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Zlatan Ibrahimovic, dal ghetto di Rosengård a fuoriclasse mondiale

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"Sono come il vino buono, più invecchio e più miglioro" - Zlatan Ibrahimovic

Superati gli anni difficili dell'infanzia e dell'adolescenza, si è trasformato in un fuoriclasse mondiale, capace di abbinare strapotere fisico e atletico, grandi mezzi tecnici e doti acrobatiche come mai si era visto prima di lui.

Il percorso di Zlatan Ibrahimovic nella vita e nel calcio è stato irto di problemi e di difficoltà, ma anche grazie ad una personalità molto forte, formata in età giovanile, e ad una forza mentale unica, oltre ad una cura maniacale del proprio corpo, il campione di Malmö non si è mai arreso e rialzandosi sempre dopo gravi infortuni, ha saputo prolungare la sua carriera ad alti livelli fin oltre i 40 anni d'età.

L'attaccante svedese detiene diversi record ed è uno dei giocatori più prolifici della storia del calcio, avendo superato, fra club e Nazionale, quota 570 goal, nonché uno dei più vincenti, con 32 trofei all'attivo nel suo palmarès. Complessivamente un unico cruccio, oltre a non aver mai vinto a livello personale il Pallone d'Oro: non essere mai riuscito a conquistare la Champions League.

IL GHETTO DI ROSENGÅRD E L'INFANZIA DIFFICILE

Zlatan nasce il 3 ottobre 1981 a Malmö, città della Svezia meridionale, dove alla fine degli anni Settanta del secolo scorso si sono trasferiti i suoi genitori, emigrati jugoslavi: papà Sefik è un bosgnacco originario di Bijeljina, mentre la madre, Jurka Gravic, è una croata di religione cattolica.

Per questo, quando diventerà un campione universalmente riconosciuto, Ibrahimovic sarà un simbolo della Svezia multiculturale e multietnica, ma la sua infanzia è tutt'altro che semplice. Il piccolo Zlatan vive con i genitori, il fratello maggiore Sapko, avuto dal padre in una precedente relazione, e la sorella maggiore Sanela, nata nel 1979 e prima figlia della coppia, in un appartamento nel ghetto di Rosengård, quartiere periferico della città, con livelli molto elevati di disoccupazione e delinquenza, dove risiedono tanti immigrati e si parlano 28 lingue in 3 chilometri quadrati di superfice.

"Puoi togliere il ragazzo da Rosengård, ma non potrai mai togliere Rosengård dal ragazzo".

È questa la frase mantra ripetuta spesso da Zlatan, che, come racconta nella sua autobiografia, 'Io Zlatan', ha letto in una foto che gli è stata inviata di uno striscione attaccato al ponte di Annelund, ai confini del quartiere-ghetto.

I soldi in casa non bastano mai e se Sefik, il padre di Zlatan, lavora come custode, Jurka, la mamma contribuisce al bilancio familiare facendo la donna delle pulizie.

"Se sono quel che sono è perché sono stato cresciuto da una donna forte, mia madre - affermerà l'attaccante -. Ero sempre attivo, facevo casino, mangiavo tanto, non stavo mai fermo. Lei ha sempre lavorato, ci ha cresciuti da soli, doveva fare delle scelte e le ha sempre fatte per il nostro bene".

Nel 1983, quando Zlatan ha soltanto 2 anni, i suoi genitori si separano e per il futuro campione e i suoi fratelli, subentrano anche i problemi familiari. I tre fratelli trascorrono periodi con la madre e periodi con il padre, che avrà successivamente altre due figlie, Monika e Violeta, nate dalla relazione con un'altra donna. Con entrambi i genitori per i Zlatan non mancano le criticità: il papà beve spesso, la madre fa fatica a sostenere la difficile situazione.

"Ogni tanto mamma perdeva il lume degli occhi e ci picchiava con il mestolo di legno - ricorda nella sua autobiografia -, e poteva accadere che il mestolo si rompesse. Allora dovevo andare a comprarne uno nuovo come se fosse stata colpa mia a farla picchiare così forte".

Anche a scuola la situazione non è positiva: Zlatan non trova pace, è un bambino iperattivo e ha difficoltà nell'apprendimento. Come racconterà nel suo libro, si sente solo, e sviluppa un senso di ribellione forte a tutto il mondo che lo circonda, forgiando, nel bene e nel male, quello che sarà il suo carattere.

"Assunsero un insegnante di sostegno per colpa mia e si parlava anche di mettermi in una classe per ritardati mentali. Volevano assegnarmi un marchio d’infamia e io mi sentivo come un marziano", scriverà il campione nella sua autobiografia.
"Ero un bambino che ha sempre sofferto - dirà in un'intervista rilasciata al giornalista Aldo Cazzullo del 'Corriere della Sera' nel dicembre 2021 -. Appena nato, l’infermiera mi ha fatto cadere da un metro d’altezza. E ho sofferto per tutta la vita. A scuola ero diverso: gli altri erano biondi con gli occhi chiari e il naso sottile, io scuro, bruno, con il naso grande. Parlavo in modo diverso da loro, mi muovevo in modo diverso da loro. Sono sempre stato odiato. E all’inizio reagivo male".

DALL'MBI AL MALMÖ

In un simile contesto per Zlatan il pallone diventa fin dalla tenera età la via di fuga dai problemi. Ci gioca sempre, per strada e con la squadra in cui milita da giovanissimo, l'MBI di Malmö, il club di maggior prestigio del quartiere.

