Mapou Yanga-Mbiwa, da qualche settimana, è un giocatore libero. Libero da una prigione dorata, libero da una torre d'avorio in cui, quasi per caso, si era andato a infilare. Libero da un vincolo oppressivo con il Lione, che da tempo ormai lo considerava un corpo estraneo. Da tempo? Da anni, addirittura. Più di due anni e mezzo. Un'eternità.
L'ultima partita disputata in campionato da Yanga-Mbiwa risale al 29 novembre 2017, 1-2 interno contro il Lilla. Fin lì, le cose non erano andate troppo bene. Ma è da allora che si consuma il dramma sportivo dell'ex difensore della Roma. Fuori da ogni progetto, fuori da ogni piano tattico degli allenatori succedutisi nel corso delle ultime stagioni sulla panchina dell'OL: l'ultimo la sua vecchia conoscenza Rudi Garcia, subentrato a ottobre 2019 a Sylvinho.
Da quel novembre 2017, Yanga-Mbiwa è praticamente scomparso dalla prima squadra. Prima lasciato in panchina, poi addirittura spedito nella seconda squadra del Lione, nel CFA, la quarta serie francese. Con qualche comparsata solo nelle due coppe nazionali. Un'umiliazione totale per un difensore che, nel 2012, si laureava campione della Ligue 1 con il miracoloso Montpellier guidato in attacco da Olivier Giroud.
E dire che Yanga-Mbiwa all'inizio della sua avventura a Lione faceva coppia in difesa con un certo Umtiti, oggi a Barcellona. Poi è stato sopravanzato un po' da chiunque: da Diakhaby, da Morel, da Marcelo. Fino a diventare l'ultimissima scelta.
"Nella scorsa stagione - diceva Yanga-Mbiwa all'Equipe un anno fa - il Lione voleva che me ne andassi. Però io non volevo andare via in prestito. Volevo una cessione a titolo definitivo o attraverso uno scambio. Ma il club non riusciva a vedere soddisfatte le proprie richieste. Così ho preferito restare.
Vorrei giocare di nuovo a calcio, quindi spetta ad entrambe le parti trovare la soluzione migliore. Comunque non me ne andrò alle loro condizioni. Non ho intenzione di rinunciare al mio contratto col Lione. Nessun calciatore lo farebbe".
In Italia, peraltro, Yanga-Mbiwa ce lo ricordiamo piuttosto bene: la Roma lo prese dal Newcastle nell'estate del 2014. Non era una prima scelta, Mapou, ma entrò lo stesso nei cuori dei sostenitori per un goal in un derby difficilmente dimenticabile: quello che nel maggio del 2015 consentiva alla formazione di Garcia (arieccolo) di chiudere il campionato al secondo posto, dietro alla Juventus e davanti alla stessa Lazio, costretta ai preliminari di Champions League.
"Non ho mai sofferto così sotto lo sguardo di un calciatore - raccontò una volta Walter Sabatini, ricordando i momenti in cui dovette comunicare a Yanga-Mbiwa l'addio alla Roma dopo appena 12 mesi - non ha più parlato, ha sbarrato gli occhi per 10 minuti e poi se n’è andato. Quei 10 minuti mi hanno ucciso".
Getty ImagesSe Sabatini si è fatto prendere dai rimorsi, Garcia non ha però fatto sconti a Yanga-Mbiwa quando se l'è ritrovato a Lione. Una volta i giornalisti francesi gli hanno chiesto di lui durante una conferenza stampa e l'ex allenatore giallorosso ha semplicemente risposto che "Mapou si sta allenando bene". Però, come i suoi precedessori, non gli ha mai dato una chance.
Oggetto misterioso vero e proprio, Yanga-Mbiwa è entrato anche nelle mire della tifoseria del Lione per il suo stipendio: più di 3 milioni annui, uno dei più elevati dell'intera rosa del Lione. All'inizio della stagione è stato inserito dal club nella lista per la prima fase Champions League, ma senza essere mai convocato.
L'incubo è finalmente svanito lo scorso 1° luglio, il giorno in cui Yanga-Mbiwa ha iniziato una nuova vita da calciatore svincolato alla naturale conclusione del proprio contratto con il Lione. Quasi tre anni di amarezze non si possono cancellare con un colpo di spugna, ma intanto è un primo passo per la rinascita. E ora, chi avrà il coraggio di puntare su di lui?




