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Gianluigi Buffon ItalyGetty

Buffon svela tutti i trasferimenti sfiorati: "Roma, Atalanta e non solo, sono stato vicinissimo"

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Gianluigi Buffon è stato, senza ombra di dubbio, non solo uno dei portieri più forti dell’intera storia del calcio (secondo molti il più forte in assoluto), ma anche una delle più grandi bandiere della storia della Juventus.

Un fenomeno che ha legato in maniera indissolubile il suo nome al club bianconero, visto che vi ha militato per quasi vent’anni vincendo qualcosa come ventitré trofei (un record).

Eppure la sua carriera sarebbe potuta essere molto diversa se solo avesse deciso di non trasferirsi a Torino o di lasciarla quando era già considerato il più forte portiere del pianeta.

Lo stesso Buffon, in una lunga intervista rilasciata a ‘Repubblica’, ha svelato infatti di essere stato più volte in trattative con altre società nel corso della sua carriera.

  • Manuele Blasi Buffon JuventusGetty Images

    “MAI FATTA LA SCELTA SCONTATA”

    Buffon ha spiegato come la sua carriera sia stata condizionata da scelte frutto di una visione romantica del calcio.

    "La mia più grande trasgressione è stata quella di non scegliere mai la strada scontata. Ho sempre preferito i percorsi più difficili, a costo anche di sembrare quasi un “bastian contrario”. Ho deciso cioè di rimanere coerente con quelli che sono i miei valori, anche a costo di pagarne le conseguenze. Nel calcio ho sempre cercato di far conciliare le ambizioni personali con quella che è la mia visione “romantica” di questo sport, alla base di alcune decisioni più importanti della mia carriera, come quella di rimanere alla Juventus anche nell’anno della Serie B o quella di tornare poi al Parma, sempre in Serie B. Nella vita invece ho trasgredito molto meno. Ho cercato di ricomporre quella mia natura "guascona", concedendomi delle trasgressioni più di posizione che nei fatti concreti. Mi piacciono le persone che rispettano le regole senza però rinunciare all'originalità del loro pensiero”.

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  • “ERO UN RAGAZZO PER PIAZZE DEL SUD”

    Buffon ha parlato del suo carattere da ragazzo, svelando quanto importante sia stato per lui trasferirsi in una città come Torino.

    “Da ragazzo ero fatto e finito per società e ambienti del sud. Tipo Roma, Napoli, Bari. Per il tipo di carattere, per l’impatto nello spogliatoio, con le persone: mi alimentavo con la vicinanza della gente, anche quando diventava morbosità. Ma alla fine non sono mai approdato in una di quelle piazze. Mi hanno guidato mio padre e il mio procuratore. Torino e la Juve mi hanno permesso di ritrovarmi in equilibrio. In una piazza incasinata, per come ero fatto, rischiavo che la bilancia tirasse solo da una parte”.

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  • Gigi Buffon JuventusGetty Images

    “VICINO A ROMA, PORTO E ATALANTA”

    Prima ancora di approdare alla Juventus, Buffon è stato vicinissimo alla Roma e poi al Barcellona. Nel corso della sua carriera sono stati tanti gli snodi che avrebbero potuto portarlo lontano da Torino.

    “Nel 2001, dal Parma, avevo quasi fatto con la Roma. Era questione di dettagli. Poi anche col Barcellona. Alla fine però sono andato alla Juve. Poi nel 2005 c’è stata una grandissima società straniera che mi voleva, ma non l’ho presa in considerazione. Finito il Mondiale, potevo andare ovunque. Nel 2007 c’erano almeno due squadre italiane. E nel 2011 stavo di nuovo andando alla Roma, perché con la Juve s’era rotto qualcosa: mi chiamò Montali, mi piaceva. Poi però arrivò Conte e impose la mia presenza. Quando dal Psg sono tornato alla Juve stavo per andare al Porto. Avevo già visto i voli, la città. E altre due volte sono stato vicinissimo all’Atalanta. La seconda avevo già deciso. Ma siccome alla Juve mi conoscono come le loro tasche fecero una riunione in cui eravamo io, Paratici, Pirlo. Che mi disse: Gigi, cavolo, è il primo anno che alleno, sono venuto sapendo che c’eri tu… Cosa potevo dirgli?”.

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  • “VOLEVO VINCERE LA CHAMPIONS CON LA JUVE”

    Nel 2019, dopo un’annata vissuta al PSG in Francia, la scelta di tornare alla Juventus. Buffon ha svelato cosa lo ha portato a decidere per la prima volta in carriera di vestire i panni di ‘secondo’.

    “È una lezione. Avevo il desiderio di provare ad arrivare alla Champions con i ragazzi con cui avevamo speso tanto tempo insieme. L’anno prima, al Psg, ho avuto la sensazione forte di poterla vincere, poi l’abbiamo buttata via. L’idea di vincere la Champions senza i miei amici della Juve mi avrebbe fatto piacere, sì, ma non sarebbe stato ciò che avrei voluto. Volevo provare a viverla con loro. Poi c’era un altro motivo: mi sono detto che restando nel calcio, magari come dirigente, presidente, o allenatore, avrei avuto la forza di riprendere un giocatore per un comportamento non corretto dicendogli: se ho fatto panchina io credimi che puoi farla anche tu”.

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