Impiegato da portiere, non riesce a dimostrare il suo valore ed è spesso soggetto ad umiliazioni da parte dei compagni o dei ragazzi più grandi, tanto da pensare di dedicarsi all'hockey su ghiaccio se non fosse che non può permettersi di acquistare le protezioni e l'attrezzatura necessaria.

Cambia ruolo e passa a fare l'attaccante, ma il suo gioco fatto di dribbling e spunti individuali non piace agli allenatori, che lo ammoniscono e lo invitano a passare di più il pallone ai suoi compagni di squadra.

"Dovevo dimostrare sempre tutto - ricorderà -, dovevo lavorare dieci volte in più degli altri, dovevo essere sempre il migliore agli occhi altrui per essere notato".

Inoltre i problemi familiari inevitabilmente lo condizionano.

"Una volta mamma era stata fermata per ricettazione - racconta nel suo libro -. Un conoscente le disse: 'Puoi tenermi la collana?'. Lei lo ha fatto in buona fede, ma era merce rubata, così un giorno la polizia fece irruzione e mamma fu arrestata".

E anche quando passa a vivere con il padre, le difficoltà non mancano. Ibra è magro e denutrito, e a casa di frequente manca il cibo o deve arrangiarsi con pasti di fortuna.

"Spesso tornavo a casa dagli allenamenti con una fame da lupo e spalancavo il frigorifero - scrive nella sua autobiografia -, pensando: 'Dio, Dio, fai che ci sia qualcosa da mangiare!'. [...] Provavo un dolore che non dimenticherò mai".

Ciononostante Ibra continuerà ad avere una grande considerazione di entrambi i genitori.

"Papà lavorava tanto per permetterci di vivere. Il nostro frigorifero non era mai pieno, non avevamo tanto da mangiare ma faceva di tutto per darci le alternative giuste. Se non avevo soldi per andare agli allenamenti me li dava lui e non pagava l'affitto del mese".

Le difficoltà economiche rischiano però di portare Zlatan sulla cattiva strada: insieme ad altri ragazzi, ruba biciclette e compie piccoli furti nei grandi magazzini Wessels, che sorgono vicino all'appartamento numero 5 in Cronmans Väg, dove mamma Jurka si trasferisce dopo la separazione da Sefik.

"Aprivo i lucchetti delle bici. Ero diventato un maestro - racconterà Ibra nel suo libro -. Bang, bang, bang e la bici era mia. Un ladro di biciclette, fu la mia prima identità. Era una cosa piuttosto innocente, ma ogni tanto passavo un po' i limiti".

Ciononostante continua a voler bene ai suoi genitori e comprende che fanno per lui grandi sacrifici.

"Quando acquistammo un nuovo letto per me all’Ikea, papà non poteva permettersi le spese di trasporto - ricorderà -. La consegna a domicilio costava troppo. Allora papà si trasformò in Superman: portò il letto sulla schiena per tutta la strada dall’Ikea a casa, un’autentica follia, e io lo seguivo con le testate".

Grazie ad un amico, Tony Flygare, che condivide con lui le lezioni di svedese, a 10 anni entra a far parte della formazione del Balkan, la squadra degli emigrati slavi, aggregato a ragazzi di due anni più grandi di lui. Si sente finalmente e per la prima volta a suo agio ed è da questa squadra che parte la sua scalata nel calcio.

Si destreggia fra dribbling e giocate di alta scuola e segna tanti goal. Intanto, però, le guerre balcaniche fanno irruzione a turbare ulteriormente la quotidianità famigliare, in particolare quella di papà Sefik, che vede morire tanti amici e conoscenti.

Intanto la carriera calcistica di Zlatan ha un balzo importante nella famosa gara contro il Vellinge. Sotto per 4-0 nel primo tempo, giocato senza Ibrahimovic, lasciato inizialmente fuori dal suo allenatore perché arrivato in ritardo, il Balkan vincerà alla fine 8-5 grazie ad 8 reti realizzate dalla giovane promessa.

L'exploit gli vale la chiamata del Malmö, dove da poco si è già trasferito anche il suo amico Tony. Ammira Marco Van Basten, ma presto il suo idolo diventa Ronaldo il Fenomeno. Parte dalle Giovanili, dove alle indiscutibili qualità fanno da contraltare il carattere spigoloso e sanguigno e le solite follie adolescenziali.

"Per andare all’allenamento - racconterà - dovevo fare 7 chilometri, non avevo i soldi per comprare una bici e se per strada ne trovavo una, la prendevo... in prestito. Prendevo, andavo, poi qualcuno la prendeva a me. Si faceva a giro. Poi una volta ho rubato quella rossa del mister della Primavera del Malmö, Jula. Dopo l’allenamento ero stanco e dovevo tornare a casa".
Dopo tre giorni gliel’ho restituita, è lì che mi sono inventato la storia del prestito: gli ho detto: 'Mister, ti ho riportato la bici. L’avevo presa solo in prestito...".

Un'altra volta, durante l'allenamento, Zlatan reagisce ad un fallo e, sempre in allenamento, spacca con una testata il setto nasale ad un compagno di squadra. Gli succede anche che i compagni di squadra firmino una petizione per allontanare Zlatan dalla squadra, ma il suo allenatore si rifiuti di farlo.

Tuttavia gli atti delinquenziali non cessano, anzi...

