
Ha sempre voluto andare oltre la normalità e la routine, a costo di sbagliare. La sua comfort zone poteva essere quella di un attaccante leggendario, ma ha preferito essere iconico, come nessun altro. Un attaccante capace di colpi incredibili e di errori nella metà campo avversaria da mettersi le mani in testa, le braccia intrecciate in senso di disapprovazione. Le cose semplici e alla portata di tutti? No grazie, meglio rischiare l'impossibile. Poi, in caso di errore, c'era sempre quell'altra giocata compiuta prima, durante, o dopo, a cercare di far dimenticare la negatività e il bicchiere mezzo vuoto.
Nel calcio, però, la caduta interessa più dell'ascesa, troppo pomposa. La risata, il ghigno di soddisfazione per la discesa negli inferi? Più interessante. Mirko Vucinic non ha mai avuto picchiate in verticale, ma non è mai stato top del top. Perchè? Perchè giocava in pantofole, infradito e ciabatte, svirgolava il pallone cercando di disegnare ghirighori. Un disegno standardizzato e senza estro, con scarpette multi-colore non è stato mai presente nel manuale del montenegrino.
Difficile capire cosa passasse per la mente di Vucinic quando al momento dell'ultimo passaggio il pallone scivolava maldestramente e quando, nell'attimo dopo, finiva in porta spinto dalla forza centrifuga di classe e qualità. Gli altri non lo capivano, era difficile da seguire. Uomo spogliatoio sì, giocatore complicato pure. In campo aveva dieci compagni su cui contare, ma non sempre gli altri capivano come essere insieme a lui. Di certo l'ex Roma, Lecce e Juventus, con le quali ha messo a segno più di 120 reti nelle varie competizioni, ha sempre avuto bisogno di loro. Appesi gli scarpini al chiodo, ha cambiato stile e calzature, cercando di capire sè stesso, le sue giocate e le sue idee con un nuovo sport: il golf.
Il mondo del green si è spalancato dinnanzi agli occhi di Vucinic durante la sua esperienza romana. In giallorosso ha vissuto le sue migliori stagioni realizzative, sull'altro verde, quello del campo da calcio. Quattro annate su cinque in doppia cifra, of course considerando tutte le competizioni, è colpo da novanta per le squadre interessate, lotto dal quale la Juventus emerse assicurandoselo per 15 milioni di euro nel 2011. Storia risaputa.
Il golf, si diceva. A Roma, Vucinic scopre uno sport in cui la precisione è tutto, unita a potenza e visione. Ovvero tutto ciò che Vucinic con i piedi ha sempre avuto, senza però sapere in che modo sfruttarlo al momento giusto, facendo troppo bene le cose difficili e troppo male le cose facili. Non si diventa Maradona così, serve una via di mezzo. In maniera zen ci ha provato prendendo la mazza in mano, rimpicciolendo la pallina di gioco.
Getty ImagesQuasi per scherzo, a Roma, quasi da professionista, a Torino, Vucinic ha imparato e migliorato la sua tecnica golfistica:
"Nella Capitale mi divertivo a giocare soprattutto con Matteo Brighi e altri compagni. La scommessa era sempre la stessa: chi arrivava ultimo pagava da bere. Anche a Torino, sponda Juventus, mi dilettavo con Simone Pepe e Carlos Tevez.
Le differenze? Sul green giochi da solo e non puoi permetterti passi falsi. Mentre in un gruppo, quando commetti un errore, il tuo compagno può aiutarti e rimediare. Nel golf non puoi mai perdere la concentrazione. E segnare una rete è certamente più facile che imbucare una pallina. Ho due idoli: Dustin Johnson e Tiger Woods. Il suo ritorno mi ha emozionato. Per il golf è davvero qualcosa di grandioso".
