fine della sua avventura Azzurra, ma anche nell’incapacità di riuscire a tirare fuori il meglio dai giocatori che ha avuto a disposizione.

    Ecco dunque che quello che resta saranno non solo i risultati non all’altezza delle aspettative, le delusioni e qualche sporadico sussulto, ma anche una lezione importante: non è detto che un grande allenatore possa essere anche un grande commissario tecnico.

    Era lui il primo ad aspettarsi qualcosa di più ed ora la speranza per il calcio italiano è quella che il suo successore riesca a far rendere al massimo una Nazionale al quale è affidato il compito, anzi il dovere, di strappare un pass per i prossimi Mondiali dopo due tentativi falliti.

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