"Cazzate ne ho fatte tante - ammetterà Ibrahimovic -, in questo mondo tutti pensano a... essere perfetti. Ma se non fai cazzate non cresci, non impari. Io continuerò a farle. Ne ho fatte tantissime. Una volta ho rubato una macchina, ma non perché mi servisse come le biciclette, era solo per adrenalina. Però sono scappato giù subito, perché non mi sentivo bene. Eravamo 5 amici, le cazzate del ghetto, tante cazzate".

Il suo allenatore spesso lo punisce, tenendolo in panchina. Ed è da riserva che vince con il Malmö il campionato Juniores. Il talento sembra non bastare, e sono gli altri compagni a precederlo in Prima squadra.

"Toccò a Tony Flygare, ovviamente, e poi a Gundmunder Mete e a Jimmy Tamandi. Quanto a me, non mi prendevano nemmeno in considerazione: ero l’ultimo che poteva esser scelto - scriverà Zlatan nel suo libro -. Almeno così credevo. Perfino l’allenatore degli juniores mi teneva in panchina, perché la prima squadra avrebbe dovuto chiamarmi? Non dovevo neppure sperarci, anche se non ero meno bravo di Tony, Mete e Jimmy e l’avevo dimostrato tutte le volte che ero entrato in campo".

Ma la pratica di un arte marziale, come il taekwondo, fra un allenamento e l'altro, fra una partita e l'altra, gli dona straordinarie doti acrobatiche anche in campo e migliora notevolmente le sue capacità di concentrarsi sull'obiettivo da perseguire. La passione per la lotta gli viene trasmessa dal padre, e fin da piccolo ammira Muhammad Alì e Bruce Lee.

Questo lo aiuta a fare passi avanti nell'autocontrollo e finalmente, nel 1999, arriva anche la sua occasione. Il mister Roland Andersson lo convoca nel suo ufficio per comunicargli che sarà aggregato alla Prima squadra. Qui, ancora una volta, il suo futuro calcistico si incrocia con quello di Tony Flygare. Proprio subentrando al posto di quest'ultimo, infatti, Ibra esordisce nell'Allsvenkan svedese il 19 settembre 1999.

"Avevo l’appoggio di Roland (Andersson, ndr) e dell’allenatore in seconda, Thomas Sjöberg - scriverà Ibra nella sua autobiografica, 'Io Zlatan' -. Lo sentivo, anche se loro credevano soprattutto in Tony: lui poté giocare e fece anche goal all’esordio. Io ero una riserva e quindi cercavo di impegnarmi ancora di più in allenamento […]".
"Sembrava non ci fossero speranze, finché il 19 settembre incontrammo l’Halmstad a Örjans Vall. Si trattava di un match decisivo per la salvezza [...] Tutti erano nervosi e impauriti. All’inizio del secondo tempo il nostro attaccante Niklas Gudmundsson fu portato fuori in barella […]. Eravamo sull’1-1, e a noi naturalmente sarebbe bastato, ma a un quarto d’ora dal termine anche il nostro capitano Hasse Mattisson s’infortunò e subito dopo l’Halmstad segnò il goal del vantaggio".
"Vidi impallidire tutta la squadra […]. Ma poi, proprio negli ultimi minuti, l’arbitro ci diede un rigore. Potete capire… Era una questione di vita o di morte. Segnando avremmo salvato l’onore del club, altrimenti sarebbe stato il disastro. Tutti i ragazzi della vecchia guardia erano titubanti, nessuno osava farsi avanti per tirare. C’era davvero troppo in gioco, cosìsi fece avanti quel bullo di Tony: 'Ci penso io'...".

Quel rigore, che poteva segnare l'affermazione definitiva di Flygare, spalancherà invece le porte dell'undici titolare a Zlatan.

"Ebbe un bel coraggio - prosegue Zlatan nel suo racconto -. Adesso, a posteriori, penso che qualcuno avrebbe dovuto fermarlo. Era troppo giovane per farsi carico di una responsabilità del genere, e ho impressa in mente l’immagine di lui che prende la rincorsa mentre tutta la squadra tratteneva il respiro, o distoglieva lo sguardo. Fu orribile. Il portiere parò, dopo aver fatto una piccola finta per ingannare Tony, e perdemmo".
"Da allora Tony finì nel congelatore, povero ragazzo, e so di giornalisti che videro in quell’errore un significato simbolico - rivelerà Ibra nel suo libro -. Fu il momento in cui gli passai davanti nelle gerarchie. Tony non fece mai veramente ritorno ai vertici, e invece io potei giocare di più. Feci sei apparizioni in campionato, sempre entrando a gara in corso, e diventai sempre più bravo […]".

Il Malmö si classifica penultimo e retrocede in Seconda Divisione, ma per Ibrahimovic nell'ultima giornata del torneo, la gara casalinga contro il Västra Frölunda, vinta 2-1 dal Malmö a giochi ormai fatti, gli regala la soddisfazione del primo goal da professionista. Non sarà una rete banale, perché gli permetterà di stabilireil record come unico calciatore capace di far goal in 4 decadi differenti (1990, 2000, 2010, 2020).

Nella stagione successiva, dopo la retrocessione in Superettan, diventa titolare della squadra, con cui ottiene l'immediata promozione in Allsvenskan e di cui risulta il miglior marcatore stagionale con 12 reti in 26 partite. Nella prima gara dell'Allsvenskan 2001, la sua terza stagione da professionista, il 9 aprile 2001 contro l'AIK, segna una doppietta, la prima nella massima serie svedese. Complessivamente in tre stagioni colleziona 40 partite e 16 goal tra Allsvenskan e Superettan con il Malmö; nel corso dello stesso anno la celebre rivista Don Balon lo inserisce nella lista dei 100 migliori giovani calciatori al Mondo.

