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Jonathan ZebinaGetty Images

Zebina, dal blitz di Cellino all’idillio con Capello: il difensore mai amato dai tifosi

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Tra Scudetti revocati e un pezzo di storia della Roma, Jonathan Zebina è stato un difensore appartenente alla scuola duttile e che interpretava ancora il ruolo del terzino come un esterno di difesa, scevro dai meccanismi moderni delle difese a tre o dei tornanti. Un giocatore estroso, dedito a vicende mai troppo contenute fuori dal campo, ma che grazie a Capello, e a un’intuizione di Cellino , riuscì a segnare un solco nella storia del calcio italiano.

Zebina fa il proprio esordio nel calcio professionistico nel marzo del 1997, in una gara casalinga del Cannes , la squadra che gli permette di vestire per la prima volta una maglia che pesa tre punti. Nella vita di Jonathan le grandi passioni sono il calcio e il sassofono, ma alla fine la seconda soccombe in favore della prima: troppo tempo da dedicare alla musica, troppe ore trascorse a studiare solfeggio e a sacrificare gli allenamenti. A Cannes frequenta la scuola calcio che aveva formato Zidane e Vieira: vuole essere un predestinato. Dopo la prima stagione, vissuta con qualche sporadica presenza in campo e altrettante in panchina, Zebina riesce a ritagliarsi molto più spazio nella sua seconda stagione in Division1, prima di essere notato dal Cagliari .

La società sarda è arrivata in Serie A dopo la promozione 1997/98, con il presidente Cellino che si riprende subito la massima categoria. Con lui, in panchina, c’è Ventura che gli chiede di accompagnarlo a vedere dal vivo giocare Zebina: sul volo di ritorno il presidente conferma di averlo preso, di non aver perso tempo. In Sardegna gioca per due anni intensi: nel primo la squadra riesce ad arrivare a ridosso della zona Uefa, nella seconda, invece, arriva la retrocessione. Quell’evento segna la fine dell’idillio con la piazza cagliaritana e Cellino decide di cederlo alla Roma , recuperando non solo i soldi dell’acquisto, ma venti milioni in più. In giallorosso, ad attenderlo, c’è Fabio Capello.

Jonathan Zebina AS Rom 2000Getty

È il 2000 ed è la stagione in cui la Roma vince tutto sul territorio nazionale e lo fa grazie alla presenza anche di Zebina in difesa. Alla sua prima stagione in giallorosso diventa il più giovane francese ad aver vinto il campionato italiano e a soli ventidue anni, insieme a Samuel, Aldair e Zago, alza anche la Supercoppa Italiana. Dal 2001 al 2004 colleziona anche diciotto presenze in Champions League, ma per riuscire a infilarsi in un tabellino dei goal deve aspettare l’ultima stagione con la Roma: la vittima è la Juventus, squadra nella quale si trasferirà pochi mesi più tardi. Nel 2004, infatti, scade il proprio contratto con i giallorossi e i bianconeri lo prelevano a parametro zero, facendogli firmare un quinquennale. Con lui c’è sempre Capello, che nel frattempo si è spostato a Torino e gli permette di vincere un altro Scudetto, stavolta con la Juventus .

Nonostante il grande impegno e l’abnegazione, la stagione successiva Zebina inizia a costruire una rottura con la dirigenza torinese: il difensore pretende il raddoppio dell’ingaggio, a fronte anche della sua titolarità indiscussa e dello Scudetto appena portato a casa. La richiesta non viene accolta con piacere e i tifosi juventini iniziano a lamentare, da parte del francese, un impegno non adeguato alle richieste. Si sfiora la rottura, tant’è che nella stagione successiva le presenze sono molte meno, mentre i bianconeri arrivano a vincere il ventinovesimo Scudetto. Quella vittoria, arrivata nell’estate del 2006, alla vigilia della vittoria del campionato mondiale da parte dell’Italia, viene però – come noto – revocata, mentre la Juventus viene declassata all’ultimo posto in classifica e retrocessa d’ufficio in Serie B . Zebina, che nei confronti del tifo ha qualche debito e nel frattempo ha deciso di aprire una galleria d’arte a Milano, accetta di restare in Serie B, ad aiutare i bianconeri, anche a causa di un’ernia inguinale che lo costringe a un KO forzato, e probabilmente a nessun tipo di interesse sul calciomercato nei suoi confronti.

