“Caro calcio, io ti saluto. Ho deciso di smettere”.
Inizia così la lunga lettera con la quale Mattia Caldara ha annunciato la sua scelta di appendere gli scarpini al chiodo.
Una decisione che, come da lui stesso ammesso, non è stata facile e che ha iniziato a prendere a luglio, dopo che uno specialista gli ha comunicato: “Mattia, non hai più la cartilagine della caviglia. Se continui, tra qualche anno dovremo metterti una protesi”.
Caldara ha ripercorso alcuni momenti della sua carriera, ricordando anche quelli difficili, legati ai tanti infortuni che tanto l’hanno condizionata.
“Sono stati mesi difficili. Anzi, anni. E non parlo solo di questa scelta, ma di molto altro. Parlo di quella che è stata la mia vita da quando il mio ginocchio si è rotto. Ricordo ancora il primo passo dopo il contrasto: ho sentito la terra cedere sotto il mio piede. Sono crollato. Prima fisicamente, poi mentalmente. Ero nel punto più alto della mia carriera, poi in pochi secondi è cambiato tutto. Con il tempo sono stato meglio, ma non sono mai stato bene. Mai più. Non sono più riuscito a tornare a essere quel Caldara. Ci ho provato, ma non era più possibile. Questa rincorsa a un’illusione mi ha logorato”.