L'AJAX, L'INCONTRO CON RAIOLA E L'ESPLOSIONE

Le prestazioni con il Malmö fanno guadagnare al giovane Ibrahimovic le convocazioni con la maglia della Svezia Under 18 e Under 21. I confini nazionali iniziano però presto a stare stretti a Zlatan che spera in un'occasione importante all'estero.

Già nel 1998, prima ancora di compiere 17 anni, aveva sostenuto un provino con il QPR ed era stato scartato. Il club inglese aveva invitato lui e Tony Flygare, ma alla fine non se ne farà nulla.

"Ibra giocò una partita amichevole con la maglia della squadra riserve - racconterà Flygare al Daily Mail - ma successivamente non fu richiamato. Secondo l'allenatore Gerry Francis teneva per troppo tempo la palla senza passarla, tanto che fu lui stesso ad andare in tackle su Zlatan e togliergli il pallone. Questa cosa fece imbestialire Zlatan che successivamente fece anche lui un intervento in tackle nei confronti dell'allenatore, mandandolo anche al diavolo".

La seconda occasione è rappresentata dall'Arsenal di Arsene Wenger. È il 2000 e l'Arsenal pensa all'ingaggio di Ibrahimovic. C'è la maglia numero 9 dei Gunners già pronta per lui, ma all'ultimo, quando approda a Londra, l'attaccante scopre che deve sostenere prima un provino, e dice clamorosamente di no.

"A Wenger - rivelerà al programma 'I Signori del calcio' su 'Sky Sport' - ho detto: 'Io non faccio provini: o mi prendi o non mi prendi, non sono qua per perdere tempo'. Avevo già quel tipo di fiducia, perché nella mia testa ero il più forte di tutti anche da giovane. Ho incontrato Wenger perché mi aspettavo che mi dicesse di iniziare subito con loro. Ma Ibra non fa prove".

Il carattere, forgiato dagli anni difficili dell'infanzia e dell'adolescenza, è già duro e ambizioso. E un anno dopo il passaggio sfumato ai Gunners, su indicazione dell'osservatore John Steen Olsen Zlatan si trasferisce in Olanda per giocare nell'Ajax, che versa nelle casse del Malmö 19,2 milioni di Fiorini, corrispondenti a 7 milioni e 800 mila euro. Con questa cifra diventa l'acquisto più caro della storia dei Lancieri.

Voluto dal Direttore tecnico Leo Beenhakker, inizialmente Ibra incontra difficoltà legate ai metodi di allenamento, improntati al dinamismo e al gioco collettivo. L'8 agosto 2001 Ibrahimovic fa il suo esordio con il nuovo club subentrando a inizio ripresa nella sfida casalinga contro il Celtic, valida per il Terzo turno di qualificazione alla Champions League.

Il suo primo goal in biancorosso lo realizza il 26 agosto contro il Feyenoord nella sfida di campionato vinta 2-1. In panchina a Co Adriaanse a fine novembre subentra Ronald Koeman e l'Ajax inizia a vincere. Il primo anno si chiude per Ibrahimovic con 9 goal in 33 presenze in tutte le competizioni, e, soprattutto, con i primi titoli della carriera: l'Eredivisie e la Coppa d'Olanda, vinta in rimonta 3-2 contro l'Utrecht grazie al suo golden goal.

La stagione seguente, oltre a portare nel palmarès dell'attaccante anche la Supercoppa d'Olanda, segna una svolta importante della sua carriera: Ibrahimovic, che debutta in Champions League segnando una doppietta nella fase a gironi all'Olympique Lione, diventa un assistito di Mino Raiola.

"Chiesi a un giornalista olandese un consiglio su un procuratore - racconta Ibra nella sua autobiografia -. Mi fece due nomi: una era la società di Beckham, l'altro un italiano: 'Secondo me ti piacerà, ha uno stile da strada'.Sembrava uno dei Soprano, aveva una pancia enorme. Si presentò in jeans e t-shirt, io invece mi aspettavo un uomo elegante...".
"Al nostro primo incontro Raiola tirò fuori un foglio: 'Queste sono le statistiche dei grandi: Shevchenko, 25 partite, 23 goal. Inzaghi, 27 partite, 25 goal. Vieri, 21 partite, 23 goal'. Poi tocca a me: '21 partite, 4 goal. Come ti posso vendere?' Ed io: 'Se avessi avuto i loro numeri anche mia madre avrebbe saputo come vendermi'. E lui replicò: 'Con me dovrai lavorare il triplo di come fai ora' ".

E così sarà, per un binomio agente-calciatore che lo accompagnerà fino agli ultimi anni di carriera. Zlatan inizia a sottoporsi ad estenuanti allenamenti supplementari, e i risultati saranno presto evidenti: nella stagione 2002/03 i goal di Ibrahimovic diventano 21 in 42 gare, fra cui 5 in Champions League, competizione che vede gli olandesi giungere fino ai quarti di finale, eliminati dal Milan di Carlo Ancelotti.