Nel campionato cadetto disputa 24 partite, aiutando la Juventus a conquistare la promozione in Serie A, ma una sua dichiarazione sull’esser stato costretto a rimanere in bianconero va a incrinare nuovamente i rapporti con la tifoseria e con la dirigenza. Al termine della stagione, riesce comunque a strappare un rinnovo contrattuale, che gli garantisce la permanenza in bianconero fino al 2011, rispetto al precedente accordo che lo avrebbe liberato nel 2009. Il matrimonio con Ranieri, subentrato a Deschamps per guidare la squadra in Serie A, però non è dei migliori: nella stagione 2007/08 finisce per disputare appena 16 partite in campionato, anche a causa di problemi fisici e una squalifica di quattro turni ricevuta dopo aver colpito un addetto allo stadio durante la gara col Cagliari, sua ex squadra.

Jonathan ZebinaGetty

Nella sfortuna di una carriera che ha visto gli infortuni dominare in gran parte della sua vita atletica, Zebina l’anno successivo è costretto a fermarsi per un’operazione al tendine d’Achille. Nella stagione 2008/09 scende in campo per la prima volta con la Primavera, a marzo del 2009, contro la Sampdoria. Un cerchio che si chiude, dopo aver giocato l’ultima gara ufficiale proprio affrontando i blucerchiati il 17 maggio della stagione precedente: un percorso che gli permette, gradualmente, di rientrare anche nelle gerarchie bianconere, pur non riuscendo a disputare più di otto gare nei tre mesi successivi. È il prologo alla sua ultima stagione a Torino , perché l’anno successivo, a ridosso della scadenza del contratto, scende in campo appena sedici volte in campionato, segnando però il suo primo goal con la maglia bianconera, al Fulham in Europa League. Ad agosto, con un anno di anticipo, rescinde il proprio accordo con i bianconeri e saluta Torino con il rimpianto di un rapporto mai sbocciato con il pubblico e con la dirigenza e con due titoli revocati, che gli lasciarono solo lo Scudetto con la Roma in bacheca.

La carriera di Jonathan Zebina, però, ha ancora qualcosa da raccontare: per questo nemmeno un mese più tardi firma con il Brescia un contratto da due anni: nonostante una stagione da titolare, con il presidente Corioni che lo accoglie in Lombardia, arriva la retrocessione in Serie B, campionato che ha già disputato e vinto, ma che stavolta non vuole nuovamente affrontare. L’8 luglio rescinde il proprio contratto e il 29 firma con il Brest , che lo riporta in Francia e gli permette di disputare il campionato di Ligue1 per la prima volta nella sua carriera. Anche in questo caso, però, il rapporto dura appena un anno, per poi passare, da svincolato, al Tolosa. Due anni ancora di calcio ad alti livelli, per poi chiudere la propria carriera all’ Arles-Avignon, in Ligue2, con appena sei presenze e la decisione, a metà stagione, a dicembre, di appendere gli scarpini al chiodo perché stanco, probabilmente anche stufo del mondo del calcio.

Un giocatore che non si è mai sforzato di essere simpatico, di essere l’idolo dei tifosi: spesso schivo, altre volte duro di carattere, non è mai stato un ruffiano, ma si è sempre conquistato il rispetto in campo. In carriera ha avuto la sfortuna di raccogliere poco, nonostante avesse seminato tanto: una sola presenza con la maglia della sua nazionale e forse un rapporto con Capello che gli ha permesso di idealizzarsi anche tecnicamente agli occhi degli addetti ai lavori. Eppure, senza quei titoli revocati, sarebbe riuscito a vincere tre volte il campionato italiano, oltre ad aver trionfato in Serie B. A gennaio del 2021 anche l’addio ai social, per isolarsi definitivamente dal mondo, sia quello del calcio che quello quotidiano, per vivere il sogno di un artista che da bambino avrebbe voluto cullare, dal rimpianto per la musica alla galleria d’arte a Milano. Per non dover mai più fingersi diplomatico con i tifosi.

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