Vucinic è talmente tanto preso dal golf che dopo l'esperienza ad Abu Dhabi (post Juventus), con tanto di titolo di capocannoniere vinto con la maglia dell'Al Jazira, che riesce a partecipare a diversi tornei grazie ad una wild-card. In Italia, ad esempio, prende parte ai Campionati Internazionali d'Italia maschili: nel 2018 e nel 2019, prima del covid, tesserato per l'Acaya, circolo ospitante del torneo. Non esperienze brillanti per l'ex attaccante, che ci prova, desidera farcela, sogna di essere Woods e Johnson a tempo pieno.
Studia, si aggiorna, si allena, guarda con sorriso divertito e di sfida gli altri calciatori, ex o in attività, che hanno scelto berretto da golf, tacchetti softspikes e polo per divertimento o reale interesse futuro. Nel corso degli anni Vucinic si è perfezionato in vari Golf Club, smentendo chi credeva fosse solamente un passatempo da ricchi annoiati. Vuole brillare, emergere, dimenticare di essere stato l'uomo con le ciabatte, il giocatore con le pantofole e la punta con le infradito.
Basti pensare che sì Vucinic non ha ottenuto risultati di rilievo, almeno ad altissimi livelli come nella sua vecchia vita sportiva e calcistica, ma è riuscito ad imparare letteralmente una nuova disciplina, nell'attesa dello step successivo, da campione in qualcosa che ha visto la luce letteralmente secoli prima del 'suo' calcio, nel 13esimo secolo, tra Scozia e Olanda.
Se è stato accusato di essere svogliato una gara sì e l'altra pure, sul terreno calcistico, un simile attacco non può essere portato al 38enne nella sua nuova vita: si impegna al massimo, come del resto ha sempre fatto nel calcio. Lì, andare oltre gli schemi, però, non era ben visto: meglio fare le cose normali, ma almeno giuste. Che noia, che standardtizzazione umiliante.
Vucinic ha sempre voluto stupire, e se a volte non c'è riuscito, ci ha comunque tentato, dove in tanti hanno evitato. A costo di essere attaccanto, subissato di fischi e polemiche. Quando andava male, pazienza. Voleva divertirsi e incantare, punto. Come quando scelse l'Al-Jazira, sì per l'aspetto economico, per essere sè stesso senza filtri, schietto e sincero:
"Ho scelto il mondo arabo perché mi affascina, c'è tanto lusso e il lusso affascina tutti. E poi volevo fare una nuova esperienza. Lasciare il grande calcio europeo è stato difficile ma il calcio lo vivo come divertimento e spero ora di vincere il campionato qui e portare la Coppa a questa squadra, a cui manca da un po' di tempo".
Vince subito il titolo di capocannoniere con 27 reti in 23 gare, segnando più delle sfide giocate, come pochi altri, al contrario della maggior parte. E' suo il riconoscimento di miglior straniero dell'Arabian Gulf League Awards, così come la Coppa del Presidente degli Emirati Arabi Uniti l'annata successiva. Con un pensiero ormai fisso prevalentemente sul golf, questa, anno domini 2015/2016, è arida di soddisfazioni, la penultima prima del ritiro dalle scene, lontano dai tifosi del Lecce, che fino all'ultimo hanno sperato in un suo ritorno. E di iniziare una nuova vita da allenatore col suo Montenegro, di cui è diventato vice-CT dal gennaio del 2022.
I suoi vecchi fans, memori di calde giornate a strapparsi mani e occhi dalla goduria, l'avrebbero probabilmente rivoluto in pantofole, tacchi alti, infradito, ciabatte, a piedi nudi come nello spot con Aldo, Giovanni e Giacomo. L'errore alla ricerca dell'eternità è imperdonabile solamente al momento, a caldo. A freddo, guardando indietro, è magia, è voglia di andare oltre la banalità. E' il genio che segna da distanze siderali con entrambi i piedi, è la pazzia del pallonetto e del sombrero. E' il pallone troppo lungo dopo lo stop nove volte su dieci. E' imprevedibilità, nel bene e nel male. Fuga dalla moda. Et voilà.