Anche nella vita privata i furti e le follie adolescenziali sono ormai un ricordo. Nel 2001 ha conosciuto in Svezia Helena Seger, bionda modella di 11 anni più grande di lui, che diventa presto l'altra donna più importante della sua vita dopo sua madre. Pur non convolando mai a nozze, da quel momento i due faranno coppia fissa e dalla loro unione nasceranno due bambini: Maximilian nel 2006 e Vincent nel 2008. Il segreto? È l'unica in grado di tenergli testa.

"Helena è tosta - scriverà di lei Zlatan nel suo libro -. Le piacciono le automobili. Se n’era andata via di casa a diciassette anni e si era fatta strada lavorando, e io non ero per niente una superstar per lei. 'Avanti, Zlatan, tu non eri esattamente Elvis' mi disse qualche tempo dopo ripensando ai nostri primi incontri".

Nel 2003/04, terza stagione all'Ajax, dopo che Beenhakker lascia il club e la gestione tecnica è affidata totalmente a Koeman, sorgono alcune incomprensioni fra l'attaccante e il suo allenatore, legate agli immancabili eccessi temperamentali che lo portano a prendere a calci i cartelloni dopo una sostituzione non gradita. Con Raiola procuratore iniziano ad interessarsi a lui i grandi club, su tutti la Juventus, attraverso il D.g. Luciano Moggi.

"Dovevamo vederci a Montecarlo, il giorno del Gran Premio - rivelerà Ibrahimovic -. Ci incontrammo in gran segreto. Dovevamo vederci in aeroporto, eravamo in auto, ma c’era traffico. Decidemmo di raggiungerlo a piedi. Raiola, che non si può definire un grande atleta, è un ciccione. Arrancava ed era zuppo di sudore. Non si era fatto bello. Aveva pantaloncini hawaiani, una maglietta Nike. Quando entrammo in una saletta vedemmo solo fumo. Con quel grosso sigaro capii che Moggi era un uomo di potere".

Con rammarico di Ibrahimovic, l'incontro non andò come Zlatan si augurava e la fumata nera lo costringerà ad attendere l'estate seguente per lasciare Amsterdam. La stagione 2003/04 si chiude per lui con 15 goal in 31 partite e la certezza di essere un uomo mercato nell'estate 2004.

Così sarà, ma Ibrahimovic deve iniziare anche il nuovo campionato 2004/05 con i Lancieri. Ancora una volta è una partita a segnare il suo destino: dopo un goal all'esordio stagionale in Eredivisie contro il Twente (2-3), gioca una super partita nella successiva sfida contro il NAC Breda.

Davanti ai propri tifosi, segna una doppietta da applausi. Dopo aver sbloccato la partita per i suoi, segna il goal capolavoro del 5-1 al 76', concludendo alle spalle del portiere dopo aver saltato in dribbling e umiliato 5 difensori avversari. Proprio quella rete, che sarà l'ultima da lui realizzata con l'Ajax, che per alcuni è la più bella della sua carriera, sbloccherà anche la situazione legata al suo futuro.

Fabio Capello, il tecnico della Juventus, lo ha infatti richiesto a Luciano Moggi, e quella prodezza spinge il dirigente bianconero a rompere gli indugi e a rifarsi sotto con Raiola e con l'Ajax per chiudere la trattativa. Ibrahimovic gioca la sua ultima partita con il club olandese che lo ha lanciato il 29 agosto contro l'Utrecht (1-1) e due giorni dopo, il 31, alla chiusura del calciomercato estivo, diventa un giocatore della Juventus per 16 milioni di euro.

GLI ANNI ALLA JUVENTUS CON CAPELLO

Archiviata positivamente l'esperienza con l'Ajax con 4 titoli e 48 goal in 110 presenze, Zlatan sbarca a Torino con grandi motivazioni e voglia di imporsi anche in Serie A, dopo aver eliminato con la Svezia la Nazionale italiana ad Euro 2004.

Sceglie il numero 9 e viene presentato assieme a Fabio Cannavaro. Per l'evento sono presenti, oltre all'allenatore Capello, anche Moggi, Giraudo e Bettega, la cosiddetta 'Triade' bianconera.

"Voglio che la gente mi giudichi per come gioco - dichiara Ibrahimovic -. Che cosa posso dire? Sono alto un metro e 92 e peso 93 chili. E mi piace giocare a calcio".

Presto lo svedese deve fare i conti con la durezza dei metodi di lavoro che vige in Italia e con il fatto di non essere più l'unico fuoriclasse della sua squadra, ma uno dei tanti campioni.

"Quando sono arrivato alla Juventus, nel 2004, c’era una mentalità totalmente differente da quella di Malmö o Amsterdam, dove avevo giocato con l’Ajax. Ti rispettavano, però eri uno dei tanti, non eri 'wow, ci pensi te'. Mi ricordo ancora un duello tra Del Piero e Thuram. Del Piero era una stella: controlla la palla e arriva da dietro Thuram. Bam! Lo butta giù. Ho pensato: se tocca così Del Piero, a me m’ammazza. Io non ero nessuno. Tutti gli allenamenti erano così, duri, duri, duri".

Particolare è anche l'impatto con il suo nuovo allenatore Capello.

"Stava leggendo la Gazzetta, per me la Gazzetta era wow, in Svezia il giornale rosa è il calcio. Al primo giorno di allenamento, entro negli spogliatoi e dico: ‘Buongiorno mister'. Mi avevano detto che si faceva così. Lui continua a leggere, cambia pagina, prende il caffè. Passano 15-20 minuti non sento niente. Lui chiude la Gazzetta e va fuori. Se mi tratta così significa che devo dimostrare di essere qua. Ecco, lui mi ha fatto sentire che non ero nessuno. Poi mi ha detto: ‘Non chiedi il rispetto, lo prendi'. E io l’ho preso".

Zlatan impara a sue spese la cosiddetta 'mentalità Juventus'.

"Una settimana dopo, ci allenavamo alla Sisport, vicino al vecchio Comunale - racconterà -. C’erano due campi, ma le docce otturate. Quando entri in casa Juve è tutto super, lì invece facciamo la doccia io, Trezeguet e altri due e si allaga tutto. Penso, che schifo! Fuori c’era Moggi e gli dico: ‘Non è normale, siamo la Juve'. Mi risponde: 'Ricordati che non sei qua per stare bene, sei qua per vincere'. Questo l’ho portato con me: tutto è vincere".

L'attaccante svedese debutta in Serie A il 12 settembre 2004, subentrando dopo l'intervallo a Trezeguet nella sfida del Rigamonti con il Brescia sul punteggio di 1-0. Il nuovo acquisto ci mette appena 24 minuti per trovare il suo primo goal bianconero, ponendo la sua firma sul definitivo 2-0.

Un giorno Capello lo prende con sé e gli lascia delle videocassette con le giocate di Marco Van Basten.

"Tu mi ricordi un giocatore che allenavo nel Milan, ma non lasciarti stressare dal paragone, tu non sei un nuovo Van Basten, hai il tuo stile. Qui c’è un filmato, studia i suoi movimenti, impara", gli dice il tecnico friulano.

Nella sua autobiografia Ibra racconta di essere rimasto ore chiuso negli spogliatoi per guardare goal e giocate dell'olandese, che aveva tanto ammirato in gioventù.

La sua partenza è folgorante: mette insieme 9 goal nel girone d'andata, nonostante la concorrenza non semplice da sostenere di Trezeguet. A fine anno colleziona 16 reti e 7 assist in Serie A in 35 presenze, più tre assist in Champions League (con i piemontesi eliminati ai quarti dal Liverpool).

Lo svedese riceve il premio di 'Miglior calciatore straniero del campionato', mentre a novembre 2005 ha ricevuto in patria il primo 'Guldbollen'della carriera,ovvero il premio di 'Giocatore svedese dell'anno'. Ne vincerà in carriera ben 12.

Meno fortunata sarà la seconda stagione, con alcune grandi partite, come quella giocata all'Olimpico contro la Roma, condita da un gran goal, il 19 novembre 2005, ma anche lunghi passaggi a vuoto. Nel 2005/06 Ibra si ferma così a 10 goal, di cui 7 in campionato e 3 nella fase a gironi di Champions. Se in campionato la Vecchia Signora domina per due anni di fila, ma i due Scudetti saranno il primo revocato, il secondo assegnato all'Inter per i fatti di Calciopoli, e in Europa sono fatali ancora i quarti di finale, che vedono i bianconeri estromessi dall'Arsenal.

Con la situazione societaria che precipita, Ibrahimovic manifesta chiaramente l'intenzione di lasciare Torino che aveva già espresso alla fine del 2005 dopo l'espulsione in Champions contro il Bayern Monaco.

"Non voglio restare. - disse chiaramente a Luciano Moggi - Non c’è niente che tu possa fare per farmi rimanere".

Sarà così, e con la Juventus retrocessa d'ufficio in Serie B, quando il presidente dell'Inter Massimo Moratti stacca un assegno da 25 milioni di euro, lo svedese, sempre assistito da Raiola, non ci pensa due volte.

"Con Calciopoli alla Juve cambiò tutto - spiegherà -. Quando è scoppiato il problema, con la decisione di mandare la Juve in B c'erano le vacanze, dopo noi eravamo in Germania per il Mondiale, e c'erano tantissimi casini. Hanno mandato via tutti, Moggi e Giraudo, poi c'era Secco che da Team Manager è diventato Direttore Sportivo. Anche giocare in Serie B ho pensato non fosse il massimo: ci sarebbero voluti anni prima di tornare ad essere la squadra che era".
"Mi chiesero di restare, di rinnovare il contratto, ma tanti giocatori erano andati via e io pensavo: se resto alla Juve prima di tornare al top ci vorrà tempo, e io in quel momento mi sentivo che potevo raggiungere un livello più alto di rendimento, arrivare al massimo, ma solo giocando al massimo. Pensavo che andando in Serie B, avrei perso un anno, poi il primo sarebbe stato difficile, il secondo ancora di passaggio e ci sarebbero voluti tre anni...".

La breve esperienza di 2 anni a Torino si chiude così per Zlatan con 26 goal e 14 assist in 92 presenze complessive.

ZLATAN ALL'INTER: UN TRIENNIO DI SUCCESSI

I titoli che gli erano stati tolti a Torino arriveranno per Ibrahimovic con l'Inter, sotto la guida prima di Roberto Mancini e poi di José Mourinho.

"Sono stato molto contento che la società mi abbia voluto - dichiara il giorno della sua presentazione Zlatan, che prende la maglia numero 8 - e che sia andato tutto bene. Ringrazio Branca e il presidente Moratti, che è una grande persona. Sono arrivato in una squadra molto forte, il mio futuro è qua. Trovo Mancini, che quando giocava era un grande giocatore, sono davvero contento. Da piccolo ero tifoso dell'Inter".

Il 9 settembre bagna l'esordio in nerazzurro con un goal alla Fiorentina nella prima giornata della Serie A 2006/07. Nella sua esperienza milanese realizza tanti goal, 66 in 117 presenze in tre stagioni, efra questi 2 in due derby vinti dai nerazzurri e passati alla storia.

Lo svedese vince tre Scudetti da protagonista assoluto e 2 Supercoppe italiane (2006 e 2008), oltre ai tanti riconoscimenti personali: nel 2008 e nel 2009 è premiato ancora come 'Miglior straniero' e 'Miglior giocatore assoluto della Serie A', e nel 2008/09 si laurea anche capocannoniere della Serie A con 25 goal in 37 presenze. Il suo goal di tacco al Bologna è inoltre premiato come miglior rete del 2008.

IL BARCELLONA E LA PRIMA VOLTA AL MILAN

L'idillio con i colori nerazzurri si conclude nell'estate 2009, la seconda con Mourinho alla guida. Il fuoriclasse svedese vuole vincere anche in Europa e il 27 luglio, con l'ennesima trattativa condotta in grande stile da Raiola, Zlatan passa al Barcellonacampione d'Europa per l'imponente cifra di 49 milioni di euro più il cartellino di Samuel Eto'o, che fa il viaggio inverso e diventa un giocatore del club milanese.

L'esperienza in blaugrana lo arricchisce di titoli, ben 5 in una sola stagione, ma non è positiva dal punto di vista personale, essendo segnata da un rapporto conflittuale con il tecnico Pep Guardiola e con il compagno di squadra Lionel Messi, prima stella della squadra.

"Quando Messi ha iniziato a parlare, chiedendogli un altro ruolo, è cambiato tutto - rivelerà Ibra -. Guardiola ha iniziato ad utilizzarmi in modo diverso. In un incontro gli ho detto: 'Io sono una Ferrari, ma mi guidi come una Fiat'. Da quel giorno tutto è cambiato. Grazie a Helena, però, ho riacquisito tranquillità".

Nel suo unico anno con i catalani Zlatan segna 22 reti in 46 presenze in tutte le competizioni, e conquista la Liga, 2 volte di fila la Supercoppa di Spagna, la Supercoppa europea e il Mondiale per club.

Nell'estate del 2010 si prospetta per lui una via d'uscita dalla 'prigione dorata' del Barcellona: il Milan se lo aggiudica in prestito con opzione di acquisto fissata a 24 milioni. Zlatan firma un quadriennale e, con il numero 11 sulle spalle, diventa presto il leader dei rossoneri, guidati in panchina da Massimiliano Allegri.

Zlatan torna a Milano alla vigilia del match inaugurale contro il Lecce e con i salentini lascia subito il segno. Nessun goal, ma parole che suonano come una profezia:

"Quest'anno vinciamo tutto", dichiara.

Il debutto è amaro, con una sconfitta a Cesena (2-0) e un rigore fallito nel finale proprio dallo svedese, ma il 15 settembre bagna l'esordio con la sua nuova squadra in Champions con la doppietta che stende l'Auxerre a San Siro.

Alla fine avrà ragione lui: anche se in Europa i rossoneri si fermano agli ottavi, eliminati dal Tottenham, la stagione spezza il dominio nerazzurro in Italia e vede il Milan conquistare il suo 18° Scudetto e lo svedese protagonista con 14 goal in 29 partite, che salgono a 21 in 41 gare considerando tutte le competizioni.

I rossoneri lo riscattano dal Barcellona ma il secondo anno, strepitoso dal punto di vista personale con 28 reti in 32 gare di Serie A che gli valgono il secondo titolo di capocannoniere del torneo in carriera, e il record di essere il primo nella storia a conquistarlo con 2 squadre diverse, sarà anche il primo per lui in Italia senza Scudetto.

In più, oltre ai primi acciacchi, emergono nuovamente alcuni eccessi caratteriali, come lo schiaffo rifilato ad Aronica nella gara contro il Napoli che gli costa 3 turni di squalifica. A fine stagione saluta i rossoneri per sbarcare a 30 anni nella Ligue 1 con la maglia del PSG per circa 21 milioni di euro.

4 EUROPEI E 2 MONDIALI IN NAZIONALE

L'avventura con la Nazionale svedese ha visto Ibrahimovic giocare 2 Mondiali (2002 e 2006) e 4 Europei (2004, 2008, 2012 e 2016) pur non riuscendo a ottenere titoli con gli scandinavi.

Ad Euro 2004 un suo goal di tacco all'Italia di Trapattoni è stato determinante per la qualificazione svedese a spese degli Azzurri. Nel 2013 un'altra prodezza, una rovesciata da 30 metri nel match che lo ha visto mattatore dell'amichevole con l'Inghilterra con 4 reti realizzate, gli vale anche il riconoscimento del Puskas Award.

Dopo essersi ritirato una prima volta dalla Nazionale dopo gli Europei 2016, ci fa ritorno nel 2021, ma l'infortunio riportato con il Milan gli ha impedito di disputare l'edizione 2022 degli Europei. Con 62 reti in 126 presenze è il miglior marcatore di sempre della Svezia.

RE DI FRANCIA CON IL PSG

L'impatto di Ibrahimovic con il calcio francese è devastante, visto che lo svedese diventa il dominatore assoluto del football transalpino nella sua permanenza parigina, durata 4 anni. A suon di goal spettacolari e grandi giocate trascina la squadra a conquistare 4 Scudetti consecutivi (2012/13, 2013/14, 2014/15, 2015/16), 3 Supercoppe di Francia, 2 Coppe nazionali e 3 Coppe di Lega, per un totale di 12 trofei.

Con medie-goal sbalorditive sul piano personale vince 3 volte il titolo di capocannoniere del campionato, nel 2012-2013 (30 gol), nel 2013-2014 (26 gol) e nel 2015-2016 (38 gol), 2 volte il titolo di capocannoniere della Coppa di Francia (2014/15 e 2015/16) e una volta quello di re dei goal della Coppa di Lega (2014/15). Lavora fra gli altri tecnici con Carlo Ancelotti, cui è legato un famoso aneddoto oltre ad un bel rapporto personale.

"Un giorno - racconterà Marco Verratti - disse al mister: 'Credi in Gesù Cristo?'. 'Sì', rispose Carletto. 'Allora credi in me, e rilassati' ".

LO UNITED, DAI SUCCESSI AL GRAVE INFORTUNIO

Scaduto il contratto con il PSG, con cui mette insieme 156 goal in 180 presenze, nel 2016 l'eterno campione svedese è ingaggiato a parametro zero all'età di 34 anni dal Manchester United, approdando dunque in Premier League.

L'attaccante, ormai nel firmamento dei grandi fuoriclasse del calcio, firma un contratto annuale da 15 milioni di euro a stagione e si ricongiunge con José Mourinho dopo l'esperienza fatta all'Inter.

Il 7 agosto debutta segnando al Leicester City di Ranieri nella vittoriosa gara che consegna ai Red Devils il Community Shield e si ripete sette giorni dopo all'esordio in Premier League contro il Bournemouth. Il 27 settembre, segnando allo Zorja in Europa League, diventa con Muto e Carew l'unico giocatore capace di andare a segno in Europa con 7 maglie diverse.

Il 26 febbraio mette in bacheca la Coppa di Lega segnando la doppietta decisiva a spese del Southampton. La stagione da 28 goal in 46 partite si interrompe nei quarti di finale di Europa League contro l'Anderlecht, in cui riporta il primo grave infortunio della carriera: si rompe il legamento crociato anteriore e posteriore del ginocchio destro.

Salta anche la finale di Europa League, che viene comunque vinta dai Red Devils contro l'Ajax e diventa il suo primo trofeo continentale. In estate firma per un anno un nuovo accordo con lo United e rivede il campo dopo 7 mesi, entrando nei minuti finali della gara di campionato vinta 4-1 sul Newcastle United. Torna invece a segnare il 20 dicembre seguente contro il Bristol City in una gara di Coppa di Lega.

Dopo un goal in 7 presenze nella sua seconda stagione a Manchester e 53 reti in 58 apparizioni complessive, Ibrahimovic conclude anticipatamente l'accordo con il club inglese per sbarcare a marzo nella MLS nordamericana.

L'AVVENTURA A LOS ANGELES

Ibrahimovic vive con i Galaxy di Los Angeles un biennio molto positivo, pur non riuscendo a conquistare trofei. Debutta il 31 marzo 2018 segnando una doppietta nel derby con i Los Angeles Galaxy vinto in rimonta 4-3, e chiude la prima stagione con un bottino di 22 goal in 27 partite.

Nel secondo anno con 29 goal in 30 gare (poi 31 in altrettante partite considerando gli spareggi), porta la sua squadra ai playoff per il titolo, ma i Galaxy sono eliminati in semifinale.

IL RITORNO AL MILAN, LO SCUDETTO E I TANTI RECORD

Reduce dall'esperienza nordamericana, Ibra annuncia il desiderio di tornare a giocare in Europa ad alti livelli. Nonostante i suoi 38 anni, nel dicembre 2019 si accorda con il Milan e a inizio gennaio sbarca a Milano con i colori rossoneri 8 anni dopo la precedente esperienza.

Lo svedese fa il suo secondo esordio nel pareggio per 0-0 con la Sampdoria del 6 gennaio 2020, subentrando nella ripresa a Piatek, e quattro giorni dopo con il goal in trasferta al Cagliari diventa il primo giocatore capace di segnare in 4 decadi diverse.

Il resto è storia recente: 36 goal in 3 anni e il ruolo di leader carismatico del nuovo Milan di Stefano Pioli. Con lo svedese capace di guidare lo spogliatoio e di dare il suo apporto quando chiamato in causa, i rossoneri tornano sul tetto d'Italia nel 2021/22 con il 19° Scudetto, il 5° complessivo in Italia per Ibra.

Nonostante la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro lo abbia costretto a star fermo a lungo, ha deciso ancora una volta di sposare il progetto Milan, prolungando il suo accordo con il club fino al 30 giugno 2023. Data in cui ha ufficialmente detto basta, annunciando il ritiro un po' a sorpresa qualche settimana prima dopo una stagione in cui ha giocato poco a causa di continui problemi fisici.

Restano i tanti record, fra cui, in Italia, quelli di Calciatore più anziano ad aver segnato un goal (40 anni e 98 giorni) e una doppietta (40 anni e 48 giorni.

Nella sua lunga carriera è stato candidato 6 volte al FIFA World Player/The Best e 11 volte al Pallone d'Oro, ma non è mai riuscito ad aggiudicarsi gli ambiti premi, anche per la presenza di due grandi campioni come Messi e Cristiano Ronaldo.

Dalla periferia di Rosengård e da una difficile gioventù, Zlatan ha saputo riscattarsi, diventando uno dei campioni più amati e, talvolta odiati, del firmamento calcistico.

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